Il Quadro conoscitivo è la base del Piano Strutturale. Esso non si esaurisce in uno o più elaborati, trattandosi di un vero e proprio progetto di formazione delle conoscenze, i cui contenuti devono essere enunciati nell'Avvio del procedimento e nelle fasi successive devono essere ripresi e costantemente messi a confronto con la stesura del Piano Strutturale.
La struttura insediativa (risorse essenziali)
La rappresentazione del territorio che si ottiene attraverso le tavole e le carte desunte dalla nuova cartografia digitale possiede un carattere rigoroso. Anche attraverso la sola e pura lettura analogica ciò che si ottiene è una risposta esauriente e minuziosa, dettagliata e sintetica, assolutamente non selettiva. Con il modello digitale del terreno si consegue una visione fittiziamente tridimensionale del territorio, quasi stereoscopica, prossima a quella ottenibile dalla lettura delle foto aeree o dal satellite.
Le immagini riprodotte sono ottenute attraverso un processo di progressiva sovrapposizione delle informazioni, il quale svela, inevitabilmente, l'originaria composizione stratigrafica dei vari tematismi, il cui utilizzo disgiunto consente di poter scomporre e separare distinte rappresentazioni, isolare argomenti (il costruito, il non costruito, il verde, le strade, i fiumi...) ed effettuare analisi particolareggiate.
Lavorando sui singoli tematismi (tra loro sovrapponibili), sarà possibile in seguito arricchire, precisare, correggere la rappresentazione complessiva del territorio, in modo tale da fornirne una raffigurazione articolata e corretta ma non neutra.
La disponibilità di nuove carte (un rilievo ad una scala di maggior dettaglio quale 1:2.000, almeno per le aree urbanizzate) di foto aeree raddrizzate e georeferenziate, di nuovi rilievi da effettuare sul campo allo scopo di aggiungere alle mappe altri elementi conoscitivi, di nuove indagini analitiche allo scopo di aggiornare i dati già disponibili ma non recentissimi, consentiranno di colmare alcune lacune oggi presenti nel quadro conoscitivo di partenza.
Costruire però un modello descrittivo non esclusivamente figurato, che fornisca analoga compiutezza informativa di quella ottenibile con le rappresentazioni computerizzate in precedenza descritte, per un territorio così complesso e variegato come quello aretino non è operazione ascrivibile ad una fase preliminare e ricognitiva quale quella attuale.
La descrizione del territorio di Arezzo, della sua struttura insediativa (case, fabbriche, servizi, strade), del suo paesaggio, della sua storia urbanistica, che possiamo fornire al livello attuale di indagine, non può essere che di tipo selettivo: più prossima ad una rappresentazione schematica (appunto selettiva) come ad esempio uno schizzo di progetto (o interpretativo) o un diagramma, piuttosto che ad una cartografia, ad una foto aerea, ad una veduta a volo d'uccello.
Quello che in queste e nelle successive pagine si è cercato di raccogliere ed organizzare in un racconto il più possibile coerente e ordinato, sono alcune vedute, sguardi parziali, che forse necessiteranno di essere completati, recuperati o riveduti (oppure altrimenti abbandonati), nel contesto del lavoro di costruzione del quadro conoscitivo di riferimento e di elaborazione del nuovo Piano Regolatore.
Le aree urbanizzate
La città di Arezzo e la sua Provincia è talvolta descritta attraverso immagini stereotipate: "...l'Aretino piace soprattutto per la natura, con i suoi dolci-rigidi paesaggi collinari... e per le bellezze dell'arte...", però ugualmente intense: "...la morbidezza romantica dell'Umbria qui già si scioglie nel rigore e lo allenta", sintetiche ma significative: "...ad Arezzo si osserva bene... una mistura singolare di bollente e di vecchio, come in certe bottiglie di vino generoso che lasciano un pesante fondo"1.
Oppure può essere mostrata attraverso il racconto delle sue congestionate vicende urbanistiche: "La città etrusco-romana ubicata sul giogo di un colle attraversato dagli assi di comunicazione si è trasformata nel Medio Evo, con le nuove cinte murarie e la chiusura della porta a nord, in una città a campana disposta a ventaglio sul pendio meridionale. La cerchia delle mura medicee ha contenuto le espansioni ottocentesche e quasi tutta la città fino alla prima edificazione terziaria post bellica. Il piano Piccinato (anni '60) propone di proteggere il lato nord e proiettare l'espansione residenziale e industriale verso sud e verso i lati della campana con una doppia corona insediativa di quartieri separati da un anello tangenziale. La discesa degli interessi urbani verso la pianura ha portato all'abbandono delle parti alte del centro storico, ad una tessitura urbana segregata dalla ferrovia e dal grande traffico sulla tangenziale e sugli assi radiali. Nel territorio esterno si sono accresciuti quasi tutti i più di 50 nuclei abitati e gli insediamenti lungo gli assi radiali."2
Una delle tesi più ricorrenti è che la città attuale, la sua ossatura portante, si sia formata sulla base delle ipotesi delineate dal Piano del 1965, che a sua volta faceva discendere molte delle sue scelte dal precedente piano del '62 di Pierluigi Piccinato: la tangenziale quale nuovo grande viale, gli assi esterni di scorrimento verso l'autostrada, la preservazione del centro antico dal traffico di attraversamento, la dislocazione delle zone residenziali per quartieri autonomi ed attrezzati e non per masse compatte.
Gli elementi infrastrutturali quali gli assi radiali di antica matrice, il nuovo asse dell'autostrada e soprattutto i nuovi tracciati ferroviari, hanno determinato nel tempo e condizionato le difformi modalità di sviluppo del sistema insediativo urbano, costituendosi generalmente più come limiti che come risorse.
La ferrovia, ad esempio, fin dai primi anni di sviluppo della città a sud ha rappresentato un limite all'espansione, una barriera da superare, anche per ridurre e ricomporre il distacco che si stava maturando tra la città antica e quella nuova in fase di crescita.
Già nei primi decenni del secolo scorso si rilevava che "la via ferrata costituisce, così come si trova, una barriera praticamente quasi insuperabile contro l'espandersi naturale della città verso mezzogiorno e verso ponente"3.
Se perciòalla fine degli anni cinquanta la città "si configurava ormai in due parti distinte: la città antica sulla collina e la zona di ampliamento recente sulla pianura, verso sud, oltre la fascia ferroviaria", con la realizzazione della tangenziale, il cosiddetto manubrio, sorta di semianello di raccordo tra i principali assi radiali di valenza territoriale e l'avvenuta discesa a sud della città, questa appare suddivisa non più in due ma in tre parti: "quella storica e direzionale dilatata in senso est-ovest; quella racchiusa fra la ferrovia ed il manubrio; quella esterna al manubrio in direzione sud..."4; , a testimoniare la predominanza del segno di margine (e di ulteriore sutura) su quello di percorso (di congiunzione e di attraversamento) nella percezione della nuova strada.
I lunghi e rettilinei assi radiali caratterizzano con il loro andamento regolare e penetrante il disegno del territorio. Percepibili a livello di area vasta quali segni forti e marcati ed in modo inequivocabile almeno fino alla realizzazione della tangenziale ed allo svilupparsi della città a sud-ovest, persistono nel loro ruolo anche negli anni più recenti, tanto da suggestionare e condizionare uno dei più importanti temi progettuali del nuovo Piano Regolatore: i giardini di Arezzo. Altrettanto importante naturalmente risulta il loro ruolo dal punto di vista infrastrutturale, in quanto matrici di collegamento con i principali centri limitrofi: il Casentino, il Valdarno, Pratomagno, Siena, Cortona e Perugia.
I numerosi punti di intersezione tra gli assi radiali e la nuova tangenziale (non ancora assurta al ruolo di grande viale urbano originariamente assegnatole), costituiscono oggi nodi non solo viabilistici ma urbani, momenti di passaggio (ma anche di contatto) tra aree limitrofe caratterialmente diverse dal punto di vista insediativo, ma anche tipologico.
