Relazione sulla Attività di Valutazione

  1. 1 Premessa
  2. 2 Sistema Acqua
  3. 3 Sistema Aria
  4. 4 Sistema Clima
  5. 5 Sistema Energia
  6. 6 Sistema Rifiuti
  7. 7 Sistema Suolo e Sottosuolo
  8. 8 Sistema Aziende
  9. 9 Sistema Radiazioni non Ionizzanti
  10. 10 Verifica ambientale delle condizioni alla trasformabilità
  11. 11 Definizione dei parametri ambientali e delle condizioni alla trasformabilita nel Piano Strutturale
  12. 12 Definizione dei parametri ambientali e delle condizioni alla trasformabilità da definire attraverso il Regolamento Urbanistico

1 Premessa

In questa relazione viene presentato il quadro conoscitivo relativo ai seguenti sistemi: acqua, aria, clima, energia, rifiuti, suolo e sottosuolo, aziende insalubri e radiazioni non ionizzanti. Una delle fonti più importanti prese in considerazione per la costruzione del quadro conoscitivo ambientale è la Relazione sullo Stato dell'Ambiente 1998 redatta dal comune di Arezzo Assessorato alla qualità ambientale e ai servizi tecnologici.

1.1 Per un governo dell'ecosistema urbano

L'idea di analizzare una città come un ecosistema non ha soltanto interesse culturale e scientifico, ma è essenziale per una efficace politica della città. Essa è utile, per esempio, per stabilire quali limitazioni vanno poste al traffico e alla sosta degli autoveicoli dove localizzare le attività produttive, quali combustibili si possono usare per il riscaldamento, quali servizi collettivi vanno potenziati, quali prezzi vanno chiesti ai privati per avere dei benefici collettivi, come la diminuzione delle malattie, minore corrosione, minori costi di manutenzione, la possibilità di incontrarsi e comunicare.

1.2 L'applicazione del concetto di ecosistema nella sostenibilità ambientale

Il concetto di sviluppo sostenibile è molto più ampio di quello di protezione ambientale, comprendendo sia la dimensione economica che quella sociale ed utilizzando le nozioni di equità tra popoli e tra generazioni.

Da tale concetto discende che un ulteriore sviluppo può essere perseguito solo entro i limiti dettati dalla capacità di carico dei sistemi naturali. Ove sussista incertezza circa i limiti di carico dell'ambiente, occorre, in via prioritaria, evitare rischi potenzialmente rilevanti, nel rispetto del cosiddetto "principio di precauzione". Tali principi richiedono procedure politiche volte a gestire la domanda di beni e servizi anziché semplicemente a soddisfarla. Inoltre, la sostenibilità ambientale deve essere perseguita con gli strumenti della pianificazione in quanto le forze di mercato da sole non sono in grado di garantire l'integrazione degli aspetti ambientali, economici e sociali. La sfida posta da uno sviluppo urbano sostenibile per l'ambiente consiste nella ricerca di soluzione dei pro-temi subiti dalla città e dei problemi da questa provocati, riconoscendo che la città stessa è in grado di fornire, potenzialmente, numerose soluzioni.

Gli Amministratori devono cercare di soddisfare le necessità sociali ed economiche dei residenti nel rispetto dei sistemi naturali locali, e territoriali, risolvendo i problemi, dove possibile, a livello locale anziché trasferirli nello spazio o nel tempo, scaricandoli cioè su altre località e sulle generazioni future.

Le città sono in grado di offrire agli abitanti diversi modelli di vita maggiormente ispirati alla sostenibilità ambientale. Tuttavia spesso le città non riescono a concretizzare questo loro potenziale. Alla base del problema stanno le complessità del sistema urbano e il carattere interdipendente dei diversi elementi di cui si compone.

In effetti vengono individuati strumenti utili alla formulazione, all'integrazione ed all'applicazione di politiche ambientali locali: la contabilità ecologica, i sistemi di gestione ambientale, la valutazione dell'impatto ambientale. Purtroppo esistono ancora molte remore nell'introdurre lo strumento del VIA nella valutazione dei piani, nonostante l'approvazione (ottobre 1995), da parte del Parlamento Europeo, della revisione della direttiva comunitaria sulla VIA n. 337/1985, che prevede la valutazione dei piani. Altri strumenti potrebbero riguardare la collaborazione e la partecipazione, ivi compresi istruzione, formazione professionale, attività interdisciplinare, consultazione e partecipazione della collettività locale, istituzionalizzazione della collaborazione tra comuni ed enti. Da non dimenticare tasse, imposte, prelievi ambientali locali, strutture per la definizione dei prezzi, regolamentazione dei diversi interessi, valutazione degli investimenti, contabilizzazione degli aspetti ambientali, ricorso a criteri ambientali sia negli acquisti che nelle procedure di appalto.

I termini di sostenibilità possono essere misurati mediante indicatori, anche se il loro impiego non è semplice e viene confermata la necessità di individuarne di nuovi e significativi. Non solo quindi indicatori fisici, ma anche indicatori di qualità basati su valutazioni di complessità degli habitat urbani e sulla modellistica ecologica.

Il concetto di sostenibilità ha riaperto la discussione sul tema del monitoraggio ambientale della città sfidando l'attuale prospettiva locale e di breve termine, con una prospettiva globale e di lungo termine. In questa nuova prospettiva, la domanda fondamentale a cui è necessario rispondere è se il capitale di risorse naturali è in grado di supportare indefinitivamente lo sviluppo urbano attuale. Per misurare la sostenibilità ambientale della città è quindi necessario mettere in relazione la domanda di risorse necessarie a soddisfare i bisogni dei suoi abitanti presenti con la capacità del capitale naturale di soddisfare tale domanda nel futuro

Nella città stessa non sono possibili processi di autodepurazione e di rigenerazione di risorse se non su una scala territoriale che preveda il ritorno della foresta in città ed un diffuso sistema di fitodepurazione in luogo dei sistemi classici di trattamento, che altro non sono se non il trasferimento, concentrato, di inquinanti da un mezzo all'altro.

L'ecosistema urbano, essendo un sistema dissipativo non è in grado di ripristinare risorse e di mantenere intatte qualità non rinnovabili. Il problema sta nel vedere fino a che punto la risorsa possa essere compromessa e fino a che punto questa compromissione non alteri irreversibilmente i cicli.

1.3 Costruzione del quadro conoscitivo

Appare evidente l'importanza del quadro conoscitivo all'interno del quale compiere valutazioni e scelte progettuali.

Le principali elaborazioni sono riconducibili a due gruppi principali, secondo differenti strategie descrittive:

  1. a) relazioni tra caratteri e funzionamento ambientale e trasformazione umana: i dati relativi al substrato geologico, al reticolo idrografico superficiale e sotterraneo, al clima, alla vegetazione e alla fauna non devono essere considerate semplici analisi di settore, ma rielaborate ed interpretare in rapporto alle condizioni di equilibrio, esistente e potenziale, del sistema considerato; devono quindi essere poste in relazione con gli effetti visibili e rilevabili delle trasformazioni umane; solo attraverso questo confronto critico è possibile evidenziare il superamento dei limiti (anomalie, degrado, alterazioni ambientali) e le potenzialità del sistema (mantenimento o recupero di un livello accettabile di equilibrio).
    Lungo questo percorso si incrociano esempi di trasformazione razionale, capaci di adeguarsi ai limiti del sistema e di migliorarne anzi le prestazioni (più frequentemente si tratta di assetti del passato, per esempio le bonifiche agricole di pianura o di fondovalle con la funzione di regimazione delle acque a fini produttivi ma anche di tutela del suolo, ecc.), ma soprattutto esempi recenti di trasformazione irrazionale, non solo fonte di rischio per la sopravvivenza degli uomini e delle altre specie viventi, ma causa di forti diseconomie nel medio e lungo periodo (è sufficiente accennare alla miopia localizzativa di insediamenti ed infrastrutture, per esempio nelle aree golenali dei fiumi o alla impermeabilizzazione massiccia dei suoli urbanizzati, con le conseguenti alterazioni climatiche, lo stravolgimento del sistema idrico superficiale, il rischio idraulico connesso allo smaltimento delle acque meteoriche, ecc.).
  2. b) rilievo, mappatura ed analisi critica dello stato di aria-suolo e acqua e delle principali alterazioni ambientali: i dati relativi allo stato ed alle alterazioni di aria, acque e suolo, quando esistenti, sono fortemente settorializzati, frequentemente disomogenei e di differente interpretazione (tabulati numerici, valori chimici, ecc.); la costruzione delle mappe è connessa alla necessità di quantificare e rappresentare unitariamente, riconducendoli allo spazio fisico della città e del territorio, fenomeni che vengono percepiti nella fase finale, cioè quali effetti (come nel caso dell'inquinamento atmosferico o acustico), indagandone contemporaneamente cause, relazioni, gerarchie, dinamiche e, non ultime, responsabilità.

1.4 Il quadro conoscitivo ambientale: il rapporto con le discipline biologiche
e con le scienze della terra

Nel percorso di ricerca che si propone le risorse primarie aria, acqua e suolo sono assunte quali elementi centrali dell'osservazione ecologica della città e del suo territorio.

Questa assunzione ha implicato un continuo dialogo con altri saperi disciplinari, nel reciproco rispetto dello specifico spazio di ricerca.

Le esperienze recenti testimoniano infatti che accostare in forma coordinata analisi geologiche, biologiche, botaniche, ecc., non è di grande utilità, se il fine è quello di pervenire alla costruzione di quadri problematici in cui risultino chiare soprattutto le cause che concorrono alla formazione del degrado, o del rischio.

Il dialogo con le altre discipline è anche un confronto all'interno di altri saperi, confronto facilitato da alcune conoscenze di base che appaiono ormai indispensabili anche nella formazione del Piano il confronto con le osservazioni della idro-geo-morfologia rende possibile la costruzione di interpretazioni ravvicinate e pertinenti della struttura idrografica e morfologica di un contesto, e delle regole che ne garantiscono la stabilità; da questa base interpretativa possono essere valutate le soglie di rischio rispetto alle trasformazioni; la stabilità del rapporto acqua/suolo diviene inoltre uno dei principali obiettivi della costruzione di regole e progetti.

Dal confronto con elaborazioni contemporanee della biologia vegetale, ed in particolare nel settore disciplinare della "vegetazione" proviene un semplice ma efficacissimo strumento di lettura dello stato di equilibrio dell'ecosistema, ma anche un catalogo coerente di "materiali vegetali" da utilizzare quando l'obiettivo sia quello del mantenimento, o del recupero, di condizioni ecologiche più stabili.

Dal confronto con le pratiche forestali ed agronomiche proviene la possibilità di valutare concretamente gli interventi possibili: dal miglioramento delle superfici boscate alla realizzazione di nuovi impianti vegetali di alto valore ambientale; dagli interventi di bio-ingegneria alla sperimentazione di pratiche agricole non distruttive.

In generale le ricerche utili per valutare più esattamente lo "stato" del suolo, e prevedere interventi efficaci di prevenzione e recupero, possono essere articolate in tre principali settori:

  • - stabilità del suolo (equilibrio idro-geo-morfologico);
  • - rischio di inquinamento, superficiale e sotterraneo, del suolo;
  • - distruzione delle propriatà di scambio biologico connesse al suolo (impermeabilizzazione, escavazione, industrializzazione agricola, ecc.).

Per valutare più esattamente lo "stato" dell'aria:

  • - lettura ed interpretazione dei dati provenienti dai sistemi di rilevazione presenti sul territorio nazionale;
  • - calcolo del potenziale inquinante connesso al funzionamento del sistema considerato (un'intera città, o una parte di essa);
  • - stima, o interpretazione dei dati di rilievo (quando esistenti), delle emissioni acustiche in rapporto ai diversi contesti, ed alle soglie ammissibili (ed auspicabili).

Per valutare più esattamente lo "stato" delle risorse biologiche:

  • - lettura ed interpretazione dei dati di rilievo esistenti sulle componenti vegetali ed animali;
  • - comparazioni tra rilievi aereofotografici, cartografie e ricerche per la verifica delle evoluzioni e relative dinamicità;
  • - valutazione degli effetti delle trasformazioni recenti sugli ecosistemi.

Su questa base le questioni del degrado ambientale possono trovare collocazione coerente, in rapporto al contesti fisico-biologici ed alla loro identità contemporanea, orientando dall'interno le scelte del sistema e dei progetti:

  • - scelte quantitative: quantità e ruolo delle diverse aree verdi, tali da rispondere efficacemente alle condizioni di degrado delle risorse primarie aria acqua suolo;
  • - scelte qualitative: tipi di impianti a verde, dalla manutenzione del territorio agricolo alla nuova funzione dei parchi e loro modalità di uso;
  • - scelte distribuitivo-formali: ruolo delle connessioni, riferimento "forte" di provenienza biologica in grado di assicurare lo svolgimento di importanti prestazioni ecologiche (scambio versus insularizzazione, biodiversità versus impoverimento), ma tale da contribuire attivamente anche alla interpretazione e leggibilità del sistema nel suo insieme.

La rete, potente figura contemporanea dell'interconnessione (reciprocità, interdipendenza, scambio), al centro dell'attenzione teorica in ricerche disciplinari molto diverse, diviene anche in questo campo una preziosa rappresentazione concettuale, capace di guidare coerentemente forma e funzionamento dell'eco sistema territoriale ed urbano.

1.5 Gli indicatori urbani.

Gli indicatori dovrebbero essere utilizzati per definire il grado di sostenibilità ambientale di alcuni modelli urbani, sulla base di più specifici concetti correlati allo sviluppo urbano: una città che consuma risorse non rinnovabili, che genera rifiuti ed emissioni, compromettendone la qualità sociale ed estetica, sarebbe insostenibile quando supera la "capacità di carico" dell'ambiente. Per capacità di carico si intenderebbe la capacità di reazione a questa pressione con processi di autodepurazione, assorbimento e riciclo dei rifiuti, ripristinando cosi risorse e mantenendo intatte qualità non rinnovabili.

Si può concordare, in merito all'utilizzo degli indicatori ambientali che, applicati correttamente in ambito urbano, possono diventare un'indispensabile base conoscitiva di intervento.

Fino ad ora uno degli indicatori (Biotop Flachen Faktor o coefficiente di riflessione del biotopo) su scala urbana conosciuti, individuato sulla base di esperienze di ecologia urbana condotte dall'Istituto di Ecologia dell'Università di Berlino, regolamenta i lotti edificati in ambito urbano in modo da garantire il massimo di permeabilità al suolo e la minima riflessione di calore solare sulle aree impermeabilizzate. Questo indicatore dovrebbe favorire il deflusso delle acque bianche, controllando temperatura e dispersione del calore, e permettere una prima ipotesi di lettura delle superfici urbane attraverso la loro valenza ecologica.

L'Atlante Ambientale di Berlino considera l'ecologia urbana come strumento di conoscenza degli spazi fisici e dei cicli funzionali della città. L'ecosistema urbano viene considerato come insieme di biotopi artificiali (edifici, industrie, infrastrutture), biotopi semi-artificiali (piccoli giardini, alberature, orti urbani), biotopi semi-naturali (grandi parchi, foreste urbane, parchi fluviali, agrosistemi).La città può essere indagata attraverso le sue componenti, intese come fattori ecologici, con un supporto abiotico (biotopo) ed una componente biotica, biocenosi.

I principi/obiettivi dell'Atlante Ambientale di Berlino fanno riferimento:

  • alla conservazione delle strutture storico naturali della città;
  • alla pianificazione ecologica urbana sulla base della cartografia dei biotopi;
  • alla biodiversità, alle diverse componenti del paesaggio;
  • alla protezione dei corridoi urbani, alla conservazione di ampi spazi aperti unitari;
  • alla conservazione ed all'ampliamento degli spazi verdi esistenti;
  • al rafforzamento della presenza e del ruolo di specie autoctone;
  • alla disponibilità di parchi ecologici quali aree-studio per le scuole;
  • all'integrazione funzionale degli edifici negli ecosistemi urbani.

L'Atlante Ambientale di Berlino, attraverso il BFF, designa la relazione che esiste tra la superficie di un terreno mantenuta in equilibrio naturale e l'insieme della superficie dei terreni urbani, sulla base del rapporto:

BFF = Superficie efficace per l'equilibrio naturale dei terreni / Superficie totale dei terreni

Si elabora finalmente una lettura delle superfici urbane attraverso ed in funzione della loro valenza ecologica, utilizzando i fattori di superficie biotopica.

La possibilità di formalizzare una metodologia per lo sviluppo di indicatori di sostenibilità ambientale per la città si scontra con la complessità dei fattori coinvolti e delle relazioni tra sistemi urbani e sistemi ambientali, con la necessità di integrare elementi dell'analisi sociale ed economica nello studio dei sistemi urbani.

1.6 Indicatori ambientali per la città

Il concetto di ecosistema urbano è essenziale allo sviluppo di indicatori ambientali per la città. Infatti sono proprio le prime descrizioni dell'ecosistema urbano a suggerire la necessità di passare da una concezione antropocentrica e compartimentalizzata del monitoraggio ambientale urbano ad una concezione ecosistemica.

Un sistema ecologico è un complesso di fattori e condizioni in relazione tra loro, per cui è necessario studiare non solo gli elementi presi separatamente ma anche le loro relazioni.

1.7 Indicatori come modelli.

Gli indicatori sono modelli che ci permettono di monitorare e comunicare informazioni sui progressi o le tendenze in atto verso un dato obiettivo. Occorre però precisare che "gli indicatori rappresentano un modello empirico di realtà, non la realtà stessa", e nella costruzione di indicatori per le politiche pubbliche si ha l'obbligo di rendere espliciti sia i metodi di misura che i modelli che vi sono alla base:

  • utilità per l'utente: gli indicatori devono essere rilevanti e comprensibili per chi ne deve fare uso e riflettere obiettivi sociali;
  • rilevanza per le politiche: gli indicatori devono aiutare a interpretare lo stato dell'ambiente e le pressioni delle attività umane in rapporto agli obiettivi di politiche e programmi nazionali e locali;
  • elevata capacità di sintesi: gli indicatori devono essere in grado di sintetizzare in un valore numerico una larga quantità di informazione.

A differenza dei dati e delle statistiche ambientali, gli indicatori e gli indici sono all'apice della piramide informativa, la cui base è appunto costituita da una larga quantità e variatà di dati e informazioni su diverse componenti dell'ambiente. Il processo di selezione ed elaborazione dei dati richiede la costruzione di un modello specifico dei fenomeni che si intende osservare e la semplificazione del problema che si intende monitorare ad un numero limitato di variabili che è possibile misurare e aggregare. Risulta evidente quanto sia difficile e complesso selezionare un coerente set di indicatori in grado di rappresentare l'interdipendenza fra sistema urbano e risorse naturali globali onde misurare la sostenibilità delle città.

La possibilità di riorientare le città verso uno sviluppo sostenibile dipende dalla capacità di creare incentivi per tutti gli attori coinvolti nel progetto, la gestione, e il funzionamento delle città. Importante è sviluppare strumenti informativi e misure di "performance" che riflettano gli obiettivi di sostenibilità e siano in grado di segnalare le tendenze in atto e guidare le decisioni.

Per sviluppare indicatori di sostenibilità è importante rispondere ad alcune domande sull'uso degli indicatori prima ancora di entrare nel merito delle questioni strettamente tecniche. E importante chiedersi quali siano gli obiettivi degli indicatori che si intende selezionare? Qual è la domanda di dati per questi indicatori? Quale livello di aggregazione spaziale e temporale è desiderabile? Quali indici è possibile costruire? Quali sono le incertezze coinvolte?

Esistono inoltre, al di là dei punti di vista reali, difficoltà nell'aggregazione di diversi variabili ambientali e una notevole incertezza sul ruolo che alcuni fattori e componenti ambientali giocano nei diversi fenomeni ambientali. Insufficiente è inoltre la conoscenza sui livelli di sostenibilità di alcune attività.

Appare chiaro che un approccio che affida esclusivamente alla scienza il compito di fornire segnali sulla sostenibilità della città non è perseguibile né auspicabile. Se questi segnali devono servire a guidare le scelte di governo urbano è necessario che si stabiliscano nuove sedi in cui scienza e politica siano in grado di formulare i quesiti a cui l'informazione ambientale deve essere in grado di rispondere.

1.8 Costruzione del Sistema Informativo Ambientale

Nell'ambito della redazione del Piano Strutturale si è provveduto al reperimento dei dati per la costruzione del Sistema Informativo Ambientale del comune di Arezzo. In questa fase di lavoro è stata utilizzata la lista di controllo, cioè un elenco di tutte le voci che possono contribuire a caratterizzare i diversi sistemi ambientali, predisposta dalla Regione Toscana.

L'obiettivo operativo della ricerca - partendo dai programmi e progetti in corso e dalle indicazioni di pianificazione del territorio (urbanizzato e libero) e avendo come presupposto la salvaguardia e valorizzazione delle risorse ambientali storiche e culturali- è finalizzato alla costruzione di una "griglia di azioni" indirizzate alla salvaguardia e al potenziamento dell'ecosistema urbano, verificate attraverso le metodiche afferenti alla "sostenibilità ambientale".

Arrivare quindi a definire, in una prima fase, una mappatura per la conoscenza del territorio da cui estrapolare i caratteri qualitativi (storici, ambientali, insediativi, paesistici ecc ) e le situazioni di rischio o degrado che intervengono sull'urbano e sulle aree libere.

Tale percorso porta alla costruzione di una prima serie di "criteri guida", di carattere generale, da utilizzare come griglia di riferimento nella scelta degli interventi nel governo del territorio e nel contempo, all'individuazione di alcuni ambiti territoriali specifici (urbani ed extraurbani, definiti da elementi di qualità o di degrado), finalizzati alla sperimentazione ed elaborazione di "indicatori di sostenibilità" utili per la costruzione di "strumenti operativi" in campo sociale (Scuole, Associazionismo, ecc), in campo amministrativo (pianificazione comunale, di area vasta e di settore) ed in campo produttivo (investimenti diretti finalizzati, project financing, ecc.).

 

Per ciascun dato individuato nella lista di controllo si procede alla verifica della tipologia e della disponibilità dei dati indicati utilizzando una legenda analoga a quella di seguito riportata:

TIPOLOGIA DEL DATO SIMBOLO
Completo +
Parziale P
Insufficiente I
Assente -
Da stimare !
Non rilevante N
DISPONIBILITÀ DEL DATO SIMBOLO
Disponibile D
Non disponibile *
Ricevuto R
Non ricevuto NR
 

La lista di controllo è stata costruita secondo lo schema riportato nella tabella seguente:

A - ACQUA
A1 ACQUE SUPERFICIALI TIP. DISP.
1.1 Portata corsi d'acqua P R
1.2 qualità acque fiumi, fossi, canali, laghi    
1.2.1 parametri chimici P R
1.2.2     parametri fisici parametri biologici P R
A2 ACQUE SOTTERRANEE    
2.1 Censimento pozzi e sorgenti    
2.1.1 uso civile P R
2.1.2 uso industriale P R
2.1.3 uso agricolo P R
2.2 qualità delle acque    
2.2.1 parametri chimici P R
2.2.2 parametri fisici P R
A3 CONSUMI E FABBISOGNI    
3.1 Fabbisogni idrici    
3.1.1 uso idropotabile P R
3.1.2 uso industriale I R
3.1.3 uso irriguo I NR
A4 RETI IDRICHE    
4.1 Rete acquedottistica    
4.1.1 quantità acqua immessa P R
4.1.2 quantità acqua erogata P R
4.2 Rete fognaria    
4.2.1 abitanti serviti + R
4.2.2 tipologia di rete + R
4.2.3 connessione alla depurazione + R
A5 IMPIANTI DI DEPURAZIONE    
5.1 Tipologia di trattamento + R
5.2 Potenzialità P R
5.3 Caratteristiche quantitative    
5.3.1 reflui civili P NR
5.3.2 reflui industriali P NR
5.4 Caratteristiche qualitative    
5.4.1 reflui civili P NR
5.4.2 reflui industriali I NR
AR - ARIA
AR1 EMISSIONI INDUSTRIALI TIP. DISP.
1.1 Localizzazione sorgenti + R
1.2 Fattore di provenienza    
1.2.1 processi industriali I R
1.2.2 produzione energia I NR
1.2.3 combustione rifiuti I R
1.3 Tipologia delle emissioni    
1.3.1 inquinanti I R
1.3.2 quantità emesse I NR
1.3.3 concentrazioni I NR
1.4 Regime autorizzativo + NR
1.5 Impianti di abbattimento    
1.5.1 tipologia di inquinanti P NR
1.5.2 efficienza di abbattimento P NR
AR2 EMISSIONI URBANE    
2.1 Fattori di provenienza    
2.1.1 termoregolazione P R
2.1.2 trasporti P R
2.2 Tipologia delle emissioni    
2.2.1 inquinanti P R
2.2.2 concentrazioni P R
2.3 Sistemi di monitoraggio + R
AR3 DEPOSIZIONI ACIDE    
3.1 Tipologia degli inquinanti ! NR
3.2 Concentrazioni ! NR
AR4 INQUINAMENTO ACUSTICO    
4.1 Zonizzazione acustica P R
4.2 Livelli sonori rilevati P R
4.3 Sistemi di monitoraggio I NR
C - CLIMA
C1 SISTEMA METEOCLIMATICO TIP. DISP.
1.1 Temperature + R
1.2 Anemometria I NR
1.3 Precipitazioni + R
1.4 Inversione termica ! NR
E - ENERGIA
E1 ENERGIA INDUSTRIALE TIP. DISP.
1.1 Utenze industriali    
1.1.1 caratteristiche produttive P NR
1.1.2 addetti + R
1.1.3 tipologia impiantistica I NR
1.2 Consumi    
1.2.1 energia elettrica I NR
1.2.2 tipologia combustibile fossile n R
1.2.3 uso finale P NR
1.3 Uso fonti rinnovabili - *
E2 ENERGIA CIVILE    
2.1 Unità abitative    
2.1.1 volumetria edificata P R
2.1.2 caratteristiche morfo-tipologiche P NR
2.1.3 caratteristiche tecnico-costruttive P NR
2.1.4 caratteristiche impiantistiche P NR
2.1.5 potenza installata (grandi utenze) P NR
2.2 Consumi    
2.2.1 energia elettrica + NR
2.2.2 tipologia di combustibile P R
2.3 Fabbisogni    
2.3.1 calore ! NR
2.3.2 freddo ! NR
2.4 Utenze pubbliche    
2.4.1 Tipologia impiantistica I NR
2.4.2 Potenza installata (grandi utenze) n R
2.4.3 Consumi + NR
2.4.4 Fabbisogni ! NR
2.5 Utenze commerciali    
2.5.1 Tipologia impiantistica I NR
2.5.2 Potenza installata (grandi utenze) n NR
2.5.3 Consumi + R
2.5.4 Fabbisogni ! NR
E3 EMISSIONI INQUINANTI    
3.1 Tipologia di inquinanti ! NR
3.2 Funzione urbana di provenienza ! NR
3.3 Stime complessive (CO2 eq.) ! R
3.4 Distribuzione per settori ! NR
R - RIFIUTI
R1 RIFIUTI di ORIGINE INDUSTRIALE TIP. DISP.
1.1 Utenze industriali    
1.1.1 categoria produttiva I R
1.1.2 tipologia di rifiuto I R
1.1.3 quantità prodotta P R
1.1.4 modalità di recupero/riciclaggio P R
1.1.5 modalità di stoccaggio P NR
1.1.6 modalità di smaltimento P R
R2 RIFIUTI URBANI    
2.1 Produzione Rifiuti Urbani + R
2.2 Composizione merceologica + R
2.3 Produzione grandi utenze    
2.3.1 rifiuti organici P R
2.3.2 rifiuti cartacei P R
R3 RACCOLTA DIFFERENZIATA    
3.1 Materiali raccolti    
3.1.1 sistema di raccolta + R
3.1.2 tipologia materiale + R
3.1.3 quantità raccolte per tipologia n R
3.2 Distribuzione spaziale sistemi raccolta P NR
R4 IMPIANTI DI SMALTIMENTO    
4.1 modalità di smaltimento Rifiuti Urbani    
4.1.1 quantità annue incenerite P NR
4.1.2 quantità annue smaltite in discarica P NR
4.1.3 quantità annue smaltite con altro sistema I NR
4.2 Impianti di smaltimento sul territorio in esame    
4.2.1 tipologia di impianto P R
4.2.2 quantità annue smaltite P R
4.2.3 recupero energetico P R
4.3 Scarichi abusivi sul territorio in esame I NR
S - SUOLO E SOTTOSUOLO
S1 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA TIP. DISP.
1.1 Altimetria + R
1.2 Morfologia + R
1.3 Geologia + R
1.4 Litotecnica + R
1.5 Permeabilità + R
S2 IDROLOGIA    
2.1 Reticolo idrografico    
2.1.1 fiumi + R
2.1.2 canali a scolo naturale + R
2.1.3 canali a scolo meccanico + R
2.2 Bacini di bonifica idraulica + R
2.3 Rischio idraulico + R
S3 IDROGEOLOGIA    
3.1 Piezometria + R
3.2 Vulnerabilità della falda + R
S4 SISTEMA VEGETAZIONALE    
4.1 Area produttiva + R
4.2 Area non produttiva + R
4.3 Aree boscate + R
4.4 Aree verdi attrezzate + R
4.5 Vegetazione ripariale + R
4.6 qualità paesaggistica + R
4.7 qualità vegetazionale + R
S5 VEICOLI DI CONTAMINAZIONE    
5.1 Siti da bonificare P R
5.2 Siti di stoccaggio industriale P NR
5.3 Scarichi abusivi di rifiuti I NR
S6 USO DEL SUOLO    
6.1 Aree urbane (livello di permeabilità) I NR
6.2 Cave e deposito materiali + R
6.3 Infrastrutture stradali + R
6.4 Regime vincolistico + R
AZ - AZIENDE
AZ1 AZIENDE INSALUBRI TIP. DISP.
1.1 Localizzazione + R
1.2 Classe di insalubrità + R
1.3 Tipologia produttiva + R
AZ2 AZIENDE A RISCHIO    
2.1 Localizzazione + R
2.2 Classe di rischio + R
2.3 Tipologia produttiva + R
RD - RADIAZIONI NON IONIZZANTI
RD1 ELETTRODOTTI TIP. DISP.
1.1 Tensione + NR
1.2 Localizzazione + NR
1.3 Attività comuni nelle vicinanze + NR
RD2 CABINE DI TRASFORMAZIONE    
2.1 Tensione + NR
2.2 Localizzazione + NR
2.3 Attività comuni nelle vicinanze + NR

2 SISTEMA ACQUA

Indicatori di pressione

2.1 Fabbisogno idropotabile

La fonte principale di approvvigionamento idropotabile del Comune di Arezzo è costituita da acque superficiali. Nel 1997 sono stati prelevati dal fiume Arno circa 9 milioni di metri cubi. In seguito alla entrata in funzione dell'impianto di potabilizzazione di Poggio Cuculo è stato gradualmente dismesso l'impianto in località Buon Riposo (fine 1999). Con il nuovo impianto sono stati risolti i problemi legati alla potabilizzazione delle acque dell'Arno soprattutto in periodi di secca o di torbidità del fiume poiché vengono trattate sia le acque provenienti dalla diga e sia le acque dell'Arno. Nel territorio del comune di Arezzo è presente un acquedotto storico, l'acquedotto Vasariano realizzato nel XVI secolo in buono stato di conservazione, ed è stato acquistato dal comune nel 1930 dalla confraternita dei laici, ed è servito per l'approvvigionamento idrico fino all'entrata in funzione dell'impianto di potabilizzazione di Buon Riposo.