Il tessuto residenziale interno alla tangenziale (quello della prima periferia) ha generalmente una densità edilizia piuttosto bassa, ad eccezione del quartiere Giotto. "I tipi edilizi usati per questi quartieri vanno dal villino monofamiliare isolato alla casa condominiale su tre/quattro piani. Lungo le strade di penetrazione verso il Centro sono presenti case di maggiore dimensione, con attività commerciali al piano terra. Raramente in queste zone sono avvenute operazioni di accorpamento edilizio per la realizzazione di condomini di più grande dimensione. Piccoli edifici industriali, per lo più trasformati in depositi e garage, sono ancora presenti inseriti nel tessuto residenziale."
Quello esterno alla tangenziale (della seconda periferia), risulta invece formato prevalentemente da quartieri morfologicamente più caratterizzati e distinti. "I tipi edilizi più usati ...sono... case in linea e a schiera su altezze che vanno da 3 a 6 piani. È assai diffuso un tipo di casa isolata, alta 4-5 piani, servita da un solo corpo scala che distribuisce due appartamenti per piano".
Il tema dell'abitazione, dello sviluppo del sistema residenziale e della crescita della città, ha pervaso gli ultimi cinquant'anni della storia urbanistica di Arezzo, anche in anni come quelli più recenti di recessione demografica e di assopimento del problema casa e sembra destinato a permeare anche il futuro Piano Strutturale, almeno a giudicare dalle cospicue richieste di nuove abitazioni che continuamente pervengono agli Uffici Tecnici Comunali.
Quella di elaborare uno studio sulle tipologie edilizie residenziali ad Arezzo, in occasione della stesura del nuovo Strumento Urbanistico, appare ipotesi non trascurabile e che può trovare sostegno anche in precedenti lavori che hanno tentato in passato di dare sostanza ad una volontà generale, più volte espressa e mai messa in pratica, di innalzare la qualità degli interventi di edilizia residenziale.
Ma ancora di più si renderà necessario sviluppare studi, approfondimenti e ricerche sulla natura stessa della periferia aretina, sulle sue identità ricercate e mai trovate, sulle varie ipotesi di ri-ordino e/o di nuovo ordine, avviando nuove modalità di lettura, descrizione ed interpretazione di una parte di città che pur con tutte le sue contraddizioni e le evidenti degenerazioni, rappresenta comunque il risultato fisico del nostro modo attuale di intendere l'abitare. Nonostante questo essa risulta ai nostri occhi meno comprensibile di altri contesti originariamente concepiti con criteri decisamente distanti dalla nostra attuale cultura ma che evidentemente ci restituiscono, almeno in apparenza, immagini più chiare ed ordinate; ma è altrettanto vero "...che il disordine urbano può essere uno stato di ordine assai più complesso di quello della città storica, che è ordinato per definizione. Dopotutto si considera ordinato quanto si è abituati a spiegare e a formalizzare, e la periferia è considerata disordinata perché si ha difficoltà a capirla e rappresentarla, perché in genere non si è capaci (e manca la volontà) di leggerla nel verso giusto, per se stessa invece che come sottospecie della città storica; o, ancora peggio, di qualcuna delle città ideali. Ma se si legge con vista acuta e senza pregiudizi, la periferia svela le sue componenti molteplici e stratificate, che hanno a un estremo la naturalità del territorio su cui sorge e dove sono radicati i suoi codici genetici, e all'altro estremo l'artificialità della speculazione sulle aree fabbricabili, che c'è sempre stata ma ora è violenta e irresistibile. Perciò progettare la periferia implica di scegliere, più che mai."5
Il Territorio aperto
"...a cospetto di quello senese le coltivazioni appaiono più fortemente mescolate, gli orizzonti meno ampi, le vegetazione più fitta e invadente, le terre più popolate ed i centri abitati più, gli uni agli altri, affiancati".6
Il paesaggio del territorio aretino ha caratteristiche molto variate, sia per le condizioni geografiche e siche, sia per le specificità dei principi insediativi, del patrimonio edilizio e dell'architettura.
Le descrizioni che ritroviamo nei testi che se ne occupano distinguono in primo luogo l'ambito circostante la città e le quattro vallate oppure riconoscono tre grandi sistemi morfologici ai quali corrispondono forme diversificate di insediamento: la piana di Arezzo, il sistema collinare e la Valdichiana (il settore settentrionale del territorio della bonifica), oltre alla parte montana, dove forse meno evidente è la costruzione del paesaggio. Il territorio appare infatti fortemente connotato dall'intervento e dalla presenza delle popolazioni che lo hanno abitato e lo abitano, leggibili ad esempio negli elementi legati ad una particolare economia agraria; la pianura è attraversata da "una rete intricata e foltissima di strade, superstrade, ferrovie, superferrovie e canali"7, per non parlare dei segni e delle trasformazioni delle attività estrattive, che si sovrappongono a trame più sottili ma resistenti,come quelle delle ville, che "si attestano saldamente sulla viabilità principale connotandosi talvolta come elemento generatore del nucleo di appartenenza oppure come fulcro del sistema territoriale"8. Distinguere tra struttura urbana e campagna è talvolta difficile, come nel caso dei tessuti insediativi organici alle sistemazioni agrarie di S. Fabiano, collina informa di villa. C'è poi la rete minuta ma molto densa dei poderi e delle case sparse... Le regole dell'insediamento nel territorio non sono fenomeni eclatanti eppure si può riconoscere che gli abitati ed i percorsi principali erano, no ad un certo periodo, tutti attestati in una fascia altimetrica ben precisa, attorno ai 300 m. s.l.m., in corrispondenza della transizione tra la piana lacustre e le colline, dove il pendio è ancora dolce, il clima è salubre e si gode di un buon panorama (o almeno di efficaci punti di osservazione).
Risulta quasi impossibile scindere il discorso sullo spazio aperto dal racconto sui centri abitati ed i nuclei, sulle loro articolazioni e declinazioni e sulle reti che li collegano.
Sullo sfondo stanno probabilmente tutte le tematiche ambientali, che si intrecciano nuovamente con le mappe dei luoghi aprendo prospettive differenti e finora poco esplorate. Nel Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Arezzo il tema del paesaggio assume un ruolo centrale, con l'abbinamento di qualità ambientale e specificità dei contesti locali. Tesi fondamentale è che lo sviluppo debba essere ancorato all'armatura urbana esistente e storicamente consolidata, cercando di impedire l'affermarsi di quei fenomeni urbani inediti quali le conurbazioni, i sistemi lineari, la città diffusa, rappresentati nell'ambito considerato solo in forme ancora deboli (Arezzo-Subbiano-Rassina-Corsalone, Arezzo-Viciomaggio, Arezzo-Ponte alla Chiassa...); il Piano pone in primo piano il tema della definizione dei confini della città.
La struttura metodologica adottata per l'analisi del paesaggio - o meglio dei paesaggi - nell'area aretina è piuttosto complessa, ma vale forse la pena ripercorrerne l'impostazione, riprendendo quanto contenuto nella Relazione Urbanistico-Territoriale9; il quadro conoscitivo e le norme del Piano costituiscono infatti il riferimento guida per la pianificazione comunale, inevitabilmente costruita a ridosso di confini non idonei a restituire i fenomeni territoriali; specifico compito dei Piani Strutturali è l'individuazione dei sistemi e sub-sistemi ambientali.
A livello regionale, la maglia larga della descrizione individua i sistemi di paesaggio, due dei quali sono rappresentati all'interno dell'ambito provinciale: l'Appennino e le Conche intermontane; questi sono stati articolati in sottosistemi10 attraverso parametri morfometrici (intensità del rilievo, fasce altimetriche prevalenti) e litologici e di uso del suolo (aree urbanizzate, colture erbacee-arboree, formazioni forestali, pascoli, aree nude, acque), integrati dalle caratteristiche dell'agricoltura (indice di ruralità, tipologia azienda-famiglia, ...); da queste categorie si è dunque ottenuta una descrizione più approfondita, secondo la quale ad esempio ritroviamo la distinzione tra Piana di Arezzo e Valdichiana oppure quella tra Alpe di Catenaia-Alpe di Serra-Foresta di Camaldoli e Alpe di Poti-Alpe di S. Egidio.