Anno 1997 Portata annua mc Percentuale
Acque superficiali 30.000 0.3%
Pozzi 920.000 8.7%
Sorgenti 9.600.000 91%
TOTALE 10.550.000 100%

I pozzi comunali (circa 40) e le sorgenti (circa 25) sono sparsi su tutto il territorio comunale ed alimentano gli acquedotti rurali che servono le zone non raggiunte dall'acquedotto comunale. La maggior parte di queste opere sfrutta gli acquiferi presenti nel substrato roccioso; non sono infrequenti opere che sfruttano contemporaneamente falde poste su alluvioni e sul substrato roccioso. Nella piana della Chiana aretina e nella zona di Quarata gli emungimenti avvengono esclusivamente dalla coltre alluvionale. Il quantitativo di acque estratte dalla falda attraverso i pozzi è stato valutato sulla base dei dati forniti dalla Provincia di Arezzo (studi effettuati nel 1992) e facendo una stima secondo le varie tipologie di pozzo e decurtando i consumi del contributo delle derivazioni di acque superficiali.

USO CONSUMO (mc/anno)
Idropotabile 1.700.000
Agricolo 1.400.000
Industriale 3.500.000
Domestico 3.000.000
TOTALE 9.600.000
prelievi da acque sotterranee

Come risulta dalla tabella una voce importante nel bilancio della risorsa idrica sotterranea è rappresentata dai pozzi ad uso domestico la cui acqua è spesso usata per l'innaffiamento degli orti e dei giardini. Tra il 1979 ed il 1994 l'Amministrazione Comunale ha rilasciato circa 3.500 permessi per l'escavazione di pozzi considerando i permessi rilasciati in precedenza ed i pozzi realizzati abusivamente si stima in circa 10.000 le captazioni presenti sul territorio comunale ed una produzione annua pari a 300 mc/anno per pozzo. L'utilizzo dell'acqua è una pratica molto diffusa ed agli inizi degli anni ottanta, contestualmente ad un periodo di siccità, vi fu una grande richiesta di permessi di escavazione che portò l'Amministrazione Comunale a sospenderne il rilascio in attesa di un nuovo regolamento che entrò in vigore nel marzo 1991.

L'attingimento tramite pozzi dalla falda produce dei problemi molte seri relativi alla gestione e tutela degli acquiferi poiché si mettono in comunicazione le falde superficiali (più facilmente inquinabili) con quelle più profonde ciò avviene soprattutto per le opere più vecchie o mal realizzate.

Indicatori di stato

2.2 Acque superficiali

qualità delle acque

I dati sull'Arno e sul canale maestro della Chiana sono stati forniti dall'ARPAT Dipartimento provincia di Arezzo relativi agli anni 1994 -1996, in seguito elaborati dal Servizio Ambiente del Comune di Arezzo.

Nell'Arno i campionamenti vengono effettuati mensilmente nei seguenti punti: Molin di Bucchio, Ponte Toppoli, Ponte Terrossola, Buon Riposo, Ponte Acquaborra e confine di provincia.

La portata dell'Arno ricavata su una serie di dati storici (1930-1981) misurata in località Subbiano, è di 18,20 mc/sec ma nei mesi estivi scende a 2 mc/sec. Il carico inquinante stimato in abitanti equivalenti, dovuto agli insediamenti civili, alle attività industriali, ed agli allevamenti zootecnici è valutabile intorno ai 2.000.000 di abitanti equivalenti.

  • Casentino 300.000 ab.eq
  • Arezzo 400.000 ab.eq
  • Val di Chiana 860.000 ab.eq
  • Valdarno Superiore 450.000 ab.eq

Lo stato delle acque degrada procedendo da Molin di Bucchio al confine della provincia. La situazione più compromessa appare nelle stazioni a valle della città di Arezzo dovuta sia alla presenza di scarichi civili, agricoli ed industriali, ma anche alla presenza di due dighe che riducono la capacità autodepurativa del fiume.

A Buon Riposo, in prossimità delle prese acquedottistiche della città di Arezzo, le acque risultano in categoria A3 secondo il DPR 515/1982, relativo alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

Il canale Maestro della Chiana viene monitorato mensilmente da parte dell'ARPAT nelle località: Ponte Valiano, Ponte Cesa, Pratantico e alla confluenza con l'Arno. Solo le ultime due stazioni si trovano nel comune di Arezzo. Da un esame della serie storica di dati relativi alle portate misurate presso il ponte della ferrovia Firenze-Roma a circa 5 chilometri di distanza dalla confluenza con l'Arno (anni 1926 -1975) risulta di 8 mc/sec, mentre quella minima è di 0.08 mc/sec. La qualità delle acque è in condizioni assai grave, le cause sono da attribuire sia agli scarichi dei centri urbani e delle attività agricole e zootecniche localizzate in Val di Chiana, ma soprattutto allo zuccherificio con sede nel comune di Castiglion Fiorentino che produce un carico inquinante corrispondente a 428.000 ab.eq (dato Arpat 1997).

Ivalori delle sostenze azotate, del COD e dei Cloruri sono elevati e si mantengono tali fino all'immissione nell'Arno.

La qualità delle acque del torrente Castro si abbassa procedendo da monte verso valle. In particolare solo l'ossigeno disciolto ha un decremento dovuta all'immissione di carichi inquinanti e quindi si ha una attivazione di processi di ossidazione. Sono presenti anche concentrazioni significative di alcuni metalli la cui presenza è dovuta principalmente ai cicli della lavorazione dell'industria orafa molte presente nel comune di Arezzo.

La qualità delle acque del Vingone ha una situazione migliore rispetto al Castro sebbene anche loro peggiorano dalla sorgente fino alla immissione nel canale Maestro della Chiana

Il torrente Chiassa ha avuto un miglioramento della qualità con l'entrata in funzione del depuratore in località Ponte alla Chiassa, anche se da una analisi dei dati risulterebbe che molti scarichi avvengono ancora in maniera diretta.

qualità Biologica

Tra il 1994 ed il 1995 il comune di Arezzo commissionò all'allora USL né 8 (adesso ARPAT Dipartimento Provinciale di Arezzo) una indagine sui macrointerbrati come indicatori biologici della qualità delle acque. L'indagine ha riguardato i principali corsi d'acqua del territorio comunale secondo il metodo EBI (Woodiwiss 1978 modificato dal Ghetti 1986). La campagna di rilevamenti ha avuto due momenti di rilevazione, in regime idrologico di morbida (dicembre 1994 - aprile '95) e di magra (luglio - agosto '95) ed ha interessato il fiume Arno, il Canale Maestro della Chiana ed i torrenti Castro, Vingone, Bicchieraia e Chianaccia. I risultati dell'indagine vengono espressi in 5 classi di qualità (CQ) dalla prima classe (I CQ) che indica un ambiente non inquinato fino alla quinta classe (V CQ) che indica un ambiente fortemente inquinato.

Per quanto riguarda l'Arno tra Ponte Buriano e Giovi sono state implementate 4 stazioni di campionamento. Presso le stazioni del Buon Riposo e di Giovi il fiume risulta in II classe, quindi ad un livello di qualità biologica abbastanza buona. Negli anni passati sono state fatte indagini simili (anni 1982, 1983, 1985, 1987 e 1991), in particolare nel 1982 la stazione in località Buon Riposo risultava in prima classe ne discende che la qualità biologica è peggiorata di una classe.

A Ponte Buriano la qualità biologica delle acque scende fino alla IV classe ciò potrebbe dipendere dalla presenza a valle delle due dighe (La Penna e Levane), che determinano periodicamente variazioni di livello del fiume.

Anche nel canale Maestro della Val di Chiana sono state effettuate delle analisi di tipo biologico attraverso 4 stazioni per verificare l'impatto della zona industriale di S. Zeno e della città di Arezzo. Le analisi effettuate durante il periodo di morbida hanno evidenziato un pessimo stato ambientale del canale (V classe) e la bassa incidenza degli scarichi della città di Arezzo, anche perché trattati. La situazione migliora leggermente alla stazione di Pratantico ed alla stazione situata a valle del depuratore (IV Classe). I rilevamenti effettuati in periodo di magra hanno dimostrato un miglioramento in tutte le stazioni di rilevamento.

Sono state impiantate 4 stazioni anche nel torrente Castro, in località Molinelli il livello della qualità biologica è molto alto (I classe) sia in periodo di morbida che di magra. Nella stazione successiva la qualità scende fino alla III classe. Dopo aver attraversato tutta la città (in galleria) alla altezza di via Fiorentina la sua qualità scende sensibilmente fino alla V classe e tale rimane fino alla immissione nel canale della Chiana.

Il torrente Vingone ha in generale una situazione meno critica del Castro, anche perché non ha tratti coperti e ciò migliora la capacità autodepurativa, sebbene la qualità scende da monte verso valle. Alla stazione di Gragnone sia in periodi magra che di morbida non c'è inquinamento risultando in I Classe, alla stazione successiva di Bagnoro la qualità scende in II classe. In prossimità dell'ingresso in città c'è un ulteriore abbassamento della qualità delle acque (III classe in periodo di morbida e IV classe in periodo di magra). Continua il peggioramento qualitativo anche alla stazione successiva in località Maestà di Giannino (IV e V classe), mentre si ha un lieve miglioramento all'ultima stazione vicino al punto di immissione nel canale della Chiana (III classe).

Infine per il torrente Chianaccia alla prima stazione, che si trova in una zona integra, risulta una qualità molto elevata (I Classe), invece alla seconda stazione (Ceciliano) localizzata in una zona abitata e con insediamenti industriali si ha un forte abbassamento della qualità fino alla V classe.

Carta delle qualità delle acque superficiali (regime idrologico di morbida)

Carta delle qualità delle acque superficiali (regime idrologico di morbida)

Carta delle qualità delle acque superficiali (regime idrologico di magra)

Carta delle qualità delle acque superficiali (regime idrologico di magra)

2.3 Acque sotterranee

La natura geologica e morfologica del territorio ha ricadute sulla situazione idrogeologica locale. In estrema sintesi si individuano sostanzialmente due tipi di acquiferi principali:

  • il primo attestato nei depositi alluvionali e fluvio lacustri della pianura;
  • il secondo nelle formazioni rocciose dei rilievi.

Nei depositi della pianura per lo più costituiti da ciottoli, ghiaie e sabbie) l'acqua circola nella porosità interstiziale dei sedimenti. La falda freatica presente nella pianura di Arezzo è scarsamente produttiva ed è sfruttata per lo più da vecchi pozzi di grande diametro con una profondità che oscilla intorno ai 6-10 metri. Vi è una maggiore produttività idrica nella zona di Quarata (5-10 l/s) con pozzi profondi 25-30 metri. Nella zona della Valdichiana la perforazione dei pozzi deve raggiungere la profondità di 50-60 m. e comunque le portate non superano i 2-3 l/s.

Nei rilievi collinari e montuosi gli acquiferi sono costituiti dalle zone fessurate e fratturate delle rocce. In questa zona i pozzi devono raggiungere la profondità di 50-100 m. e con portate abbastanza basse (intorno 2 l/s). Le poche sorgenti presenti hanno portate basse fino ad annullarsi in estate. Un caso particolare sono le sorgenti di trabocco presenti nella fascia di Venere e Campoluci, sono tipologie di sorgenti connesse all'affioramento della falda freatica.

2.3.1 qualità delle acque sotterranee

Sono stati analizzati sia i pozzi e sorgenti comunali ad uso idropotabili che approvvigionano gli acquedotti periferici e sia i pozzi privati realizzati dopo l'adozione del nuovo regolamento comunale che prevede la realizzazione di analisi per accertare la qualità dell'acqua estratta.

Le analisi sono state condotto su due filoni:

  • analisi chimico-batteriologica eseguita dal Servizio Multizonale (ora Arpat Dip.to Prov.le di Arezzo) su campioni prelevati da pozzi e sorgenti comunali;
  • elaborazioni delle analisi compiute dai privati sui loro pozzi

In seguito a queste analisi ed elaborazioni è scaturita la carta di sintesi della qualità delle acque sotterranee del Comune di Arezzo.

Indagine sui pozzi e sorgenti comunali

Sono state svolte due analisi, la prima realizzata da un gruppo di professionisti esterni su incarico dell'Amministrazione Comunale nel 1994 ed ha riguardato le fonti di approvvigionamento idropotabile ubicate nella zona della Valdichiana aretina, la seconda realizzata nel 1995 ed ha interessato tutti le altre fonti presenti nel territorio comunale (25 pozzi e 13 sorgenti).

Per ogni fonte sono stati presi, presso il punto di rilievo, la temperatura dell'acqua di falda e dell'aria ed il potenziale redox. I campioni prelevati sono stati analizzati dal Servizio Multizonale di Arezzo (ora Arpat) che ha effettuato tutte le analisi di dettaglio sia chimiche che batteriologiche. Per ogni fonte di approvvigionamento grazie ai risultati delle analisi sono stati ricostruiti i diagrammi semilogaritmici di Schöeller Questa rappresentazione permette di riconoscere e di paragonare fra loro acque a diverso significato geochimico. Nelle rappresentazioni grafiche le fonti sono state raggruppate per zone omogenee dal punto di vista idrogeologico. Dai diagrammi si evince una certa omogeneità per quanto riguarda le caratteristiche geochimiche delle acque anche se siamo in presenza di una situazione idrogeologica molto varia del territorio comunale. Discostamenti dalle medie si hanno solo in alcune località e per certi parametri. Dal diagramma in cui sono riportate le medie relative alle varie zone si evidenzia un andamento diverso rispetto alle altre zone nell'area denominata Arno nord e che comprende i pozzi e sorgenti ubicati nell'area di Ponte Buriano-Rondine, soprattutto per gli elevati valori di ioni alcalini (sodio e potassio) e dei cloruri. La zona di Quarata e di Giovi presentano dei valori di nitrati piuttosto elevati.

Diagramma dei valori medi delle aree analizzate

Diagramma dei valori medi delle aree analizzate

qualità delle acque sotterranee del territorio comunale

Si è compiuta una elaborazione delle analisi chimiche delle acque provenienti dai pozzi ad uso privato. Attraverso la mole di dati ottenuti dalle analisi e distribuiti su tutto il territorio comunale, si è potuto ricostruire la qualità delle acque sotterranee, in particolare sono stati presi in considerazione i seguenti parametri: pH, conducibilità, durezza, ammoniaca, nitrati, cloruri che hanno permesso la costruzione di carte tematiche relative ad ogni singolo parametro. Attraverso l'analisi della variazione dei parametri geochimici si è proceduto alla costruzione di una carta che stimasse la qualità delle acque sotterranee. Per tale elaborazione si è seguito la metodologia elaborata da Civita ed al. (proposta di classificazione sintetica e mappatura della qualità di base delle acque sotterranee, pubbl. n. 994 GNDCI-CNR), rivolta alla messa punto di un metodo per la valutazione speditivi della qualità delle acque sotterranee di sistemi acquiferi complessi presenti in bacini sedimentari. Attraverso tale metodologia sono state individuate 6 classi di qualità:

ACQUE POTABILI CLASSI DI QUALITA'
Buona
Discreta
Mediocre
ACQUE NON POTABILI CLASSI DI QUALITA'
Scadente
Cattiva
Pessima

Le prime tre classi rappresentano le acque potabili in assenza di trattamento ai sensi della normativa vigente, mentre nelle altre classi sono necessari dei trattamenti per rendere potabile l'acqua.

Dalla carta della qualità delle acque sotterranee risulta che le zone con una valutazione peggiore risultano essere quelle maggiormente urbanizzate e sono: il centro urbano di Arezzo e la sua periferia, la zona di Chiani, S. Giuliano, Battifolle e Rugliano, S. Zeno, la fascia pedecollinare della Valdichiana, con massimo presso Frassineto e Poggio Ciliegio, la zona di Ceciliano e Puglia e zone più ristrette come Quarata, Marcena e Ponte Buriano).

Le zone con una buona qualità risultano essere in corrispondenza degli acquiferi attestati nelle formazioni rocciose dei rilievi montuosi e collinari. Le maggiori fonti di inquinamento sono dovute principalmente agli scarichi reflui di origine civile non serviti da depuratore o condotto fognarie perdenti oppure derivanti dall'attività agricola-zootecnica o alle caratteristiche naturali delle acque sotterranee (ambienti riducenti con ricambio lento delle acque). Bisogna considerare infine, che dato il tipo di analisi a larga scala, non sono ravvisabili quei tipi di inquinamento dovuti alle attività produttive in quanto entrano in gioco una notevole quantità di parametri chimici (metalli, solventi organici) che non vengono presi in considerazione in questo tipo di studio. Per tale motivo si è omesso il termine ottimo per rimarcare la possibilità che la qualità delle acque può essere peggiore di quella riscontrata rispetto ad una analisi con un ristretto numeri di parametri.

Indicatori delle politiche/interventi di controllo, protezione e risanamento

2.4 Rete acquedottistica

L'ATO è un consorzio di Comuni (L. n.36/1994 e L. R. T. n. 81/1995) nato con lo scopo di riorganizzare il servizio idrico di 37 comuni che rientrano nell'ambito territoriale ottimale n. 4 Alto Valdarno. Il compito istituzionale dell'ATO è di programmare, regolare e controllare la gestione del servizio idrico ed approvare la tariffa della fornitura.

La sociatà Nuove Acque S.p.A. (sociatà mista a prevalente capitale pubblico) gestisce la rete acquedottistica del comune di Arezzo dal 1/06/1999.

Rete acquedottistica (i potabilizzatori sono rappresentati dai quadratini neri)

Rete acquedottistica (i potabilizzatori sono rappresentati dai quadratini neri)

2.5 Rete fognaria e depurazione

Dal 1999 la sociatà Nuove Acque S.p.A. ente gestore dell'ATO n. 4 Alto Valdarno si occupa della gestione della intere rete fognaria comunale. Attualmente il sistema delle rete fognante confluisce i reflui ai quattro depuratori in esercizio ed ai tre in previsione. Negli anni settanta l'Amministrazione comunale attraverso il Piano Regolatore del Sistema fognario avviò una totale ristrutturazione del Sistema che prevedeva:

  • un depuratore centrale della potenzialità di 60.000 abitanti equiparati (espandibile a 90.0000), in località Casolino a servizio del centro città e delle frazioni;
  • una seria di depuratori periferici per le frazioni maggiormente distanti;
  • dei collettori per il collegamento delle reti già esistenti nelle frazioni ed i depuratori.

Dal progetto si evinceva la necessità di realizzare dei collettori che attraversando o circoscrivendo l'abitato dovevano convogliare i reflui verso l'impianto principale ed intercettare le fognature esistenti che scaricavano direttamente nel Castro e nel Vingone (i due corsi d'acqua che attraversano la città). In precedenza il tratto tombato del torrente Castro veniva considerato come un collettore fognario. Vennero realizzati la quasi totalità dei collettori principali tra il depuratore del Casolino ed il centro abitato, realizzando una cintura che ha permesso di intercettare la quasi totalità degli scarichi. Attualmente deve essere realizzata la ristrutturazione dell'intera rete interna alla città, la presenza di collettori e condotte obsolete con scarico diretto in fogna senza interposizione di fosse biologiche non fa che aumentare la possibilità di inquinamento.

Nelle frazioni l'Amministrazione Comunale, anche in assenza di un piano, ha provveduto alla costruzione di ulteriori tre depuratori periferici a servizio delle zone di:

  • Ponte a Chiani (Pratantico, Indicatore, Chiani, S. Giuliano, Poggiola, Ruscello Battifolle, area Pescaiola a valle del Vingone, S. Zeno, La Ripa di Olmo, Madonna di Mezza Strada, Olmo, S. Andrea a Pigli, Il Matto);
  • Quarata (Quarata, Ripa di Quarata, Venere, Campoluci ed in corso di completamento Ponte Buriano, Cancelli Meliciano);
  • Ponte alla Chiassa (Giovi, Borgo a Giovi, Ponte alla Chiassa, Chiassa Superiore Tregozzano).

Sono in progettazione le reti delle frazioni di Policiano, Rigutino, Vitiano, Ottavo, e Frassineto con rispettivo depuratore (fitodepurazione), altri tre fitodepuratori saranno localizzati a Ponte Buriano, Frassineto e Palazzo del Pero.

Impianto di depurazione Abitanti equivalenti potenziali Fognatura afferente Trattamento biologico secondario Corpo idrico recettore Destinazione fanghi
Loc Casolino (in fase di raddoppio) 90.000 mista fanghi attivi Torrente Castro Discarica
Loc. Ponte a Chiani 23.000 mista fanghi attivi Torrente Lota Discarica
Loc. Ponte alla Chiassa 3.500 mista fanghi attivi Torrente Chiassa Discarica
Loc. Quarata 2.100 Mista fanghi attivi Fosso Campestr Discarica
Rete fognaria con i depuratori esistenti e di progetto

Rete fognaria con i depuratori esistenti e di progetto

3 SISTEMA ARIA

La parte di relazione riguardante il Sistema Aria si è avvalsa del rapporto della qualità dell'aria nel Comune di Arezzo anno 2001 e della relazione annuale 2001 prodotta dal Centro Operativo Provinciale (C.O.P.) per il controllo della qualità dell'aria.

Indicatori di pressione

3.1 Sorgenti fisse mobili e trasporto pubblico

Il territorio comunale aretino non è interessato da fenomeni naturali di inquinamento atmosferico; dagli studi condotti, infatti, le fonti inquinanti individuate sono quelle caratteristiche di tutte le aree densamente antropizzate e riconducibili alle attività artigianali, industriali ed in riferimento al centro urbano al traffico veicolare ed agli impianti di riscaldamento.

L'inquinamento atmosferico, dipende in parte anche dalle condizioni meteorologiche che influenzano sia la diluizione o meno degli inquinanti attraverso il trasporto da parte del vento, sia le reazioni chimiche.

Le temperature elevate favoriscono lo smog fotochimico; viceversa basse pressioni con associate precipitazioni e venti abbattono gli inquinanti.

I rapporti sulla qualità dell'aria nel Comune di Arezzo vengono redatti dal Comune in collaborazione con l'ARPAT avvalendosi dei dati rilevati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria, gestita dal Dipartimento Provinciale di Arezzo - ARPAT e dei dati integrativi ottenuti con campagne di biomonitoraggio, misura del traffico e dei consumi di gas nell'area comunale.

La rete di monitoraggio della qualità dell'aria è costituita da cinque postazioni (Piazza Repubblica, Via Fiorentina, Via Acropoli, San Donato, Sede Provincia, Parco Pionta) per il rilevamento dei parametri chimici e una (Parco del Pionta: Torre di Villa Chinini) dedicata ai parametri metereologici.

In sintesi dal rapporto relativo alle due campagne condotte negli anni 1995-1996 estesi sia all'area urbana che a quella periferica emergono due aspetti:

  1. a) i dati forniti dalla rete indicano che i limiti di concentrazione previsti da normativa non sono mai stati superati anche se valori di CO N02 ed idrocarburi (tipici dell'inquinamento da traffico veicolare) sono risultati comunque abbastanza alti;
  2. b) si rileva una tendenza significativa al decremento delle concentrazioni degli inquinanti tradizionali rispetto agli anni antecedenti al 1998.

Le cause che hanno portato ad un netto miglioramento della situazione generale possono essere ricondotte alla fase di rottamazione delle autovetture non catalizzate ed alla successiva immissione nel mercato di nuove autovetture munite di marmitta catalitica ed all'operazione bollino blu per il controllo dei gas di scarico.

La situazione della città, pur non presentando valori di particolare entità rispetto agli standard di qualità dell'aria previsti dalla norma, mostra per alcuni inquinanti (ozono, benzene) valori comunque prossimi al livello di guardia e pertanto l'area urbana è da considerare a rischio di episodi acuti di inquinamento atmosferico.

Non sono presenti sorgenti fisse di tipo industriale nell'area urbana o periferica tali da produrre modifiche significative alla qualità dell'aria nella zona urbana.

Per valutare l'andamento dell'utilizzo del trasporto pubblico sono stati acquisiti dati relativi ai passeggeri trasportati ed ai chilometri percorsi su base annuale per il periodo 1994 -2001.

I dati forniti dall'ATAM sono riportati nella tabella:

  Km Passeggeri
1994 2.127.246 6.452.939
1995 2.065.983 6.207.369
1996 2.096.761 6.312.148
1997 2.107.930 6.213.436
1998 2.192.557 6.087.704
1999 2.247.766 6.012.343
2000 2.210.883 5.625.664
2001 2.142.882 5.493.469

L'analisi seguente è effettuata esclusivamente su dati relativi ai mezzi dell'Atam, il cui parco circolante è costituito da 54 autobus di varie dimensioni ma tutti alimentati a gasolio.

I chilometri complessivamente percorsi sono aumentati dal 1994 al 2001 di circa l'1%, mentre i passeggeri trasportati sono calati di circa il 15% dal '94 al 2001.

Indicatori di stato

3.2 Inquinamento Acustico

Il Comune di Arezzo nel 1993, a seguito della pubblicazione del D.P.C.M. 01/03/91 e delle linee-guida regionali D.G.R.T. 488/93, aveva pertanto costituito un gruppo di lavoro per la predisposizione di una proposta di classificazione acustica del territorio comunale; tale proposta, redatta in base ai criteri della Regione Toscana integrati con ulteriori elementi provenienti dai lavori in corso in altre regioni, è stata presentata alla Giunta Comunale che ne ha preso atto con delibera né 2258 dell'11/11/97.

La creazione del quadro conoscitivo (sorgenti di rumore, flussi di traffico, presenza di attrattori e recettori, densità abitativa e delle attività ) e la successiva formulazione della proposta di zonizzazione acustica ha rappresentato la prima fase del lavoro di pianificazione acustica della città.

Nel 1997 l'attività di controllo dell'inquinamento acustico è proseguita con una seconda fase relativa alla analisi acustica del territorio comunale.

L'analisi acustica è finalizzata a fornire un quadro della situazione acustica e delle eventuali esigenze di bonifica in funzione delle tipologie di rumore evidenziate.

A partire dalla zonizzazione acustica si produce una mappatura dei requisiti minimi di qualità acustica che devono essere garantiti al fine della tutela della salute della popolazione e delle attività, in essere e previste. La legge quadro di riferimento individua quattro fasi di attuazione per il raggiungimento dell'obiettivo sopra esposto:

  • effettuazione della zonizzazione acustica;
  • realizzazione della mappatura acustica con rilevazioni fonometriche;
  • verifica della compatibilità acustica, effettuata attraverso la sovrapposizione tra situazione pianificata e situazione reale rilevando le aree in cui il livello di rumore presente supera quello pianificato;
  • predisposizione di interventi di bonifica ambientale finalizzati a riportare il livello di rumore misurabile al di sotto dei livelli massimi stabiliti.

La metodologia generale utilizzata per la zonizzazione è quella della individuazione delle caratteristiche di ciascuna zona tenendo conto dette destinazioni di Piano Regolatore, delle varianti in itinere, dei piani particolareggiati di attuazione e della conformazione topografica del territorio.

La costruzione del quadro conoscitivo sul livello di inquinamento acustico della città si è basata su uno studio articolato in quattro sottosezioni relative alla distribuzione sul territorio dei ricettori sensibili (ospedali, case di cura, biblioteche, scuole, verde pubblico), delle grandi sorgenti acustiche (ferrovie, aeroporto, lavorazione inerti, interporto ferroviario) dei flussi di traffico e degli attrattori, allo studio delle vocazioni dei vari quartieri.

Il territorio comunale, a seguito della definizione delle classi acustiche, è stato suddiviso in più aree, in funzione dell'appartenenza di queste ad una determinata classe: le classi V e VI sono quelle a più alto rischio, la classe I è quella particolarmente protetta (in tate area per esempio è stato inserito l'ospedale di S. Donato).

Analogamente, le strade e le ferrovie sono state classificate sulla base dei flussi di traffico; può verificarsi quindi che la classificazione di una strada non sia la medesima della zona attraversata.

La fase successiva relativa alla mappatura acustica è stata affidata all'ARPAT che nel dicembre 1999 ha concluso il lavoro articolato in 600 rilievi di rumore ambientale mediante misure dirette e con stime basate su modelli diffusionali.

I campionamenti hanno interessato le zone maggiormente urbanizzate, privilegiando oltre al centro urbano i nuclei abitati delle frazioni, le zone protette e le zone industriali-artigianali (dati acquisiti durante la campagna di misure 1997/1998).

L'indagine è stata condotta sia spazialmente (circa 400 punti distribuiti in modo omogeneo sul territorio), sia temporalmente (66 postazioni). Per valutare la dinamica temporale dell'inquinamento acustico oltre a queste misure dirette sono state effettuate circa 200 stime al fine di valutare il livello equivalente nelle postazioni lungo le arterie principali di traffico.

L'analisi spaziale si è articolata attraverso 14 punti di misura rappresentanti aree delimitate dalle arterie principali di traffico: Centro storico, Fiorentina - Orciolaia, Pescaiola - Saione, Saione, Giotto, Trento - Trieste, La Catona, Zona industriale Pratacci, San Leo, Tramarino, Fiorentina, Zona industriale Pescaiola, Romana - Tortaia, Zona industriale San Zeno.