Il successivo passaggio alle Unità di paesaggio - per esprimere l'identità dei luoghi - è ottenuto integrando ed incrociando i valori fisici con gli aspetti ed i criteri seguenti:
- - l'identità storica e sociale, connessa al sistema insediativo, alla sua evoluzione, alle sue emergenze e persistenze;
- - le modalità del sistema insediativo sparso e concentrato nelle zone agricole, connesse alla prevalenza storica della mezzadria o della piccola proprietà contadina e delle relative strutture agronomiche;
- - un'analisi dell'uso del suolo più complessa che tenga conto anche di fatti significativi, anche se residuali, come la coltura promiscua e i castagneti da frutto, e dei rapporti di densità specifica tra coltivi e bosco (in proposito si osserva che il confronto tra l'uso del suolo al 1978 e quello al 1991 registra la quasi scomparsa della coltura promiscua, la diminuzione delle colture arboree specializzate, una conversione produttiva che sta tra l'estensivizzazione e l'abbandono ed il progredire del bosco);
- - un affinamento del parametro morfologico reso possibile dal passaggio di scala (da 1:250.000 a 1:25.000), che consente di tenere conto delle differenze tra fondovalle, pedecolle e rilievi;
- - il riferimento prevalente ai sistemi idrografici minori.
Le Unità rappresentano quindi il livello di definizione relativo ad insiemi significativi identificabili, unitari nella percezione, anche se composti da più elementi, relazionati fra loro (bosco, coltivi, insediamenti, documenti materiali della cultura e memoria collettiva); l'intreccio tra agricoltura e paesaggio è molto stretto nell'impostazione del Piano. Le Unità sono caratterizzate da una diversa prevalenza di temi in rapporto al binomio conservazione/trasformazione; il P.T.C.P. fissa dunque per ciascuna di esse obiettivi strategici rispetto alla tutela e valorizzazione delle risorse essenziali.
Tra gli ulteriori elementi per i quali il P.T.C.P. ha messo a punto dei censimenti tematici, vanno certamente menzionate le strade nazionali e provinciali: le principali vie di comunicazione infatti costituiscono punti di vista importanti e privilegiati, "al punto che le stesse nozioni di paesaggio toscano o di altri tipi di paesaggio si formano e si consolidano nell'immaginario collettivo attraverso il viaggio e i percorsi stradali meccanizzati".
Per le aree agricole, come unità di destinazione d'uso omogenea a livello normativo e di gestione, le Unità di paesaggio sono suddivise in sub-unità ambientali: i tipi di paesaggio agrario, le zone agricole a maglia fitta, media e larga; i tipi si configurano come sistemi agronomici ripetibili in luoghi diversi. I tipi di paesaggio agrario derivano al primo livello dalla classificazione per tipi ambientali: rilievi appenninici, colline e alluvioni antiche e recenti ed in più l'ambito delle colture e del frazionamento periurbano; al secondo livello risultano dall'introduzione di parametri più specifici e pertinenti la fisiografia del territorio e cioé la morfologia, la composizione dei sedimenti, le sistemazioni agrarie e le scelte colturali di grande scala e di valenza territoriale, l'appoderamento mezzadrile o il frazionamento della piccola proprietà contadina come generatori del sistema insediativo, le forme d'uso del suolo connesse ai processi naturali sia originari che derivanti dall'abbandono delle pratiche agropastorali. Le varianti ai tipi, infine, sono riconosciute introducendo una serie di indicatori, oltre e accanto a quelli ambientali e morfologici, atti a descrivere oltre alle forme storiche della civilizzazione agricola e del paesaggio agrario i processi di trasformazione interni alla organizzazione spaziale dell'agricoltura e al sistema insediativo contemporaneo (obiettivo è descrivere l'identità dei luoghi come messa a fuoco di regole fondate e credibili per la tutela del patrimonio culturale del territorio agricolo e per la gestione di processi di trasformazione compatibili sul piano culturale e ambientale).
Lo scenario a valle delle ricerche restituisce per le aree agricole un "puzzle fatto di aree caratterizzate dalla permanenza del tessuto agrario tradizionale, da trasformazioni consistenti ma non integrali e da trasformazioni radicali11, dovuto alla progressiva semplificazione sia della tessitura agraria sia dell'articolazione delle colture. Il Piano promuove quindi la tutela dei tessuti agrari tradizionali; ciò deriva non solo dalla difesa di valori estetico-formali, ma anche da obiettivi di difesa idraulica e di stabilità del suolo e di sostegno alla biodiversità. Il paesaggio Non è semplicemente un quadro, ma un valore fondamentale come patrimonio collettivo; per questo la costruzione del quadro conoscitivo dovrà approfondire tematiche specifiche a carattere ambientale.
Note
- 1 - Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1956.
- 2 - Augusto Cagnardi, Il Prg di Arezzo, in Urbanistica n.95, giugno 1989, p. 21.
- 3 - Comune di Arezzo, Piano Regolatore e di ampliamento della città; relazione della Commissione Giudicatrice e progetti premiati, Arezzo, 1929, in Gregotti Associati, Quaderno di Arezzo 1, L'attuazione del Piano regolatore 1965, Arezzo, dicembre 1984, p.13.
- 4 - Gregotti Associati, Quaderno di Arezzo 1... op. cit. p.72.
- 5 - Giancarlo De Carlo, Dopo la biennale di architettura di Venezia, Spazio & Società, Anno XXII, n.92, ottobre-dicembre 2000.
- 6 - Arch. Carla Corsi Miraglia, Soprintendenza ai Beni AAAS di Arezzo.
- 7 - Andrea Branzi, Giuliano Cannata, Carla Corsi, Franco Lani, Roberto Maestro, Norberto Liberatori, Arezzo. Verso un inurbamento maturo, Comune di Arezzo, Arezzo 1992.
- 8 - Giorgio Goretti, le ville dell'area aretina, in Ville del territorio aretino, Milano.
- 9 - Provincia di Arezzo, Assessorato alle politiche del territorio, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Prof. G. di Pietro, Relazione urbanistico-territoriale, con particolare considerazione dei valori paesistici, Arezzo.
- 10 - In particolare sulla base del lavoro di G. Merendi, R. Rossi e A. Vinci del 1994.
- 11 - Ibid.
Il quadro ambientale (risorse naturali)
Il concetto di sostenibilità è alla base dell'idea di sviluppo urbanistico e di governo del territorio contenuta nella nuova legge urbanistica regionale. con essa si considera "sostenibile lo sviluppo volto ad assicurare uguali potenzialità di crescita del benessere dei cittadini e a salvaguardare i diritti delle generazioni presenti e future delle risorse del territorio.
Le risorse del territorio sono suddivise in risorse naturali (aria, acqua, suolo e sottosuolo, ecosistemi della ora e della fauna) e risorse essenziali che comprendono oltre alle precedenti, le città e i sistemi insediativi, il paesaggio, i documenti materiali della cultura, i sistemi infrastrutturali e tecnologici.
Tali risorse necessitano di tutela da effettuarsi attraverso opera di programmazione e di pianificazione, da compiersi ai vari livelli (regionale, provinciale e comunale) in modo tale che assicurino il rispetto delle finalità previste dalle normative relative alla protezione delle bellezze Naturali e delle zone di particolare interesse ambientale. "Nessuna risorsa naturale del territorio può essere ridotta in modo significativo e irreversibile in riferimento agli equilibri degli ecosistemi di cui è componente. Le azioni di trasformazione del territorio sono soggette a procedure preventive di valutazione degli effetti ambientali previste dalla legge. le azioni di trasformazione del territorio devono essere valutate e analizzate in base a un bilancio complessivo degli effetti su tutte le risorse essenziali del territorio."
Tali valutazioni dovranno essere effettuate attraverso:
- a) l'individuazione delle aree e dei beni di rilevanza ambientale;
- b) l'analisi dello stato delle risorse soggette a modificazione;
-
c) l'indicazione delle finalità degli interventi previsti e dei motivi delle scelte rispetto ad altre alternative;
d) la descrizione delle azioni previste e dei loro prevedibili impatti sull'ambiente; - e) l'individuazione dei livelli di criticità delle aree e delle risorse interessate;
- f) l'indicazione delle misure idonee ad evitare, ridurre o compensare gli effetti negativi sull'ambiente, individuando la disponibilità delle risorse economiche da impiegare;
- g) l'accertamento del rispetto delle norme igienico-sanitarie.3
Le valutazioni degli effetti ambientali riguardano in particolare i seguenti fattori e le loro interrelazioni: il suolo, l'acqua, l'aria, le condizioni microclimatiche, il patrimonio culturale, la fauna e la ora, gli insediamenti, i fattori socio-economici.4
L'insieme delle operazioni di valutazione dovrà essere compiuta sulla base di un quadro conoscitivo dettagliato sui sistemi ambientali ed insediativi del territorio.