L'analisi temporale è stata condotta con campionamenti estesi a due, tre giorni in 66 postazioni con furgone posizionato in prossimità delle sorgenti di rumore (per misure di traffico e nelle aree industriali) o in prossimità dei recettori (facciate di edifici o aree residenziali).

L'indagine condotta secondo le modalità sopra riportate ha fornito i seguenti risultati:

traffico urbano: la situazione di inquinamento acustico si presenta senza sostanziali modifiche rispetto alle precedenti indagini (91-94 e 97-98) classi IV e V del D.PC.M. 14/11/97. Le aree a più bassa rumorosità sono quartieri residenziali più recenti nei quali sono assenti strade di attraversamento importanti (ad esempio nel caso del quartiere Tortaia).

centro antico: le misurazioni fanno rientrare la zona nelle classi IV-V del D.P.C.M 14/11/97; i livelli sonori sono dovuti in modo preponderante alla componente antropica per la presenza di esercizi commerciali, uffici e quindi di persone. In queste aree benché sottoposte a traffico limitato, anche il transito di pochi veicoli può innalzare significativamente il livello equivalente in quanto si tratta di vie strette sulle quali affacciano edifici elevati che possono influenzare le condizioni di rumore presenti nella strada; stante la tipologia delle vie del centro storico di Arezzo (vie in salita, fondo irregolare...) diventa anche significativo il contributo legato alle modalità di guida e alle condizioni del mezzo (marce basse, maggior sforzo del motore, mezzi, anche per servizi pubblici, particolarmente rumorosi... ).

zone industriali: i livelli equivalenti rilevati configurano una situazione generalmente non critica per le aree industriali con valori per ambiente esterno compatibili con quelli previsti dalla zonizzazione per classe IV-V a seconda della localizzazione. Qualche problema potrà invece sussistere per le zone dove il Prg ha consentito lo sviluppo residenziale in prossimità di insediamenti produttivi (per esempio se l'attività si svolge anche nel periodo notturno - zona San Leo) e per le zone dove vi è promiscuità tra residenziale e artigianale.

Per le singole aree si possono formulare le seguenti osservazioni:

  • - zona industriale di San Zeno: per tipologia insediativa si avvicina alle caratteristiche di area esclusivamente industriale o prevalentemente industriale (classe VI o V rispettivamente); i livelli trovati, comprensivi del contributo del traffico indotto dalle attività industriali, risultano compatibili con quelli previsti dalla zonizzazione.
  • - zona Tramarino: è una zona mista artigianale, servizi e insediamenti abitativi. Trattandosi di un'area con promiscuità tra abitativo e artigianale-industriale è stata individuata come classe IV e V nella proposta di zonizzazione; i livelli in ambiente esterno misurati sono compatibili con tale classe mentre qualche problema potrà emergere per i livelli differenziali negli ambienti abitativi che insistono nella zona; della promiscuità dell'area occorrerà tenere conto in particolare per l'individuazione di nuovi insediamenti produttivi.
  • - zona Pratacci - Lebole: nella zona insistono sia insediamenti produttivi che commerciali e di servizi; è interessata da infrastrutture con forte traffico: via Fiorentina sul lato nord, ferrovia lenta Firenze-Roma sul lato sud, circonvallazione sul lato est ed è attraversata da est ad ovest dal raccordo autostradale; le infrastrutture viarie si comportano come sorgenti fisse vere e proprie, in quanto interessate da volumi di traffico di circa 1.000 veicoli/ora.
    Per quello che riguarda le aree interne alla zona i livelli sono centrati nella classe 60-65 dBA; l'area presenta le caratteristiche di zona esclusivamente industriale e non presenta grossi problemi di incompatibilità acustica essendo separata da aree residenziali e non essendo stata consentita dalle norme del Piano Regolatore alcuna promiscuità produttivo residenziale.
  • - zona Fiorentina: l'area Pratacci prosegue ad est con la zona Fiorentina, dove si comincia a presentare la promiscuità artigianale-industriale e residenziale; i livelli attuali sono contenuti (nelle zone in ombra acustica rispetto alle direttrici di traffico); i punti più critici sono quelli in prossimità del raccordo autostradale e di via Fiorentina; della promiscuità dell'area occorrerà tenere conto in particolare per l'individuazione di nuovi insediamenti produttivi.
  • - zona Pescaiola: la zona è situata tra Ponte a Chiani a ovest, la Maestà di Giannino a est, la ferrovia Firenze-Roma ed il raccordo autostradale a nord, la ferrovia Arezzo-Sinalunga ed il torrente Vingone a sud. L'area comprende insediamenti produttivi, commerciali e di servizio ed in piccola parte residenziali, è attraversata da est a ovest da via B. Croce e da via P. Calamandrei (già Strada Provinciale di Pescaiola); tale asse viario rappresenta una fonte predominante della rumorosità nell'area.

L'indagine di cui sono stati riportati i risultati presenta però alcuni limiti: le misure hanno infatti una validità ridotta essendo legate ai fattori presenti al momento dell'indagine (1997/1998) e sono state effettuate esclusivamente nella fascia diurna.

Successivamente alla presentazione del lavoro sopra illustrato, sono intervenuti ulteriori fatti che hanno mutato le condizioni presenti al momento di redazione dello studio: è cambiato cioè il quadro normativo di riferimento (entrata in vigore la L.R. 89/98); inoltre bisogna considerare che è in corso di redazione il nuovo Piano del Traffico Urbano.

L'Amministrazione Comunale a seguito del nuovo quadro normativo configuratosi e delle mutate condizioni al contorno (quali la realizzazione di nuove infrastrutture assieme ad alcune modifiche apportate al Piano Regolatore Generale) sta predisponendo in collaborazione con l'ARPAT una nuova campagna di misurazioni sulla quale si baserà il Piano di zonizzazione acustica per il quale si prevede il completamento e la presentazione entro la fine dell'anno 2003.

Indicatori delle politiche/interventi di controllo, protezione e risanamento

3.3 Il sistema di monitoraggio della qualità dell'aria, i parametri monitorati e lo stato della qualità dell'aria

La rete di monitoraggio della qualità dell'aria è costituita da 5 postazioni per il rilevamento dei parametri chimici e in occasione di campagne finalizzate, da una postazione mobile.. Il monitoraggio viene effettuato mediante l'acquisizione di dati in ciclo continuo relativi alle concentrazioni di alcuni inquinanti opportunamente individuati. I parametri rilevati sono riportati nella seguente tabella:

Stazione di misura Inquinanti Classificazione
(DEC 97/101/CE)
Attivazione
001 Repubblica NOx CO PM10* traffico Luglio '92 *Aprile '98
002 Fiorentina NOx CO traffico Aprile '94
003 Acropoli NOx O3 traffico Aprile '94
004 San Donato NOx CO traffico Gennaio '99
005 Sede Provincia O3 background Gennaio '99

Questo insieme costituisce la rete urbana di monitoraggio. I dati della rete urbana confluiscono al Centro Operativo Provinciale (C.O.P) gestito dall'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale della Toscana (A.R.PA.T) che provvede a validarli quotidianamente e a trasmetterli al Sindaco. La loro elaborazione viene inviata alla Regione Toscana che redige il Rapporto Annuale sulla qualità dell'Aria. I principali inquinanti atmosferici monitorati nella rete urbana di Arezzo sono quelli che contraddistinguono un inquinamento prevalentemente da traffico e da impianti di riscaldamento civili i quali emettono in atmosfera sotto forma di vapori o particelle, C0, S0, ossidi di azoto, idrocarburi, ozono, polveri totali.

Dalle rilevazioni svolte emergono in sintesi alcuni aspetti fondamentali:

  • Per quanto riguarda il biossido di azoto si rileva un sostanziale rispetto dei valori di riferimento in tutte le postazioni. In particolare si hanno valori pressoché identici per la centralina di Piazza della Repubblica e di Via Fiorentina, mentre San Donato, e ancora di più Acropoli, si attestano su valori inferiori. La stazione di misura di Via Fiorentina si conferma quella più interessata da concentrazioni elevate.
  • I dati relativi al monossido di carbonio si attestano su valori modesti, inferiori al 50% del valore limite previsto dalla normativa e sono caratterizzati da un discreto grado di omogeneità in tutta la rete di rilevamento.
  • I risultati del rilevamento dell'ozono indicano un rispetto del limite per i valori su base oraria, sono stati superati tuttavia gli obiettivi di qualità relativi alla protezione della salute umana e di protezione della vegetazione. Il confronto tra le due stazioni (Acropoli e Sede Provincia) indica valori tendenzialmente più elevati per Acropoli, anche se con scarti piuttosto modesti. Si può comunque rilevare che i valori sono omogenei e che la distribuzione di questo inquinante è uniforme sul territorio comunale.
  • I risultati relativi alle polveri (PM10) risultano poco superiori al 50% del limite, che si riferisce al valore medio annuale.
  • Relativamente al benzene i valori risultano inferiori al 50% dell'obiettivo di qualità. I valori più elevati si registrano nei mesi invernali, caratterizzati da eventi meteorologici di inversione termica che favoriscono l'accumulo degli inquinanti al suolo, e nelle stazioni di misura di Piazza della Repubblica e di Via Fiorentina contrassegnate da volumi di traffico veicolare di una certa entità.

Si precisa che la rete di rilevamento di Arezzo non dispone di analizzatori in continuo per la determinazione del benzene, per cui i dati sono stati rilevati grazie a specifiche campagne di monitoraggio attuate mediante convenzioni che il Comune di Arezzo ha attivato con il Dipartimento Provinciale dell'ARPAT. In particolare nell'anno 2001 il monitoraggio ha previsto cinque postazioni di rilevamento, dislocate nell'area urbana: Piazza Repubblica, Via Fiorentina, Via Beato Angelico presso Acropoli, Piazza Grande e zona Tortaia.

Il monitoraggio ambientale con l'uso di centratine è stato integrato nel 1994 dal biomonitoraggio. Con questo termine s'intende il rilevamento delle alterazioni ambientali mediante l'uso di organismi viventi: in questo caso sono stati utilizzati i licheni.

L'indagine effettuata si è sviluppata con il campionamento di 18 aree (15 urbane e 3 periferiche) Dall'analisi dei risultati è stato possibile redigere una carta di qualità dell'aria dalla quale si ricava un quadro complessivamente soddisfacente, tranne qualche situazione critica in alcune zone del centro storico più densamente costruite e con grande densità di scuole e servizi. La situazione appare comunque decisamente buona soprattutto se comparata con studi analoghi effettuati in altre province toscane (ad esempio Prato e Pistoia).

Complessivamente, dall'osservazione dei dati analitici, si può notare che l'anno 2001 ha confermato una tendenza significativa al decremento delle concentrazioni di monossido di carbonio e biossido di azoto, e una sensibile tendenza all'aumento delle concentrazioni di ozono.

3.4 Valutazioni complessive

I dati registrati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria consentono di comporre un quadro informativo sufficientemente approfondito dell'andamento delle concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici nell'area urbana di Arezzo. Complessivamente si può affermare che la qualità dell'aria risulta buona, considerando anche che nei vari anni si è avuto sempre il rispetto degli standard previsti dalla normativa vigente. Considerato che la normativa comunitaria, tutt'ora in fase di adozione, prevede per alcuni inquinanti la riduzione dei valori limite per gli anni futuri è necessario progettare ed attuare un programma di interventi finalizzati alla riduzione dell'inquinamento atmosferico. A seguito del sempre più diffuso utilizzo degli impianti di riscaldamento a metano assieme alla riduzione di zolfo nei combustibili, si assiste ad un forte decremento dell'inquinamento da SO2 e da idrocarburi, tanto da essere stati esclusi dai monitoraggi effettuati dalle postazioni fisse e monitorati solo con postazione mobile in occasione di eventuali campagne mirate.

l'amministrazione Comunale ha infatti inserito tra i suoi obiettivi fondamentali la riduzione dell'inquinamento atmosferico ed ha quindi previsto nel programma triennale degli investimenti interventi che hanno come obiettivo quello di limitare l'emissione in atmosfera di agenti inquinanti in prossimità delle aree urbane.

È certamente prioritario considerare il Piano del Traffico approvato in Consiglio Comunale il 6 Gennaio 2002 e comprendere la filosofia con il quale tale strumento è stato definito.

Uno degli scopi dell'attuazione di questo piano è certamente la riduzione del flusso veicolare nel centro cittadino e la fluidificazione del traffico nelle strade urbane.

Il piano del traffico prevede difatti la realizzazione di parcheggi scambiatori da ubicare in aree limitrofe al centro, al fine di poter attuare uno scambio tra una modalità di trasporto individuale, l'autovettura privata, ed una modalità di trasporto collettiva, i mezzi pubblici. l'attuazione di tale progetto consente di diminuire notevolmente il traffico in città e quindi una consistente limitazione dell'inquinamento causato dai gas di scarico.

Il Piano del traffico prevede la sostituzione di numerose intersezioni semaforiche con rotonde di ampie dimensioni al fine di fluidificare il traffico ed evitare quindi il crearsi di lunghe code in prossimità degli incroci con la conseguente concentrazione di emissioni nocive nell'atmosfera.

La realizzazione di tali interventi è prevista e quindi finanziata nell'anno 2002 e sono ad oggi già stati approvati i progetti preliminari. Tra gli interventi più significativi si ricorda la nuova soluzione viaria nella zona Baldaccio Caserma CC, l'inserimento di una rotatoria di ampie dimensioni in via L da Vinci, l'inserimento di varie rotatorie in via Tarlati Via Santa Margherita, la realizzazione di ben 4 rotatorie nella zona di via Romana / Via Dante / Tangenziale.

Si evidenzia altresì che numerosi altri interventi sono previsti negli anni successivi e sono già stati inseriti nel programma triennale degli investimenti.

Il Piano degli investimenti prevede inoltre la risoluzione di un importante problema relativo alla presenza nel centro della città in prossimità della cinta muraria del parcheggio degli autobus. Le lamentele per le emissioni in tale zona da parte degli abitanti sono certamente molteplici e continuative. Il parcheggio degli autobus sarà spostato in una zona periferica lontano dalle abitazioni in prossimità della linea ferroviaria.

Anche alcuni progetti già in corso hanno avuto tra le linee guida l'obiettivo di allontanare dal centro storico il traffico con conseguente riduzione dell'inquinamento. Degno di essere ricordato è certamente l'ambizioso intervento in fase di realizzazione dell'Accesso a Nord , che prevede di arrivare al centro della città dopo aver lasciato la vettura in un ampio parcheggio ubicato al di fuori delle mura utilizzando un suggestivo percorso pedonale dotato di scale mobili per il superamento delle differenti quote.

È in fase di ultimazione anche il progetto delle piste ciclabili che saranno realizzate definendo un anello intorno al centro storico della città al fine di invitare i cittadini a diminuire l'uso delle auto private a vantaggio della salubrità dell'aria.

Nonostante la città di Arezzo abbia una vastissima estensione di parchi urbani sono in corso di realizzazione altri spazi verdi con inserimento di piante d'alto fusto. Si ricorda tra l'altro l'intervento in corso per la realizzazione del Parco in Via degli Accolti

4 Sistema Clima

Il sistema clima viene considerato per l'interrelazione che ha sia con il sistema Aria, per la dispersione degli inquinanti, e sia con il sistema Energia per l'effettivo bisogno di energia causata dalla necessita di regolazione del microclima abitativo e lavorativo.

Per l'analisi delle condizioni climatiche si sono utilizzati i seguenti dati:

  • dati meteorologici elaborati dalla Aeronautica Militare trentennio 1961-1990, acquisiti dal loro sito Internet.

Per l'elaborazione è stata utilizzata l'elaborazione statistica CLINO. Il termine CLINO, dall'acronimo inglese CLimate NOrmals, è un'elaborazione statistica su base trentennale (es. trentennio 1961 è 1990) per le variabili meteorologiche monitorate dalle stazioni al suolo. Il range temporale standard di riferimento è stato scelto dall'organizzazione Meteorologica Mondiale.

Nelle elaborazioni CLINO sono riportati i valori medi mensili pluriennali (tipicamente: trentennio standard 61-90) di alcune variabili meteorologiche.

Per ogni stazione vengono fornite due tabelle. Nella prima, ogni riga è costituita, nell'ordine, da:

  • - mm = mese;
  • - Tx1d = media della temperatura massima della prima decade (gradi °C);
  • - Tx2d = media della temperatura massima della seconda decade (gradi °C);
  • - Tx3d = media della temperatura massima della terza decade (gradi °C);
  • - Tx-m = media della temperatura massima dell'intero mese (gradi °C);
  • - Tn1d = media della temperatura minima della prima decade (gradi °C);
  • - Tn2d = media della temperatura minima della seconda decade (gradi °C);
  • - Tn3d = media della temperatura minima della terza decade (gradi °C);
  • - Tn-m = media della temperatura minima dell'intero mese (gradi °C);
  • - Tx>S = numero medio di giorni al mese con temperatura massima superiore o uguale a S C (conteggio);
  • - Tn<I = numero medio di giorni al mese con temperatura minima inferiore o uguale a I C (conteggio);
  • - OT>S = numero medio di ore al giorno con temperatura superiore o uguale a S C.(in ore);
  • - OT<I = numero medio di ore al giorno con temperatura inferiore o uguale a I C (in ore);

Di norma il valore di S è pari a 25 è quello di I è pari a 0 °.

medie mensili periodo anni 61 - 90
mm Tx1d Tx2d Tx3d Tx-m Tn1d Tn2d Tn3d Tn-m Tx>S Tn<I OT>S OT<I
gen 8.0 8.0 9.4 8.5 -0.7 -0.8 0.3 -0.4 0.0 16.3 0.0 4.4
feb 10.2 9.8 10.7 10.2 0.6 0.9 1.3 0.9 0.0 13.1 0.0 2.7
mar 11.6 13.2 15.0 13.3 1.4 2.1 3.3 2.3 0.0 9.4 0.0 1.3
apr 16.0 16.6 17.9 16.8 4.7 4.3 5.5 4.8 0.6 3.2 0.0 0.2
mag 20.1 21.8 22.9 21.6 7.0 8.5 9.0 8.2 6.1 0.3 0.5 0.0
giu 24.1 25.4 27.7 25.6 10.4 11.2 12.4 11.4 18.3 0.0 2.7 0.0
lug 28.7 29.6 30.6 29.6 13.0 13.8 13.8 13.6 28.1 0.0 6.8 0.0
ago 30.6 29.9 27.2 29.1 14.2 13.7 12.8 13.6 27.1 0.0 6.2 0.0
set 26.3 25.6 24.1 25.4 11.9 11.3 10.0 11.0 17.5 0.0 2.4 0.0
ott 21.8 19.8 17.1 19.5 9.0 7.7 5.6 7.4 2.3 1.4 0.2 0.1
nov 15.5 13.4 11.3 13.4 5.1 3.6 2.0 3.6 0.0 7.8 0.0 1.0
dic 9.7 9.1 8.6 9.1 1.6 0.8 0.6 1.0 0.0 13.4 0.0 2.9
Media della temperatura minima mensile

Dalla tabella soprastante si evince che il mese di gennaio è il mese più freddo soprattutto nella prima e seconda decade. Infatti la media della temperature minime si attesta rispettivamente -0,7 e -0,8 e la media della temperatura minima dell'intero mese risulta essere -0,4. Si deduce che non ci sono periodi molto freddi e lunghi.

Media temperature massime mensili

In luglio ed in agosto si hanno le temperature più elevate con la media delle temperature massime che si attestano rispettivamente a 29,6 e 29,1. Da cui si può supporre che periodi estivi torridi sono straordinari.

Nella seconda tabella ogni riga è costituita, nell'ordine, da:

  • - mm = mese;
  • - Ur% = media dell'umidità relativa (percentuale);
  • - Rtot = media della quantità di precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - R>R1 = numero medio di giorni al mese con precipitazione superiore o uguale a 1 mm (conteggio);
  • - R>R2 = numero medio di giorni al mese con precipitazione superiore o uguale a 10 mm (conteggio);
  • - Rmin = minimo della precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - Q1 = primo quintile della precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - Q2 = secondo quintile della precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - Q3 = terzo quintile della precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - Q4 = quarto quintile della precipitazione cumulata mensile (mm);
  • - Rmax = massimo della precipitazione cumulata mensile (mm);

Si precisa che i valori Q1, Q2, Q3 e Q4 indicano i valori di precipitazione cumulata mensile che non viene superata, rispettivamente, nel 20%, 40%, 60% e 80% dei casi.

mm UR% Rtot R>R1 R>R2 Rmin Q1 Q2 Q3 Q4 Rmax
gen 78 59.7 7.5 1.7 1.3 22.2 46.4 71.6 101.8 143.6
feb 74 54.6 7.4 1.7 0.6 19.4 38.8 55.8 80.2 175.0
mar 69 59.4 8.0 1.7 2.8 22.1 45.2 71.8 92.0 119.6
apr 69 61.7 8.4 2.1 15.2 21.4 39.1 53.2 95.6 164.4
mag 70 64.7 8.7 1.9 4.6 31.8 48.4 63.6 100.6 168.6
giu --- 52.4 7.1 1.6 17.2 23.5 37.6 47.4 78.9 125.8
lug 67 36.8 3.9 1.1 0.0 8.2 20.8 37.6 51.8 113.4
ago 66 50.9 5.3 1.6 0.0 15.7 42.3 56.1 68.4 139.5
set 70 61.8 5.7 2.2 0.2 33.6 44.8 59.1 78.4 248.6
ott 76 74.6 6.8 2.7 0.2 31.2 56.8 74.2 109.4 201.2
nov 78 92.5 8.4 3.2 2.0 40.6 78.6 98.1 122.6 373.8
dic 79 71.8 8.0 2.2 6.3 26.0 53.0 77.9 104.4 219.2
anni effettivamente elaborati:
61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75
76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90

Nella tabella precedente sono riportati i dati relativi alle precipitazioni. Il mese di novembre è il mese più piovoso con una media della quantità di precipitazione cumulata mensile pari a 92,5 mm. Seguito dal mese di ottobre e dicembre con rispettivamente 74,6 mm e 71,8 mm di pioggia.

La stagione invernale (Dicembre-Marzo), che è particolarmente interessata dai fenomeni di inquinamento, presenta una piovosità media di 61 mm.

Massimo della precipitazione cumulata mensile Grafici delle temperature e delle precipitazioni

Grafico temperature medie mensili.

La linea continua in rosso/blu rappresenta l'andamento delle temperature massime/minime (medie mensili) in °C calcolate su un campione statistico di 30 anni di osservazione. Il periodo di riferimento è 1961-1990, stabilito per convenzione dall'Organizzazione Mondiale per la Meteorologia (WMO). Per ogni mese è riportata la deviazione standard del parametro.

Grafico precipitazioni medie mensili.

L'istogramma in ciano rappresenta in millimetri la media delle precipitazioni mensili cumulate per il periodo di riferimento standard W.M.O. 1961-1990. Il simbolo * indica le precipitazioni cumulate durante i mesi dell'anno in corso.

Grafico temperature estreme giornaliere.

La linea continua in rosso/blu rappresenta le temperature estreme massime/minime registrate durante il mese.

Grafico precipitazioni giornaliere

Il simbolo * rappresenta in millimetri la quantità di precipitazione registrata dallo strumento.

5 Sistema Energia

Indicatori di pressione

Per questo capitolo si è preso in considerazione il consumo di combustibili fossili dovuto ad un utilizzo di tipo civile e di tipo industriale.

In particolare si è pensato di utilizzare come parametro il consumo del Gas Metano. Sono stati utilizzati i dati provenienti dalla sociatà Coingas s.p.a. responsabile di tale servizio. Dal database di fatturazione si sono estratti i dati relativi al numero di utenti ed il consumo in metri cubi per un periodo compreso tra il 1995 ed il 2002. Le tipologie d'uso considerate, come si evince dalla tabella, sono:

  • uso domestico;
  • uso riscaldamento;
  • artigianato;
  • industria.
Statistiche Utenti Gas metano Comune di Arezzo
Statistiche Utenti Gas metano Comune di Arezzo
Data Uso Cucina Uso Riscaldamento >Artigianato Industria
  Utenti Mc Utenti Mc Utenti Mc Utenti Mc
1995 6.984 1.334.136 20.130 27.878.812 815 2.639.747 253 1.821.887
1996 6.770 1.267.822 20.726 24.822.648 829 2.379.380 269 1.730.842
1997 6.598 1.196.104 21.534 24.340.435 846 2.168.695 276 2.189.899
1998 6.527 1.159.852 22.330 25.358.753 870 2.234.712 290 2.191.840
1999 6.425 1.099.765 23.153 28.501.927 890 2.312.539 310 2.358.714
2000 6.328 1.177.033 23.839 29.472.369 922 2.472.685 329 2.866.452
2001 6.249 1.165.483 24.683 30.200.132 928 2.425.308 346 3.069.280
2002 6.211 1.109.506 25.627 31.884.199 940 2.402.085 351 3.084.479
Totale Statistiche Utenti Gas
Totale Statistiche Utenti Gas
Data Utenti Consumo
  Totale Totale Mc
1995 31.269 55.723.484
1996 31.708 50.396.809
1997 32.394 48.095.446
1998 33.168 49.319.862
1999 33.977 53.717.090
2000 34.663 54.603.796
2001 35.529 55.350.365
2002 36.444 57.148.844

Analizzando i dati della tabella risulta evidente un aumento complessivo degli utenti con un conseguente aumento del consumo di metano che passa da 55.723.484 metri cubi consumati nel 1995 a 57.148.844 metri cubi consumati nel 2002 con un aumento assoluto di 1.425.360 mc pari ad un incremento percentuale del 2,55%. Nello stesso periodo gli utenti sono passati da 31.269 nel 1995 a 36.444 nel 2002 con un incremento assoluto di 5.175 utenze pari ad un incremento percentuale del 16,5%.

Consumi totali (Mc)

Appare evidente dal grafico soprastante come i consumi abbiano avuta inizialmente un decremento ed in seguito dopo il 2000 si è avuto un aumento.

Analizzando i dati per tipologia d'uso si nota come il consumo domestico (uso cucina) sia in realtà diminuito da 1.334.136 metri cubi del 1995 a 1.109.506 mc del 2002 con una diminuzione di 224.630 mc pari ad una riduzione percentuale del 16,8%. Parimenti nello stesso periodo le utenze sono passate da 6.984 del 1995 a 6.211 del 2002 con una decremento di 773 utenze pari ad un decremento percentuale dell'11%.

Consumi per uso cucina

Relativamente all'uso per il riscaldamento si denota un forte aumento sia in termini di consumo che di utenze. Infatti si passa da un consumo di 27.878.812 metri cubi nel 1995 a 31.884.199 mc nel 2002 con un aumento assoluto di 4.005.387 mc pari ad un incremento percentuale del 14,3%. Nello stesso periodo gli utenti aumentano da 20.130 nel 1995 a 25.627 nel 2002 con un aumento di 5.497 utenze pari ad un incremento del 27,3%.

Consumi per uso riscaldamento

Con riferimento all'artigianato si osserva come a fronte di un iniziale aumento degli utenti si ha una diminuzione di consumo in termini di metri cubi. In seguito, sebbene le utenze siano continuate ad aumentare, si è riscontrato un aumento dei consumi, ma sempre inferiore al dato iniziale. Più precisamente nel 1995 si consumavano 2.639.747 mc mentre nel 2002 si è avuto un uso di 2.402.085 mc, con un decremento assoluto di 237.662 mc pari ad una diminuzione del 9%. Nello stesso periodo le utenze passano da 815 nel 1995 a 940 del 2002 con un accrescimento assoluto di 125 utenze pari ad un avanzamento percentuale del 15,3%.

Consumi per uso artigianale

Infine anche nel settore industriale si è avuto un accrescimento dei consumi e di utenze. Difatti nel 1995 si sono consumati 1.821.887 metri cubi e nel 2002 3.084.479 mc con un accrescimento assoluto di 1.262.592 pari ad un aumento percentuale del 69,3%. Nello stesso intervallo temporale le utenze passano da 253 nel 1995 a 351 nel 2002 con un aumento assoluto di 98 utenti e con un progresso percentuale del 38,7%.

Consumi per uso industriale

Dalle osservazioni sopra riportate si desume un forte incremento dei consumi di metano dovuto sia al settore industriale e sia all'uso per il riscaldamento, mentre è in atto una diminuzione dei consumi per uso domestico (uso cucina). Tra il 1995 ed il 2002 si è avuto una prima flessione dei consumi per poi aumentare di nuovo a cavallo dell'anno 2000, soltanto nel settore industriale si ha una tendenza all'aumento dei consumi pressoché continua.

Metanodotti

Metanodotti

6 Sistema Rifiuti

6.1 Normativa

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto Ronchi) ha profondamente modificato il precedente assetto normativo nazionale definito dal D.P.R. 915/1982, recependo integralmente nell'ordinamento nazionale le strategie comunitarie sulla gestione dei rifiuti al fine di assicurare, nell'ottica dello sviluppo sostenibile, un'elevata protezione ambientale e una limitazione nel consumo delle risorse naturali.

Altri riferimenti normativi sono: il Decreto Ministeriale 19 novembre 1997, né 503 pubblicato in GU 29 gennaio 1998, n°23; entrato in vigore il 13 febbraio 1998; la Legge Regionale n°25/1998; il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana - B.U.R.T. n°26 del 28/06/2000 Supplemento Straordinario n°91; il Regolamento Comunale dei Servizi di smaltimento dei rifiuti urbani approvato dal Consiglio Comunale di Arezzo con deliberazione né 314 del 13/03/1985 ed il Regolamento Comunale per l'Applicazione della Tariffa per la gestione del ciclo dei rifiuti urbani

Il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti è il documento programmatico per lo sviluppo della gestione dei rifiuti nella Provincia di Arezzo. In esso sono individuate, ai sensi del D.Lgs. né 22/1997 "Decreto Ronchi", le linee guida per i flussi di conferimento dei rifiuti solidi urbani dell'intera provincia. Nel Piano sono riportati gli impianti di trattamento e smaltimento esistenti e le aree nelle quali dovranno localizzarsi, a seguito valutazione di impatto ambientale, gli impianti da realizzare. Sono inoltre definiti i tempi di attuazione del programma per la definizione dell'Ambito Territoriale Ottimale ai sensi del suddetto D.Lgs. né 22/97.