Con le istruzioni tecniche del '985 la Regione precisa le attività di competenza dei rispettivi strumenti urbanistici (Piano Territoriale di coordinamento, piano Strutturale, Regolamento Urbanistico, Programma integrato d'intervento e piani attuativi e di settore).
si introduce la necessità di elaborare una Relazione sullo Stato dell'Ambiente, quale rapporto descrittivo delle pressioni sulle risorse esercitate dalle trasformazioni indotte dalle attività umane, dello stato di conservazione dello stock di risorse e delle attività di mitigazione degli effetti adottate per la conservazione e/o il miglioramento.
Nelle seguenti pagine è riportata la sintesi del primo passaggio per la costruzione del quadro conoscitivo di riferimento per il sistema ambientale, corrispondente alla raccolta sistematica dei dati disponibili e ad una loro prima e sommaria analisi.
La disponibilità di ulteriori dati, (già in parte reperiti ma non forniti in tempo utile alla loro pubblicazione nella presente relazione) assieme al coinvolgimento, durante la fase di redazione del Piano Strutturale, di specifiche figure professionali con competenze nel settore ambientale, renderanno possibile l'integrazione del quadro conoscitivo con nuovi dati o con l'eventuale elaborazione di stime per quelli che risultassero ancora mancanti ed il trasferimento delle informazioni sulla base cartografica digitale, ad implementare la banca dati già in corso di elaborazione.
Note
- Legge Regionale 16 gennaio 1995 n.5, Norme per il governo del territorio, comma 2 art.1. Lo sviluppo sostenibile.
- Ibid. comma 3 art.5. Norme generali per la tutela e l'uso del territorio.
- Ibid. comma 1 art.32. Valutazione degli effetti ambientali.
- Ibid. comma 3 art.32. Valutazione degli effetti ambientali.
- Istruzioni tecniche per la valutazione degli atti di programmazione e di pianificazione territoriale di competenza degli Enti Locali ai sensi della LR 16 gennaio 1995 n.5.
Sullo stato delle acque
Le acque superficiali
Di seguito si sintetizza lo studio dello stato di qualità dei due principali corsi d'acqua del territorio comunale di Arezzo, l'Arno e il Canale Maestro della Chiana assieme ad altri corsi d'acqua minori.6
Lo stato di qualità delle acque dell'Arno degrada procedendo dal Casentino fino al confine di provincia con Firenze, in relazione alla presenza di tutti gli scarichi civili, agricoli ed industriali che il fiume riceve lungo il suo percorso. La situazione appare più compromessa nelle stazioni situate a valle della città poiché, oltre l'impatto dovuto ai reflui urbani ed all'impatto dell'immissione del canale della Chiana, la presenza di due dighe (Levane - 13 milioni di mc e La Penna - 3 milioni di mc) riduce la capacità autodepurativa del fiume. Nel tratto in cui il fiume Arno attraversa il Comune di Arezzo lo stato delle acque non è eccessivamente degradato, considerando anche il carico inquinante proveniente da monte e quello ingente che viene dalla Valdichiana e da Arezzo.
Questa discreta condizione deriva dal fatto che in Casentino gli scarichi sono abbastanza distribuiti lungo il corso del fiume, per cui quest'ultimo può sfruttare le proprie capacità autodepurative per abbattere in parte il carico inquinante. A Buon Riposo, in prossimità delle prese acquedottistiche per la potabilizzazione dell'acqua per la città di Arezzo, le acque risultano in classe III7.
Il nuovo impianto di potabilizzazione di poggio Cuculo può utilizzare, oltre alle acque dell'Arno, anche quelle del fiume Tevere, attraverso le condotte provenienti dall'invaso di Montedoglio. la qualità delle acque di Montedoglio si trova ad un ottimo livello e la classificazione corrisponde ad una categoria II.
Osservando i dati delle analisi si nota per gli altri corsi che lo stato delle acque è in condizioni abbastanza gravi e le cause sono da attribuire all'impatto degli scarichi dei centri urbani, delle attività agricole e zootecniche localizzate in Val di Chiana.
Il Canale Maestro della Chiana è senza dubbio il corso d'acqua che riceve la maggior quantità di reflui. Nel tratto in cui il canale attraversa il territorio comunale di Arezzo, oltre agli scarichi di natura civile e industriale raccolti in Valdichiana si aggiungono i reflui provenienti dalla zona industriale di S. Zeno e Pescaiola, importanti poli di attività orafa che afferiscono al depuratore comunale di Ponte a Chiani, dal depuratore medesimo, dagli affluenti Vingone e Castro. In definitiva nel Canale maestro della Chiana confluisce la totalità dei reflui, depurati e non, di origine civile e industriale della città di Arezzo; per questo lungo tutto il suo tratto aretino risulta classificato in III e IV classe di qualità, cioé fortemente e nettamente inquinato.
Il torrente Castro attraversa interamente la città di Arezzo e per un certo tratto risulta tombato e quindi ridotto a collettore fognario. Nel torrente Castro confluisce la quasi totalità degli scarichi di origine civile ed industriale della città. Il tratto di torrente che attraversa la città di arezzo no alla località Montione risulta in III classe di qualità e quindi ambiente acquatico inquinato; da qui no alla confluenza con il Canale maestro della Chiana la qualità peggiora sensibilmente.
Anche per quanto riguarda gli altri affluenti quali il torrente Vingone ed il fosso Bicchieraia si possono fare analoghe considerazioni. I corsi d'acqua mostrano cioé chiari segni di degrado, poiché sono costretti a sopportare un eccessivo carico inquinante derivante dagli scarichi cittadini.
Si rileva comunque che i tratti più a monte di questi affluenti presentano ancora livelli qualitativi soddisfacenti, mentre la qualità peggiora sensibilmente in corrispondenza degli apporti di scarichi dovuti alle attività urbane non ancora condottati verso l'impianto di depurazione.
Le acque sotterranee
l'attuale conformazione e la natura geologica dei terreni di Arezzo risultano essere i fattori che determinano le condizioni idrogeologiche delle diverse aree del territorio comunale; infatti gli acquiferi presenti sono essenzialmente di due tipi, quelli attestati sul substrato roccioso dei rilievi collinari e montuosi e quelli impostate sui depositi alluvionali e fluvio-lacustri della pianura.
acquiferi impostati sul substrato roccioso: data la natura dei depositi, flysch turbiditici, le ricerche idriche mirano a sfruttare la permeabilità secondaria propria di questi depositi andando pertanto a cercare le aree fratturate associate a situazioni tettoniche locali di una certa entità. Le captazioni che insistono su questi terreni sono sempre abbastanza profonde (50/100 m.) e con rese abbastanza modeste e comunque raramente superiori a 2 l/s.
acquiferi impostati su depositi continentali delle pianure alluvionali: le captazioni che interessano questi depositi sfruttano la porosità interstiziale dei sedimenti (porosità primaria). Come per la situazione geologica, anche per quella idrogeologica esistono delle differenze marcate tra l'area della Val di Chiana e quella della pianura di Arezzo, infatti in quest'ultima esiste una falda freatica superficiale attestata sui depositi alluvionali recenti di scarsa produttività sfruttata con opere di captazione che si spingono a profondità di 6/10 m. ed una attestata sui depositi costituenti la formazione dei Ciottoli del Maspino di buona produttività (5/10 l/s) sfruttata con pozzi profondi mediamente 25/30 m., mentre l'area della Val di Chiana presenta dei livelli ciottolosi, ghiaiosi e sabbiosi con produttività mediamente assai più contenute, raramente superiori a 2 l/s, e falde impostate su livelli assai discontinui posti a profondità decisamente superiori (circa 100 m.).
le sorgenti che sono presenti nel territorio sono mediamente a bassissima produttività e soggette a ricorrenti periodi di crisi soprattutto nei periodi estivi. Un caso particolare è rappresentato invece dalle sorgenti di trabocco presenti nella fascia di Venere e Campoluci, tipologia di sorgive connesse all'affioramento della falda freatica.
a seguito degli studi condotti in occasione della redazione delle indagini geologiche di supporto al Piano Regolatore Generale (campagna condotta Nell'anno 1986), risulta evidente che la falda presente nella pianura di Arezzo trae la sua alimentazione dalla fascia pedecollinare e defluisce in direzione del Canale Maestro della Chiana oppure, nel settore Nord, è direttamente drenata dall'Arno anche se il tratto medioterminale degli affluenti di sinistra del fiume Arno, risultando incassato Nelle alluvioni, svolge una funzione drenante della falda. Aree depresse della superficie piezometrica, evidenziate da curve chiuse, sono state individuate in corrispondenza degli insediamenti produttivi, indicanti pertanto aree con emungimenti concentrati.
la zona della Val di Chiana aretina evidenzia la funzione drenante del canale Maestro della Chiana che riceve le acque di falda dall'area pedecollinare e dalle numerose conoidi deiezionali presenti ai margini dei rilievi.