A livello normativo i rifiuti sono classificati in base alla provenienza in "urbani" e "speciali", ed entrambi, in relazione alla composizione, in "pericolosi" e "non pericolosi". In estrema sintesi sono urbani i rifiuti di provenienza domestica o a essi assimilati e raccolti dal pubblico servizio. Sono speciali tutti i rifiuti prodotti da attività economiche.

6.2 Produzione di rifiuti, raccolta differenziata e smaltimento

I comuni della Provincia solo negli ultimi anni hanno iniziato ad intraprendere forme di gestione diverse dalla gestione in economia diretta affidando, talvolta, l'esecuzione dei servizi ad imprese specializzate o alla Comunità Montana.

Dalle difficoltà di gestione dei servizi di raccolta e trasporto dei RSU organizzate a livello comunale, indice delle quali è la tendenza all'affidamento in concessione di cui sopra, nasce la necessità di prevedere un sistema integrato di gestione dei servizi di igiene urbana inserito in un contesto territoriale che superi le barriere comunali assicurando una prospettiva di razionalità, economia ed ottimizzazione tecnica dei servizi, oltre al rispetto delle nuove disposizioni normative in materia.

Nel 1997 è stata costituita A.I.S.A S.p.A. come sociatà a prevalente partecipazione azionaria del Comune di Arezzo, in esecuzione della deliberazione del Consiglio Comunale né 279 del 23.10.1996, per la gestione dei servizi pubblici di igiene ambientale della città (spazzamento stradale, raccolta rifiuti, valorizzazione delle raccolte differenziate e trattamento finale dei rifiuti). L'affidamento in concessione dei servizi di igiene ambientale è disciplinato dal Contratto di Servizio tra A.I.S.A. S.p.A. e il Comune di Arezzo. A.I.S.A. S.p.A. si prefigge di garantire all'utente la qualità del servizio in tutto il territorio servito, coniugandola con la salvaguardia delle risorse e dell'ambiente.

Negli ultimi anni la produzione dei rifiuti è andata crescendo sia in peso che, soprattutto, in volume a causa dell'uso sempre maggiore degli imballaggi per il confezionamento della merce. Nella tabella seguente, dove è riportato l'andamento della produzione dei rifiuti nel comune di Arezzo, si deduce che a partire dal 1994 c'è stata una leggera riduzione nella produzione di rifiuti e che la raccolta differenziata ha un trend in crescita.

  1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002
Abitanti 91862 91569 91636 91602 91456 91301 91729 92297 92567
Rifiuti Urbani (T) 39085.7 38018.5 36867.1 37948.1 40080 43044 43606,6 44272,4 45232,4
Raccolta diff. (T) 2264.61 4602.66 5144.67 5804.2 6747,5 7165,14 9013,9 10986,5 10993,8
Rac.Diff. 5.48 10.80 12.25 13.26 S. D S. D S. D S. D S. D
RSU/ab (Kg) 425.48 415.19 402.32 414.27 S. D S. D S. D S. D S. D
Rac.Diff.
/ab (Kg)
24.65 50.26 56.14 63.36 S. D S. D S. D S. D S. D
Carta
/ab (Kg)
17.04 43.58 46.86 51.00 S. D S. D S. D S. D S. D
Vetro
/ab (Kg)
7.01 5.87 6.78 8.21 S. D S. D S. D S. D S. D
Plastica
/ab (Kg)
0.43 0.60 2.20 1.88 S. D S. D S. D S. D S. D
Allum.
/ab (Kg)
0.04 0.05 0.05 0.11 S. D S. D S. D S. D S. D
Pile
/ab (Kg)
0.07 0.06 0.07 0.06 S. D S. D S. D S. D S. D
Farmaci
/ab (Kg)
0.03 0.03 0.03 0.03 S. D S. D S. D S. D S. D

S. D senza dato

La fase di conferimento dei rifiuti, talvolta, avviene nei centri storici attraverso l'impiego di contenitori a perdere, generalmente sacchetti, da raccogliere porta a porta, mentre con l'impiego di cassonetti o altri contenitori, prevalentemente in lamiera zincata, di capacità variabile, ma nella maggior parte dei casi pari a 1.100 l., per l'effettuazione del servizio in tutte le altre aree di raccolta (altre aree urbane, zone industriali, case sparse).

Negli ultimi anni i compattatori tradizionali sono stati progressivamente sostituiti dagli autocompattatori mono-operatore che, attualmente, svolgono la quasi totalità dei servizi di raccolta dei cassonetti. Nei centri storici la raccolta viene effettuata tramite l'impiego di più piccoli mezzi come veicoli a tre ruote con motore a scoppio o diesel o veicoli a quattro ruote di modesto ingombro come mini-compattatori, camioncini, furgoni.

La raccolta normalmente interessa i giorni feriali con rare eccezioni di raccolta effettuata durante le festività oltre che nei casi di più giorni festivi consecutivi.

Dal 1994 i rifiuti solidi urbano vengono portati alla discarica controllata regionale di "Podere il Pero", posta nel comune di Castiglion Fibocchi.

Ai comuni spettava l'onere di istituire obbligatoriamente, entro il 27/04/1988, il servizio di raccolta e smaltimento dei RUP.

Il Comune di Arezzo si è dimostrato il capofila nel definire le linee dell'organizzazione della raccolta differenziata della Provincia con il "Piano di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili", redatto negli anni 1989/1990, contenente molteplici valutazioni sulle qualità e quantità dei rifiuti prodotti nel territorio comunale, sui sistemi di raccolta e trasporto, sulle situazioni delle attività di recupero e riciclaggio in Toscana e sulle esperienze italiane sul campo della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Lo stesso Comune ha avviato una serie di iniziative operative di carattere tecnico, pianificatorio ed educativo.

La raccolta differenziata è stata affidata ad una ditta privata e viene effettuata con due circuiti paralleli il primo è rivolto alle utenze domestiche tramite campane distribuite sul territorio in circa 140 "ecostazioni", il secondo si rivolge alle grandi utenze ed è effettuato sia con contenitori (cassonetti, bidoncini e trespoli) e sia con il metodo porta a porta. Nel primo circuito vengono raccolte separatamente: la carta, vetro, lattine in alluminio, contenitori per liquidi in plastica, nel circuito Grandi utenze viene raccolto: carta e cartone, vetro, ed alluminio. Inoltre vengono raccolte: pile, farmaci scaduti e contenitori etichettati "T" e/o "F".

Impianto Integrato di San Zeno (AR)

L'Impianto integrato di selezione, compostaggio e combustione con recupero di energia elettrica realizzato dal Comune di Arezzo per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (r.s.u.) e assimilabili (r.s.a.) dei comuni del bacino XI della provincia di Arezzo, si compone di più linee di trattamento del rifiuto in ingresso, integrate fra loro per il recupero differenziato delle varie componenti e del capitale energetico del rifiuto (metalli, compost, energia elettrica), suscettibili di riconversione nel ciclo produttivo ed ambientale.

La disposizione e il dimensionamento delle sezioni funzionali dell'impianto sono state progettate tenendo conto di un'ampia possibilità di combinazioni delle caratteristiche merceologiche delle correnti di rifiuto in ingresso all'impianto, onde assicurare nel tempo flessibilità di esercizio e facilità di gestione. La realizzazione dell'impianto è avvenuta nel pieno rispetto delle disposizioni normative nazionali e regionali emanate nello specifico settore, compreso l'immediato adeguamento alle ultime prescrizioni sulle emissioni atmosferiche di impianti di incenerimento dettate dal D.M. n. 503/97. Le sezioni funzionali di processo costituenti l'insieme del ciclo tecnologico di trattamento del rifiuto nell'impianto, sono le seguenti:

  • - Ricevimento e selezione meccanica dei rifiuti;
  • - Combustione della frazione a più alto potere calorifico;
  • - Trattamento dei fumi di combustione;
  • - Ciclo termico e recupero energetico;
  • - Compostaggio e raffinazione della frazione organica;

6.3 Discariche da bonificare

Di seguito gli impianti di trattamento e smaltimento definitivo rifiuti di cui al Piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento rifiuti approvato con Del. GRT n.100 del 22/03/1988 e individuati nell'ambito del Piano di bonifica dei siti inquinati di cui alla L.R. 29/93

  • - Discarica in Loc. Casolino del Comune di Arezzo (cod.AR28);

Per tale discarica, nel citato Piano, è stata rilevata la necessità di interventi di bonifica a breve termine. l'area sopra individuata è soggetta alle disposizioni di cui alla LR 29/93 che prevede alcuni vincoli di carattere urbanistico all'utilizzazione delle aree stesse.

In particolare l'art. 3 dispone che:

  • - dovranno essere sottoposte ad interventi di bonifica sulla base di specifici progetti redatti a cura del soggetto cui compete la bonifica in conformita' alle prescrizioni della presente legge e del piano regionale di bonifica delle aree inquinate;
  • - l'eventuale utilizzazione prevista dagli strumenti urbanistici, è condizionata alla preventiva esecuzione del progetto di bonifica previsto dall'art. 4. In tal senso, il rilascio della concessione edilizia è subordinato alla certificazione rilasciata dalla Giunta regionale ai sensi dell'art. 4, quinto comma;
  • - nel caso che gli interventi di bonifica siano eseguiti in contemporanea con interventi urbanistici viene rilasciata concessione condizionata stabilendo il rilascio della licenza di abitabilità o agibilità da parte del sindaco subordinatamente all'esibizione della certificazione dell'avvenuta bonifica;
  • - le varianti ai piani regolatori generali sono consentite purché le relative norme di attuazione prevedano l'obbligo della bonifica prima dell'esecuzione degli interventi ammess.

Il Consiglio Regionale con la delibera né 384 del 21 dicembre 1999 ha approvato il Piano Regionale di gestione dei rifiuti - Terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate. Per il comune di Arezzo non risultano siti da bonificare a breve termine (allegato 2 al piano "anagrafe dei siti da bonificare a breve termine"), mentre è presente un sito nell'allegato 3 "anagrafe dei siti da bonificare a medio termine" in località San Filippo Cella classificato come tipo: area industriale. Un altro sito è presente nell'allegato 4 "anagrafe dei siti con necessità di approfondimento" denominata Casolino S. Leo e classificato come discarica. Nell'allegato 6 "siti esclusi dall'elenco delle aree da bonificare" sono presenti i siti da escludere dall'obbligo di interventi di bonifica e nel caso del Comune di Arezzo sono presenti 3 siti:

  • - strada comunale Montone classificato come discarica;
  • - in località Ponte Buriano sito denominato Stabilimento ex-Gerace classificato come area industriale;
  • - in località S. Zeno sito denominato area industriale di S. Zeno e classificato come area industriale.

6.4 Delimitazione dell'Ambito Territoriale Ottimale

Uno degli aspetti innovativi contenuti nel Decreto legislativo 22/1997 è la previsione di cui all'art. 23 in merito alla gestione dei rifiuti urbani in "ambiti territoriali ottimali" (per brevità chiamati ATO), la dimensione dei quali, salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, viene fissata nel livello provinciale.

Il primo comma dell'art. 23 del D.Lgs. 22/1997, prevede la corrispondenza degli ATO con le province, salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale.

Con la Legge Regionale 25/1998 (art. 24), la Regione Toscana per i comuni compresi nella Provincia di Arezzo, ha confermato l'istituzione di un unico ATO (ATO 7) ad esclusione del comune di Sestino.

Il nuovo Piano di gestione dei rifiuti nasce da una accurata indagine sulle produzioni e sulle modalità e possibilità di smaltimento attuali al fine di individuare le aree problematiche e le carenze esistenti.

Le proposte contenute nel presente nuovo Piano hanno come obiettivo quello di concentrare i rifiuti in un limitato numero di impianti costituenti un unico "sistema integrato di livello sovracomunale", conformemente a quanto previsto dal Dlgs 05/02/1997, n. 22, modificato ed integrato con il D.Lgs. 08/11/1997, n. 389, dalla LR 25 del 18/05/1998 e dal Piano regionale di gestione dei rifiuti.

Come fulcro dell'intero sistema di gestione dei rifiuti a livello provinciale viene utilizzato l'impianto integrato di selezione, compostaggio ed incenerimento in località S. Zeno del Comune di Arezzo, affiancato dagli impianti di servizio in località Il Pero del Comune di Castiglion Fibocchi e in località Casa Rota del Comune di Terranuova Bracciolini.

7 Sistema Suolo e Sottosuolo

7.1 Geomorfologia

Il territorio comunale di Arezzo, come risultato dei fatti geologici, tettonici e climatici, che lo hanno interessato e che ne hanno determinato l'attuale conformazione, si presenta con due aree distinte sia per le caratteristiche geomorfologiche che litologiche:

  • l'area collinare - montana, il cui substrato è costituito da depositi turbiditici arenacei e marnosi costituenti le formazioni delle "Arenarie del Falterona" e "Arenarie del Cervarola"
  • l'area di pianura costituita dai depositi fluvio-lascustri all'interno della quale per motivi sia geologico-deposizionali che morfologici devono essere distinte due aree, separate dalla soglia strutturale di Chiani, la "Piana di Arezzo" e la "Piana della Chiana aretina".

- Il territorio collinare-montano sia per la natura geomorfologica che per l'assetto strutturale si presenta generalmente stabile, non sono infatti presenti aree instabili di grosse dimensioni; la stabilità dell'area è inoltre documentata dalla mancanza totale di località del territorio comunale inserite nell'elenco allegato alla L n°183/89 e successive modifiche dove vengono individuate le aree classificate in pericolosità geologica elevata.

In alcune zone del territorio dove l'accumulo di materiale detritico, derivante dal disfacimento del substrato lapideo, ha portato la formazione di spesse coltri detritiche si sono verificati dei movimenti di limitata entità. Le concause che hanno contribuito all'innesco dei movimenti gravitativi, oltre alla presenza di queste spesse coltri detritiche, sono fattori destabilizzanti quali la giacitura degli strati a franapoggio oltre che le forti pendenze mentre il fattore di innesco dei movimenti è generalmente da ricercarsi in un evento meteorico di una certa importanza.

Le aree dove sono presenti questi movimenti sono la zona posta in destra idraulica del torrente Vingone, tratto montano e lungo il versante del monte di Lignano che guarda verso la Val di Chiana.

La "Piana di Arezzo" altimetricamente è impostata alla quota di 250-260 m. s.l.m. ed è attraversata da una serie di corsi d'acqua che defluiscono direttamente in Arno oppure nel canale Maestro della Chiana.

Il fiume Arno nel tratto aretino scorre incassato nel materasso alluvionale da esso stesso deposto con un livello medio più basso di circa 30-40 m rispetto la quota media della pianura pertanto il tratto finale dei corsi d'acqua quali in t. Chiassa, t. Castro, t. Vingone, t. Sellina, risulta essere fortemente incassato; lungo le scarpate dei torrenti e delle aste fluviali principali si sono impostati dei movimenti gravitativi anche di notevoli dimensioni quali quello posto in Loc. Pod. Ortali nei pressi del Canale Maestro della Chiana.