Le fonti e le reti idriche
la fonte principale di approvvigionamento idropotabile del Comune di arezzo è costituita da acque superficiali provenienti dalla diga di Montedoglio in Val Tiberina.
A seguito dell'entrata in funzione dell'impianto di potabilizzazione di Poggio Cuculo, l'impianto di potabilizzazione di buon Riposo è stato dismesso.
Con l'entrata in funzione del nuovo impianto di Poggio Cuculo, i ricorrenti problemi di potabilizzazione connessi ai periodi di secca o di torbidità del fiume Arno sono stati eliminati.
I pozzi comunali (circa 40) e le sorgenti (circa 25) sono dislocati su tutto il territorio ed alimentano tutti gli acquedotti rurali non serviti dall'acquedotto urbano. La maggior parte di queste opere sfrutta gli acquiferi presenti nel substrato roccioso; non sono infrequenti opere che sfruttano contemporaneamente falde poste su alluvioni e sul substrato roccioso.
sono presenti pozzi che attingono esclusivamente dalla coltre alluvionale nella piana della Chiana aretina e nella zona di Quarata.
Il quantitativo di acque estratte dalla falda per mezzo di pozzi è stato valutato sulla base dei dati forniti dalla Provincia di Arezzo (studio effettuato nell'anno 1992) stimando il consumo secondo le varie tipologie di pozzo e decurtando i consumi del contributo delle derivazioni di acque superficiali. Come messo in evidenza dalla tabella una voce assai importante nel bilancio della risorsa idrica sotterranea è rappresentata dai pozzi ad uso domestico cioé da quelle opere che vengono utilizzate per l'annaffiamento degli orti e dei giardini.
L'Amministrazione comunale solamente nel periodo '79-'94 ha rilasciato circa 3.500 autorizzazioni. Considerando il numero di quelli costruiti in precedenza e di quelli realizzati abusivamente è stato stimato in circa 10.000 il totale delle captazioni presenti nel territorio comunale ed una produzione annuale minima di 300 m3/pozzo8.
Lo sfruttamento della risorsa acqua per mezzo di pozzi è da sempre una pratica ampiamente diffusa tanto che verso la ne degli anni '80, in corrispondenza di un lungo periodo di siccità, giunsero all'Amministrazione comunale un numero elevatissimo di richieste di autorizzazione, tante da dover sospenderne momentaneamente il rilascio.
La situazione che venne a crearsi impose un aggiornamento del regolamento che entrò in vigore nel marzo 1991. Il grande numero di attingimenti della falda è causa di seri problemi nella gestione e tutela degli acquiferi in quanto i pozzi, specialmente quelli vecchi o quelli mal realizzati, mettono in comunicazione le falde superficiali, molto suscettibili agli inquinamenti, con quelle più profonde.
La situazione risulta ulteriormente aggravata dal fatto che i pozzi che alimentano gli acquedotti periferici e rurali rientrano nelle aree che presentano un alto tasso di sfruttamento della falda e che pertanto portano ad uno scadimento della qualità delle acque immesse nel sistema acquedottistico oltre che al depauperamento della risorsa.
Rete fognaria e depurazione
della intera rete fognaria del Comune di Arezzo si occupa la Società Nuove Acque S.p.A., ente gestore dell'AATO n.4 Alto Valdarno, a partire dal 1999.
Il sistema fognario si articola su più reti che confluiscono i reflui ai quattro depuratori in esercizio ed ai tre in previsione.
L'Amministrazione Comunale già con il Piano Regolatore del sistema fognario degli anni settanta intraprese una totale ristrutturazione del sistema comunale che inizialmente prevedeva: un depuratore centrale della potenzialità di 60.000 abitanti equiparati (espandibile successivamente a 90.000) localizzato al Casolino ed a servizio del centro città e delle frazioni, una serie di depuratori periferici a servizio delle popolazioni più decentrate, dei collettori per il collegamento tra le reti esistenti Nelle singole frazioni ed i depuratori stessi.
La progettazione di massima aveva evidenziato la necessità di realizzare una serie di collettori che attraversando o circoscrivendo l'abitato cittadino dovevano convogliare i reflui fognari verso l'impianto principale, intercettare le fogne esistenti che scaricavano direttamente nel Castro e nel Vingone (i due corsi d'acqua che attraversano la città); no a tale data infatti il regolamento di Igiene del Comune di Arezzo considerava il tratto tombato del torrente Castro un collettore fognario.
Sulla base di questo piano furono realizzati la quasi totalità dei collettori principali tra il depuratore del Casolino e il centro abitato, in modo da realizzare una cintura che ha permesso di intercettare la quasi totalità degli scarichi. ad oggi devono essere attuati il risanamento e la ristrutturazione dell'intera rete interna della città per completare il programma a suo tempo avviato; la presenza di condotte e collettori piuttosto obsoleti con scarico diretto in fogna senza interposizione delle tradizionali fosse biologiche, non rappresenta certo una gestione moderna ed efficiente del sistema degli scarichi.
L'Amministrazione Comunale, pur in assenza di un dettagliato programma per le frazioni, ha provveduto nel tempo a risanare vaste zone di sua competenza attraverso la costruzione di ulteriori tre depuratori periferici a servizio, rispettivamente, delle zone di Ponte a Chiani (Pratatantico, indicatore, Chiani, S. Giuliano, Poggiola, Ruscello Battifolle, area Pescaiola a valle del Vingone, S. Zeno, La Ripa di Olmo, Madonna di Mezza Strada, Olmo, S. Andrea a Pigli, il Matto); Quarata (Quarata, ripa di Quarata, Venere, Campoluci e in corso di completamento Ponte buriano, Cancelli, Meliciano); Ponte alla Chiassa (Giovi, Borgo a Giovi, ponte alla Chiassa, Chiassa Superiore, Tregozzano).
Sono ora in fase di progettazione le reti relative alle frazioni di Policiano, Rigutino, vitiano, Ottavo e Frassineto, con rispettivo depuratore (fitodepuratore) ed altri tre fitodepuratori che saranno localizzati a Ponte Buriano, Frassineto e Palazzo del Pero.
Sullo stato dell'aria
L'inquinamento atmosferico
I territorio comunale aretino non è interessato da fenomeni naturali di inquinamento atmosferico; dagli studi condotti, infatti, le fonti inquinanti individuate sono quelle caratteristiche di tutte le aree densamente antropizzate e riconducibili alle attività artigianali, industriali ed in riferimento al centro urbano al traffico veicolare ed agli impianti di riscaldamento.
Il monitoraggio della qualità dell'aria nel territorio comunale viene effettuato mediante l'acquisizione di dati in ciclo continuo relativi alle concentrazioni di alcuni inquinanti opportunamente individuati.
Questi dati provengono da cinque postazioni fisse e in occasione di campagne finalizzate, da una postazione mobile. Questo insieme costituisce la rete urbana di monitoraggio.
I dati della rete urbana confluiscono al centro Operativo Provinciale (C.O.P) gestito dall'Agenzia Regionale di protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) che provvede a validarli quotidianamente e a trasmetterli al Sindaco. La loro elaborazione viene inviata alla Regione Toscana che redige il Rapporto Annuale sulla qualità dell'Aria.
I principali inquinanti atmosferici monitorati nella rete urbana di Arezzo sono quelli che contraddistinguono un inquinamento prevalentemente da traffico e da impianti di riscaldamento civili i quali emettono in atmosfera sotto forma di vapori o particelle, CO, SO, ossidi di azoto, idrocarburi, ozono, polveri totali.
a seguito del sempre più diffuso utilizzo degli impianti di riscaldamento a metano assieme alla riduzione di zolfo nei combustibili, si assiste ad un forte decremento dell'inquinamento da SO2 e da idrocarburi, tanto da essere stati esclusi dai monitoraggi effettuati dalle postazioni fisse e monitorati solo con postazione mobile in occasione di eventuali campagne mirate.
L'inquinamento atmosferico, dipende in parte anche dalle condizioni meteorologiche che influenzano sia la diluizione o meno degli inquinanti attraverso il trasporto da parte del vento, sia le reazioni chimiche.
Le temperature elevate favoriscono lo smog fotochimico; viceversa basse pressioni con associate precipitazioni e venti abbattono gli inquinanti.
La caratterizzazione meteorologica del territorio comunale è stata effettuata tramite l'analisi dei dati meteorologici rilevati dalla stazione di Colle del Pionta, attiva dal 1994.
I sensori installati riguardano la velocità e la direzione del vento, la temperatura, l'umidità relativa, la pressione, la pioggia e la radiazione solare.
I rapporti sulla qualità dell'aria nel Comune di Arezzo vengono redatti dal Comune in collaborazione con l'ARPAT avvalendosi dei dati rilevati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria, gestita dal Dipartimento provinciale di Arezzo - ARPAT e dei dati integrativi ottenuti con campagne di biomonitoraggio, misura del traffico e dei consumi di gas Nell'area comunale.
La rete di monitoraggio della qualità dell'aria è costituita da cinque postazioni (Piazza Repubblica, Via Fiorentina, Via Acropoli, San Donato, sede Provincia, Parco Pionta) per il rilevamento dei parametri chimici e una (Parco del Pionta: Torre di Villa Chinini) dedicata ai parametri metereologici.
In sintesi dal rapporto relativo alle due campagne condotte negli anni 1995-1996 estesi sia all'area urbana che a quella periferica emergono due aspetti:
a) i dati forniti dalla rete indicano che i limiti di concentrazione previsti da normativa non sono mai stati superati anche se valori di CO NO2 ed idrocarburi (tipici dell'inquinamento da traffico veicolare) sono risultati comunque abbastanza alti;
b) si rileva una tendenza significativa al decremento delle concentrazioni degli inquinanti tradizionali rispetto agli anni antecedenti al 1998.
Le cause che hanno portato ad un netto miglioramento della situazione generale possono essere ricondotte alla fase di rottamazione delle autovetture non catalizzate ed alla successiva immissione nel mercato di nuove autovetture munite di marmitta catalitica ed all'operazione bollino blu per il controllo dei gas di scarico.
Il monitoraggio ambientale con l'uso di centraline è stato integrato Nel 1994 dal biomonitoraggio. Con questo termine s'intende il rilevamento delle alterazioni ambientali mediante l'uso di organismi viventi: in questo caso sono stati utilizzati i licheni.
L'indagine effettuata si è sviluppata con il campionamento di 18 aree (15 urbane e 3 periferiche) Dall'analisi dei risultati è stato possibile redigere una carta di qualità dell'aria dalla quale si ricava un quadro complessivamente soddisfacente, tranne qualche situazione critica in alcune zone del centro storico più densamente costruite e con grande densità di scuole e servizi. La situazione appare comunque decisamente buona soprattutto se comparata con studi analoghi effettuati in altre province toscane (ad esempio Prato e Pistoia).
La situazione della città, pur non presentando valori di particolare entità rispetto agli standard di qualità dell'aria previsti dalla norma, mostra per alcuni inquinanti (ozono, benzene) valori comunque prossimi al livello di guardia e pertanto l'area urbana è da considerare a rischio di episodi acuti di inquinamento atmosferico.
viene pertanto ritenuto necessario progettare ed attuare un programma di interventi finalizzati alla riduzione dell'inquinamento atmosferico quali ad esempio l'istituzione di divieti di circolazione, controlli sulla revisione delle auto, istituzione di campagne dedicate quali ad esempio il Bollino Blu, redazione di un piano di verifica a campione del rispetto delle temperature massime previste per gli impianti termici per riscaldamento e dei periodi di accensione.
L'inquinamento acustico
Nel 1997 l'Assessorato all'ambiente del Comune di Arezzo ha completato uno studio mirato - come prima fase - alla messa a punto di una proposta di zonizzazione acustica del territorio, con l'obiettivo di piani care e gestire la salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento acustico.
a partire dalla zonizzazione acustica si produce una mappatura dei requisiti minimi di qualità acustica che devono essere garantiti al ne della tutela della salute della popolazione e delle attività, in essere e previste. La legge quadro di riferimento individua quattro fasi di attuazione per il raggiungimento dell'obiettivo sopra esposto:
- - effettuazione della zonizzazione acustica;
- - realizzazione della mappatura acustica con rilevazioni fonometriche;
- - verifica della compatibilità acustica, effettuata attraverso la sovrapposizione tra situazione pianificata e situazione reale rilevando le aree in cui il livello di rumore presente supera quello pianificato;
- - predisposizione di interventi di bonifica ambientale finalizzati a riportare il livello di rumore misurabile al di sotto dei livelli massimi stabiliti.
La metodologia generale utilizzata per la zonizzazione è quella della individuazione delle caratteristiche di ciascuna zona tenendo conto delle destinazioni di Piano Regolatore, delle varianti in itinere, dei piani particolareggiati di attuazione e della conformazione topografica del territorio.
La costruzione del quadro conoscitivo sul livello di inquinamento acustico della città si è basata su uno studio articolato in quattro sottosezioni relative alla distribuzione sul territorio dei ricettori sensibili (ospedali, case di cura, biblioteche, scuole, verde pubblico), delle grandi sorgenti acustiche (ferrovie, aeroporto, lavorazione inerti, interporto ferroviario) dei flussi di traffico e degli attrattori, allo studio delle vocazioni dei vari quartieri.
Il territorio comunale, a seguito della definizione delle classi acustiche, è stato suddiviso in più aree, in funzione dell'appartenenza di queste ad una determinata classe: le classi V e VI sono quelle a più alto rischio, la classe I è quella particolarmente protetta (in tale area per esempio è stato inserito l'ospedale di S. Donato).
analogamente, le strade e le ferrovie sono state classificate sulla base dei flussi di traffico; può verificarsi quindi che la classificazione di una strada non sia la medesima della zona attraversata.
La fase successiva relativa alla mappatura acustica è stata affidata all'ARPAT che nel dicembre 1999 ha concluso il lavoro articolato in 600 rilievi di rumore ambientale mediante misure dirette e con stime basate su modelli diffusionali.
I campionamenti hanno interessato le zone maggiormente urbanizzate, privilegiando oltre al centro urbano i nuclei abitati delle frazioni, le zone protette e le zone industriali-artigianali (dati acquisiti durante la campagna di misure 1997/1998).
L'indagine è stata condotta sia spazialmente (circa 400 punti distribuiti in modo omogeneo sul territorio), sia temporalmente (66 postazioni). per valutare la dinamica temporale dell'inquinamento acustico oltre a queste misure dirette sono state effettuate circa 200 stime al ne di valutare il livello equivalente nelle postazioni lungo le arterie principali di traffico.
L'analisi spaziale si è articolata attraverso 14 punti di misura rappresentanti aree delimitate dalle arterie principali di traffico: Centro storico, fiorentina - Orciolaia, Pescaiola - Saione, Saione, Giotto, Trento - Trieste, la Catona, Zona industriale Pratacci, San Leo, Tramarino, Fiorentina, zona industriale Pescaiola, Romana - Tortaia, Zona industriale San zeno.
L'analisi temporale è stata condotta con campionamenti estesi a duetre giorni in 66 postazioni con furgone posizionato in prossimità delle sorgenti di rumore (per misure di traffico e nelle aree industriali) o in prossimità dei recettori (facciate di edici o aree residenziali).
L'indagine condotta secondo le modalità sopra riportate ha fornito i seguenti risultati:
-
- traffico urbano: la situazione di inquinamento acustico si presenta senza sostanziali modiche rispetto alle precedenti indagini (91-94 e 97-98) classi IV e V del D.P.C.M. 14/11/97.
Le aree a più bassa rumorosità sono quartieri residenziali più recenti Nei quali sono assenti strade di attraversamento importanti (ad esempio Nel caso del quartiere Tortaia). - - centro antico: le misurazioni fanno rientrare la zona nelle classi IV-V del D.P.C.M 14/11/97; i livelli sonori sono dovuti in modo preponderante alla componente antropica per la presenza di esercizi commerciali, uffici e quindi di persone. In queste aree benché sottoposte a traffico limitato, anche il transito di pochi veicoli può innalzare significativamente il livello equivalente in quanto si tratta di vie strette sulle quali affacciano edifici elevati che possono influenzare le condizioni di rumore presenti nella strada; stante la tipologia delle vie del centro storico di Arezzo (vie in salita, fondo irregolare...) diventa anche significativo il contributo legato alle modalità di guida e alle condizioni del mezzo (marce basse, maggior sforzo del motore, mezzi, anche per servizi pubblici, particolarmente rumorosi... ).
- - zone industriali: i livelli equivalenti rilevati configurano una situazione generalmente non critica per le aree industriali con valori per ambiente esterno compatibili con quelli previsti dalla zonizzazione per classe IV-V a seconda della localizzazione.
- qualche problema potrà invece sussistere per le zone dove il Prg ha consentito lo sviluppo residenziale in prossimità di insediamenti produttivi (per esempio se l'attività si svolge anche nel periodo notturno - zona san Leo) e per le zone dove vi è promiscuità tra residenziale e artigianale.
per le singole aree si possono formulare le seguenti osservazioni:
- - zona industriale di San Zeno: per tipologia insediativa si avvicina alle caratteristiche di area esclusivamente industriale o prevalentemente industriale (classe VI o V rispettivamente); i livelli trovati, comprensivi del contributo del traffico indotto dalle attività industriali, risultano compatibili con quelli previsti dalla zonizzazione.
- - zona Tramarino: è una zona mista artigianale, servizi e insediamenti abitativi. Trattandosi di un'area con promiscuità tra abitativo e artigianale- industriale è stata individuata come classe IV e V nella proposta di zonizzazione; i livelli in ambiente esterno misurati sono compatibili con tale classe mentre qualche problema potrà emergere per i livelli differenziali negli ambienti abitativi che insistono nella zona; della promiscuità dell'area occorrerà tenere conto in particolare per l'individuazione di nuovi insediamenti produttivi.
- - zona Pratacci - Lebole: nella zona insistono sia insediamenti produttivi che commerciali e di servizi; è interessata da infrastrutture con forte traffico: via Fiorentina sul lato nord, ferrovia lenta Firenze-Roma sul lato sud, circonvallazione sul lato est ed è attraversata da est ad ovest dal raccordo autostradale; le infrastrutture viarie si comportano come sorgenti fisse vere e proprie, in quanto interessate da volumi di traffico di circa 1.000 veicoli/ora. per quello che riguarda le aree interne alla zona i livelli sono centrati Nella classe 60-65 dBA; l'area presenta le caratteristiche di zona esclusivamente industriale e non presenta grossi problemi di incompatibilità acustica essendo separata da aree residenziali e non essendo stata consentita dalle norme del Piano Regolatore alcuna promiscuità produttivo residenziale.
- - zona Fiorentina: l'area Pratacci prosegue ad est con la zona Fiorentina, dove si comincia a presentare la promiscuità artigianale-industriale e residenziale; i livelli attuali sono contenuti (nelle zone in ombra acustica rispetto alle direttrici di traffico); i punti più critici sono quelli in prossimità del raccordo autostradale e di via Fiorentina; della promiscuità dell'area occorrerà tenere conto in particolare per l'individuazione di nuovi insediamenti produttivi.
- - zona Pescaiola: la zona è situata tra Ponte a Chiani a ovest, la Maestà di Giannino a est, la ferrovia Firenze-Roma ed il raccordo autostradale a nord, la ferrovia Arezzo-Sinalunga ed il torrente Vingone a sud.
- L'area comprende insediamenti produttivi, commerciali e di servizio ed in piccola parte residenziali, è attraversata da est a ovest da via B. croce e da via P. Calamandrei (già Strada Provinciale di Pescaiola); tale asse viario rappresenta una fonte predominante della rumorosità nell'area.
- L'indagine di cui sono stati riportati i risultati presenta però alcuni limiti: le misure hanno infatti una validità ridotta essendo legate ai fattori presenti al momento dell'indagine (1997/1998) e sono state effettuate esclusivamente nella fascia diurna.
successivamente alla presentazione del lavoro sopra illustrato, sono intervenuti ulteriori fatti che hanno mutato le condizioni presenti al momento di redazione dello studio: è cambiato cioé il quadro normativo di riferimento (entrata in vigore la L.R. 89/98); inoltre bisogna considerare che è in corso di redazione il nuovo Piano del Traffico Urbano.
L'Amministrazione Comunale a seguito del nuovo quadro normativo configuratosi e delle mutate condizioni al contorno (quali la realizzazione di nuove infrastrutture assieme ad alcune modiche apportate al Piano regolatore Generale) sta predisponendo in collaborazione con l'ARPAT una nuova campagna di misurazioni sulla quale si baserà il Piano di zonizzazione acustica per il quale si prevede il completamento e la presentazione entro la ne dell'anno 2001.
Inquinamento elettro-magnetico
Nell'aprile 1999 viste le numerose richieste avanzate dai Gestori di impianti di telefonia mobile volte ad ottenere l'autorizzazione all'installazione di ripetitori, la Giunta Comunale approva una proposta preliminare di localizzazione degli impianti di telefonia mobile su siti comunali elaborata dal Servizio Pianificazione e corredata da uno schema di convenzione da stipularsi prima del rilascio della concessione edilizia, nella quale si privilegiano siti il più possibile lontani da edifici o strutture di interesse pubblico (asili, scuole, ospedali, ecc.).
Nel Piano per la localizzazione degli impianti di telefonia mobile sono state individuate aree di proprietà comunale ritenute idonee all'installazione di stazioni radio base e compatibili con il contesto urbanistico e con le strutture di interesse pubblico.
ulteriori aree ritenute idonee sono state individuate lungo le arterie di scorrimento in corrispondenza degli incroci o svincoli (tangenziale ovest e raccordo autostradale), nei parcheggi (Centro Affari, Cimitero) o all'interno di infrastrutture esistenti (ex inceneritore, pali dell'illuminazione dello stadio).
I Gestori dovranno in ogni caso richiedere la concessione edilizia, che verrà rilasciata solo previa valutazione.
La proposta di localizzazione anticipa in parte gli adempimenti normativi sia regionali che statali intervenuti successivamente9, fissando i seguenti obiettivi:
- - la tutela della salute umana, dell'ambiente e del paesaggio in riferimento ai campi elettromagnetici;
- - l'ordinato sviluppo e la corretta localizzazione degli impianti, anche incentivandone l'accorpamento;
- - il contenimento dell'inquinamento elettromagnetico dovuto alle emissioni elettromagnetiche mediante il conseguimento degli obiettivi di qualità eventualmente definiti dagli atti statali.
La normativa di riferimento
la legge definisce le aree sensibili come quelle nelle quali le Amministrazioni competenti possono prescrivere localizzazioni alternative degli impianti, in considerazione della particolare densità abitativa, della presenza di infrastrutture e servizi, nonché dello specico interesse storico architettonico e paesaggistico ambientale.
alla Regione vengono assegnate le funzioni di indicazione dei criteri generali per la localizzazione degli impianti e l'identicazione delle aree sensibili, l'indicazione delle modalità per il rilascio delle autorizzazioni comunali, per l'attuazione delle azioni di risanamento, per l'attuazione dei controlli, per la presentazione da parte dei gestori delle dichiarazioni sugli impianti esistenti e dei programmi di sviluppo.
ai Comuni invece, vengono afdate le funzioni di rilascio dell'autorizzazione per l'installazione o la modica degli impianti, l'attuazione delle misure di risanamento, l'esercizio delle funzioni di vigilanza e lo svolgimento dei compiti di educazione.
La Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici approvata nel febbraio 2001 si propone di tutelare sia la salute dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici, sia l'ambiente ed il paesaggio; di promuovere la ricerca scientica per la valutazione degli effetti a lungo termine, l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento al ne di minimizzare l'intensità e gli effetti dei campi elettromagnetici.
La legge denisce anche gli obiettivi di qualità consistenti nei criteri localizzativi, negli standards urbanistici, nelle prescrizioni e nelle incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, nonché nell'individuazione da parte dello Stato dei valori di campo elettromagnetico (limiti dei livelli di esposizione e valori di attenzione), la denizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione > 150 KV, l'emanazione di un regolamento che contenga misure speciche relative alle caratteristiche tecniche degli impianti e alla localizzazione degli elettrodotti e degli impianti di telefonia mobile.
La Regione ha inoltre il compito di individuare i siti di trasmissione degli impianti di telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti di radiodiffusione.
I Comuni hanno la possibilità di adottare un regolamento per assicurare il corretto inserimento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
La legge assegna inoltre ai Comuni e alle Province le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale mediante le strutture ARPAT.
Sullo stato del suolo e del sottosuolo
Geomorfologia
Il territorio comunale di Arezzo, come risultato dei fatti geologici, tettonici e climatici, che lo hanno interessato e che ne hanno determinato l'attuale conformazione, si presenta con due aree distinte sia per le caratteristiche geomorfologiche che litologiche:
- - l'area collinare-montana, il cui substrato è costituito da depositi turbiditici arenacei e marnosi costituenti le formazioni delle Arenarie del falterona10 e Arenarie del Cervarola11;
- - l'area di pianura costituita dai depositi fluvio-lascustri all'interno della quale per motivi sia geologico-deposizionali che morfologici devono essere a loro volta distinte due aree, separate dalla soglia strutturale di chiani: la "Piana di Arezzo" e la "Piana della Chiana aretina".
Il territorio collinare-montano sia per la natura geomorfologica che per l'assetto strutturale si presenta generalmente stabile (non sono infatti presenti aree instabili di grosse dimensioni); la stabilità dell'area è inoltre documentata dalla mancanza totale di località del territorio comunale inserite nell'elenco - allegato alla Legge nº183/89 e successive modiche - dove vengono individuate le aree classificate in pericolosità geologica elevata.
In alcune zone del territorio dove l'accumulo, derivante dal disfacimento del substrato lapideo, ha portato alla formazione di spesse coltri detritiche si sono verificati dei movimenti di limitata entità. Le concause che hanno contribuito all'innesco dei movimenti gravitativi, oltre alla presenza di queste spesse coltri detritiche, sono fattori destabilizzanti quali la giacitura degli strati a franapoggio oltre che le forti pendenze mentre il fattore di innesco dei movimenti è generalmente da ricercarsi in un evento meteorico di una certa importanza.
Le aree dove sono presenti questi movimenti sono la zona posta in destra idraulica del torrente Vingone, tratto montano e lungo il versante del monte di Lignano che guarda verso la Val di Chiana.
La Piana di Arezzo è impostata altimetricamente alla quota di 250-260 m. s.l.m. ed è attraversata da una serie di corsi d'acqua che defluiscono direttamente in Arno oppure nel Canale Maestro della Chiana.
Il fiume Arno nel tratto aretino scorre incassato nel materasso alluvionale da esso stesso deposto con un livello medio più basso di circa 30-40 m rispetto la quota media della pianura; pertanto il tratto finale dei corsi d'acqua quali il torrente Chiassa, il torrente Castro, il torrente vingone ed il torrente Sellina, risulta essere fortemente incassato; lungo le scarpate dei torrenti e delle aste uviali principali si sono riscontrati dei movimenti gravitativi anche di notevoli dimensioni, quale quello in località Podere Ortali nei pressi del Canale Maestro della chiana.
diversamente, la Piana della Chiana aretina è impostata ad una quota di 240-250 m. s.l.m. ed è caratterizzata da una serie di opere che la hanno interessata in tempi storici recenti. Queste opere sono da ricondursi tutte agli interventi della bonifica, che hanno permesso alla valle di perdere il suo aspetto palustre; le opere sono state completate con la realizzazione del Canale Maestro della Chiana, che convoglia tutte le acque drenate verso il bacino del fiume Arno.
I depositi olocenici dell'area oltre che le alluvioni recenti presentano dei litotipi limosi non consolidati riconducibili alle opere di colmata eseguite durante i lavori.
data la morfologia piatta dell'area non sono presenti in questa parte del territorio comunale problematiche connesse alla stabilità dei versanti mentre, viste le condizioni topografiche nelle aree centrali del bacino, vengono a generarsi, in occasione di eventi meteorici estremi, fenomeni di esondazione e di ristagno; le cause di tali episodi vanno sicuramente ricercate nella mancanza di regolari e ricorrenti opere di manutenzione degli alvei fluviali che con il tempo tendono ad interrarsi.
Note
- Per tale studio ci si è basati sull'analisi dei dati forniti dall'U.O. Igiene ambientale e U.O. Chimica Ambientale dell'ARPAT Dipartimento Provinciale di Arezzo.
- Classificazione redatta secondo le specifiche del D.P.R. 3 luglio 1982 N.515 successivamente abrogato a partire dal 13 giugno 1999, dall'art.63 del D. leg. 11-5-1999 n. 152
- Una quantificazione decisamente più attendibile potrà essere effettuata quando verranno resi noti i risultati della denuncia dei pozzi (scad.30/06/2001) dal Genio Civile e dalla Provincia di Arezzo, per gli effetti del D. Leg. 12 luglio 1993 n.275, Riordino in materia di acque pubbliche.
- Legge Regione Toscana 6 aprile 2000 n. 54, Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione, in attuazione del Decreto del Ministero dell'Ambiente 10 settembre 1998 n.381, Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana.
- Arenarie del Monte Falterona (Oligocene-Miocene medio): trattasi di un flysch di origine turbiditica costituito dall'alternanza di arenarie quarzoso-felspatiche, di siltiti ed argilliti scistose. Gli strati arenacei hanno di solito rilevante spessore, quasi mai inferiore a 50 cm, ma talvolta superiore anche ad alcuni metri, esiguo invece il contributo degli interstrati argillitici e siltitici. Molto evidente la selezione granulometrica delle bancate di arenaria, con passaggio graduale dalla base al tetto dello strato, ad elementi sempre di minor diametro no a sfumare Nella componente scistosa. Per la sua natura mineralogica la roccia possiede una notevole gelività ed una non elevata resistenza alla disgregazione, per tale motivo è spesso presente uno strato di alterazione di spessore talvolta non trascurabile. Di solito le arenarie sono interessate da fratture normali rispetto ai piani di stratificazione, le quali si esauriscono generalmente nell'ambito di ciascun singolo strato. In aree a particolare acclività i blocchi che si formano a causa di questo tipo di fratturazione frequentemente si staccano e scorrono lungo gli interstrati argillitici arrestandosi a valle o lungo i pendii dove possono essere rinvenuti.
- Arenarie del Monte Cervarola (Miocene medio): siltiti argilloscistose e arenarie torbiditiche fini quarzoso-feldspatiche con subordinate alternanze marnose; generalmente a tetto delle Arenarie del Falterona, differiscono da queste ultime perché contengono sporadica dolomite clastica, inoltre sono ricche di mica bianca. (Oligocene superiore - Miocene medio).Gli spessori degli starti delle Arenarie del Cervarola, superano raramente la potenza di un metro, più frequenti sono gli spessori dai 20 ai 50 cm. Risalendo la serie i tipi litologici marnosi siltosi e argillosi divengono sempre più abbondanti e gli strati arenacei più sottili e a grana più ne. La parte alta della Formazione è riconoscibile sul terreno per la presenza di liste di selce nera e straterelli calcarenitici di spessore 10-15 cm, molto duri.
- Riferimento legislativo D.C.R. n. 12/2000 ex D.C.R. 230/94