Diversamente la "Piana della Chiana aretina" è impostata ad una quota di 240-250 m s.l.m. ed è interessata da una serie di opere che la hanno interessata in tempi storici recenti. Le opere in oggetto sono da ricondursi tutte alle opere di bonifica che ha permesso alla valle di perdere il suo aspetto palustre; le opere in oggetto si sono completate con la realizzazione dl canale Mastro della Chiana opera che convoglia tutte le acque drenate verso il bacino del fiume Arno.

I depositi olocenici dell'area oltre che le alluvioni recenti presentano infatti dei litotipi limosi non consolidati riconducibili alle opere di colmata eseguite durante i lavori.

Data la morfologia piatta dell'area non sono presenti in questa parte del territorio comunale problematiche connesse alla stabilità dei versanti mentre viste le condizioni topografiche nelle aree centrali del bacino vengono a generarsi, in condizione di eventi meteorici estremi, fenomeni di esondazione e di ristagno; le cause di tali episodi vanno sicuramente ricercate nella mancanza di regolari e ricorrenti opere di manutenzione degli alvei fluviali che con il tempo tendono ad interrarsi.

7.2 Geologia e Litologia

Il territorio comunale di Arezzo da punto di vista geologico e geomorfologico è distinguibile in due aree nettamente distinte sia per caratteristiche litologiche che geomorfologiche; tale suddivisione è il risultato di fattori geologici, tettonici e climatici:

- nell'area collinare-montana, posta nella parte sud orientale del territorio comunale, affiorano i litotipi torbiditici, arenacei e marnosi costituenti l'unità Cervarola-Falterona che comprende tra le altre, le formazioni delle "Arenarie del Falterona" e "Arenarie del Cervarola".

Le Arenarie del Monte Falterona (Oligocene - Miocene medio), non costituiscono in realtà, una "formazione" in senso stretto, ma piuttosto a causa della loro variabilità, un "complesso formazionale", costituito da più litofacies; in linea generale possiamo però descrivere tale formazione come costituita da un flysch di origine turbiditica formato dall'alternanza di arenarie quarzoso-felspatiche, di siltiti ed argilliti scistose. Gli strati arenacei hanno di solito rilevante spessore, quasi mai inferiore a 50 cm, ma talvolta superiore anche ad alcuni metri, esiguo invece il contributo degli interstrati argillitici e siltitici. Molto evidente la selezione granulometrica delle bancate di arenaria, con passaggio graduale dalla base al tetto dello strato, ad elementi sempre di minor diametro fino a sfumare nella componente scistosa.

Per la sua natura mineralogica la roccia possiede una notevole gelività ed una non elevata resistenza alla disgregazione, per tale motivo è spesso presente uno strato di alterazione di spessore talvolta non trascurabile. Di solito le arenarie sono interessate da fratture normali rispetto ai piani di stratificazione, le quali si esauriscono generalmente nell'ambito di ciascun singolo strato. In aree a particolare acclività i blocchi che si formano a causa di questo tipo di fratturazione frequentemente si staccano e scorrono lungo gli interstrati argillitici arrestandosi a valle o lungo i pendii dove possono essere rinvenuti.

Le Arenarie del Monte Cervarola (Miocene medio)sono costituite essenzialmente da siltiti argillo-scistose e arenarie torbiditiche fini quarzoso-feldspatiche con subordinate alternanze marnose; si trovano generalmente a tetto delle Arenarie del Falterona e differiscono da queste ultime perché contengono sporadica dolomite clastica, inoltre sono ricche di mica bianca. (Oligocene superiore - Miocene medio). Gli spessori degli starti delle Arenarie del Cervarola, superano raramente la potenza di un metro, più frequenti sono gli spessori dai 20 ai 50 cm. Risalendo la serie i tipi litologici marnosi siltosi e argillosi divengono sempre più abbondanti e gli strati arenacei più sottili e a grana più fine. La parte alta della Formazione è riconoscibile sul terreno per la presenza di liste di selce nera e straterelli calcarenitici di spessore 10-15 cm, molto duri.

- l'area di pianura è costituita dai depositi fluvio-lascustri all'interno della quale per motivi sia geologico-deposizionali che morfologici devono essere distinte due aree, separate dalla soglia strutturale di Chiani, la "Piana di Arezzo" e la "Piana della Chiana aretina".

La "Piana di Arezzo" altimetricamente è impostata alla quota di 250-260 m. s.l.m. ed è attraversata da una serie di corsi d'acqua che defluiscono direttamente in Arno oppure nel canale Maestro della Chiana.

Il fiume Arno nel tratto aretino scorre incassato nel materasso alluvionale da esso stesso deposto ad un livello mediamente più basso di circa 30-40 m rispetto la quota media della pianura, pertanto il tratto finale dei corsi d'acqua quali in t. Chiassa, t. Castro, t. Vingone, t. Sellina, dovendo raccordarsi con l'asse di drenaggio principale (f. Arno), risulta essere fortemente incassato.

L'azione erosiva operata dai torrenti ha permesso di ricostruire la successione sedimentaria continentale del bacino di Arezzo che risulta costituita da:

  • - "Argille di Quarata" depostesi direttamente sul substrato roccioso preneogenico e costituite da argille lacustri di colore grigio-azzurre compatte con intercalazioni di lignite; queste sono state successivamente interessate da movimenti tettonici che le hanno tiltate pertanto risultano in discordanza angolare rispetto la formazione sovrastante che risulta essere la:
    • - Formazione dei "Ciottoli del Maspinoquot;, costituita da ciottolami, ghiaie in matrice sabbiosa e sabbie con ciottoli di ambiente fluviale; tale formazione risulta essere di notevole importanza in quanto oggetto di estrazione intensiva di inerti da costruzione con impianti ubicati soprattutto nell'area di Quarata dove lo spessore di detti depositi è massimo.
  • La successione sedimentaria si sviluppa quindi con i
    • - "Depositi di chiusura dei bacini fluvio-lacustri" rappresentati litologicamente da materiali fini quali sabbie, limi ed argille e quindi dai "Depositi alluvionali terrazzati recenti".

Diversamente dalla successione della "Piana di Arezzo" la "Piana della Chiana aretina" risulta articolata partendo dai "Depositi fluvio-lacustri" pleistocenici giustapposti al substrato preneogenico costituito dalle "Arenarie del Cervarola" ; a queste seguono le "Alluvioni antiche" e quindi le "Alluvioni recenti".

La semplicità del succedersi dei litotipi di fatto non corrisponde ad una reale semplicità del modello deposizionale poiché la sequenza di deposito risulta continuamente interrotta da fatti locali che dimostrano la notevole incidenza di questi rispetto al modello generale.

7.3 Idrologia

Il comune di Arezzo, gravita sul bacino del Fiume Arno e sul relativo sottobacino della Val di Chiana; questi occupano un'area in cui attività produttive ed insediamenti civili sono variamente concentrati; la qualità delle acque è quindi ovviamente condizionata dall'insieme dei prelievi e delle restituzioni a cui il fiume è soggetto. Il principale affluente dell'Arno all'interno del territorio comunale, è il Canale Maestro della Chiana.

La contaminazione chimica delle acque è causata soprattutto da scarichi civili e produttivi non depurati in modo adeguato e da tutte le sostanze, come fitofarmaci e fertilizzanti, che vengono utilizzate in agricoltura in quantitativi sproporzionati alla reale richiesta delle colture che si ritrovano nelle acque per infiltrazione o dilavamento.

La contaminazione microbiologica è dovuta essenzialmente allo scarico di reflui civili e zootecnici non depurati. Tali scarichi hanno cariche microbiche molto elevate, in cui possono essere presenti anche specie patogene per l'uomo. Se queste acque vengono immesse in un corpo idrico, senza idonea depurazione, si può determinare un grave inquinamento, con rischio di epidemie se il corpo idrico viene utilizzato per l'approvvigionamento idropotabile.

Lo studio dello stato di qualità dei due principali corsi d'acqua del territorio comunale di Arezzo, l'Arno ed il Canale Maestro della Chiana, si basa sull'analisi dei dati forniti dall'u.O. Igiene Ambientale e U.O. Chimica Ambientale dell'ARPAT Dipartimento Provinciale di Arezzo.

Nell'Arno i campionamenti vengono effettuati mensilmente nei seguenti punti: Molin di Bucchio, Ponte Toppoli, Ponte Terrossola, Buon Riposo, Ponte Acquaborra e confine di Provincia.

Lo stato di qualità delle acque dell'Arno degrada procedendo da Molin di Bucchio al confine di provincia, in relazione alla presenza di tutti gli scarichi civili, agricoli ed industriali che il fiume riceve lungo il suo percorso. La situazione appare più compromessa nelle stazioni situate a valle della città, poiché, oltre l'impatto dovuto ai reflui urbani ed all'impatto dell'immissione del canale della Chiana, la presenza di due dighe riduce la capacità autodepurativa del fiume.

A Buon Riposo, in prossimità delle prese acquedottistiche della città di Arezzo, le acque risultano il categoria A3 (secondo il DPR 515/82 relativo alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile).

Il nuovo impianto di potabilizzazione di Poggio Cuculo può utilizzare, oltre alle acque dell'Arno, anche quelle del fiume Tevere, attraverso l'invaso di Montedoglio. La qualità delle acque si trova ad un ottimo livello e la classificazione corrisponde ad una categoria A2.

In generale, possiamo quindi affermare che nel tratto di fiume che attraversa il Comune di Arezzo lo stato delle acque non è eccessivamente degradato, considerando il carico inquinante proveniente da monte e quello ingente che viene dalla Valdichiana e da Arezzo. Questa discreta condizione deriva dal fatto che in Casentino gli scarichi sono abbastanza distribuiti lungo il corso del fiume, per cui quest'ultimo può sfruttare le proprie capacità autodepurative per abbattere in parte il carico inquinante.

Per quanto riguarda l'apporto inquinante proveniente dal Canale Maestro della Chiana, esso viene attenuato dalla presenza dei bacini idroelettrici di La Penna e Levane, nei quali si hanno fenomeni di diluizione, di decantazione e di autodepurazione.

Nel Canale Maestro della Chiana le stazioni monitorate mensilmente dal Dipartimento Provinciale dell'ARPAT sono quattro: Ponte Valiano, Ponte Cesa, Pratantico e confluenza in Arno. Osservando i dati delle analisi si nota che lo stato delle acque è in condizioni abbastanza gravi e le cause sono da attribuire all'impatto degli scarichi dei centri urbani, delle attività agricole e zootecniche localizzate in Val di Chiana.

Dall'esame della Carta di qualità delle acque superficiali si rileva che alcuni corsi d'acqua mostrano chiari segni di degrado, poiché sono costretti a sopportare un eccessivo carico inquinante.

Il Canale Maestro della Chiana è senza dubbio il corso d'acqua che riceve la maggior quantità di reflui. Nel tratto che ricade nel Comune di Arezzo, oltre agli scarichi di natura civile e industriale raccolti in Valdichiana si aggiungono i reflui provenienti dalla zona industriale di S. Zeno e Pescaiola (importanti poli di attività orafa che afferiscono al depuratore comunale di Ponte a Chiani), dal depuratore medesimo, dagli affluenti Vingone e Castro. In definitiva nel Canale Maestro della Chiana confluisce la totalità dei reflui, depurati e non, di origine civile e industriale della città di Arezzo.

Un altro corso d'acqua di rilevante importanza comunale è il Torrente Castro; ha origine in località Molino della Fonte sulle pendici dell'alpe di Poti, attraversa la città di Arezzo e si getta nel Canale maestro della Chiana in località Casolino. Lungo il suo percorso riceve le acque di numerosi fossi e gli scarichi del maggior depuratore cittadino. Dall'indagine storica, eseguita dall'ufficio ambiente, risulta che negli anni '70 il Castro aveva perso quasi totalmente la sua capacità autodepurativa, sia per il gran numero di scarichi raccolti, che per l'insufficiente aerazione a causa della copertura nel percorso cittadino ed era ridotto a semplice collettore fognario. Le analisi degli ultimi anni dimostrano un certo grado di recupero di qualità; esistono ancora scarichi incontrollati nel percorso cittadino ed il by-pass dell'impianto di depurazione, ma si cominciano a vedere gli effetti positivi dei grossi collettori fognari realizzati in lato destro e sinistro del torrente.

Il Torrente Vingone si forma dalla confluenza di alcuni fossi fra i quali il principale ha origine dal versante settentrionale del Monte Camurcina, circa 3 km. A sud-est di Lignano e sfocia nel canale Maestro della Chiana all'altezza della Chiusa dei Monaci. I dati analitici raccolti, mostrano che lo stato di qualità, grazie alla realizzazione dei collettori fognari in lato destro e sinistro è migliorato rispetto agli anni precedenti seppure situazioni puntuali di inquinamento nella zona di Gragnone e Bagnolo richiederanno accurate indagini.

Il Torrente Chiassa si forma dalla confluenza di quattro fossi, di cui il principale è il fosso Chiassa, e si getta nell'Arno a Giovi. Lo stato di qualità delle acque del torrente è progressivamente peggiorato negli ultimi anni, soprattutto dal punto di vista batteriologico, dimostrando eventuale presenza di scarichi diretti, senza trattamenti depurativi.

In conclusione, si può affermare che lo stato di qualità delle acque superficiali, nel territorio comunale, non ha raggiunto ancora i livelli desiderati; occorrerà innanzitutto attuare un censimento ed un controllo degli scarichi fognari, completare ed ottimizzare il funzionamento degli impianti di depurazione esistenti, monitorare la situazione chimico-batteriologica delle acque superficiali e riconsiderare le problematiche dell'attingimento, specie nei mesi estivi; ciò consentirebbe anche di regimare almeno in parte, le situazioni critiche nei periodi di piena autunnale.

7.4 Idrogeologia

L'attuale conformazione del territorio e la natura geologica dei terreni risultano essere i fattori che determinano le condizioni idrogeologiche delle diverse aree del territorio comunale, infatti gli acquiferi presenti sono essenzialmente di due tipi, quelli attestati sul substrato roccioso dei rilievi collinari e montuosi e quelli impostatesi sui depositi alluvionali e fluvio-lacustri della pianura.

Nei rilievi collinari e montuosi gli acquiferi presenti sono costituiti dalle zone fessurate e fratturate delle rocce , in special modo in corrispondenza dei litotipi più arenacei . l'acqua circola nelle cavità delle fratture andando a saturare porzioni di roccia di cui è difficile prevedere la posizione e la produttività. Le fratture tendono inoltre a chiudersi a grande profondità a causa della pressione litostatica, per cui è difficile avere livelli produttivi a profondità maggiori a 100 m.. nelle zone dei rilievi, i pozzi quindi, sono attestati nella fascia di alterazione superficiale della roccia oppure si spingono fino alle zone maggiormente fratturate della formazione rocciosa. Solitamente i pozzi attualmente perforati nelle formazioni rocciose raggiungono una profondità media di 50-80 m. ed hanno rese abbastanza modeste e comunque raramente superiori a 2 l/s.

Negli acquiferi impostati su depositi continentali delle pianure alluvionali le captazioni sfruttano la porosità interstiziale dei sedimenti (porosità primaria). Come accennato in precedenza per la situazione geologica anche per quella idrogeologica esistono delle differenze marcate tra l'area della Val di Chiana e quella della pianura di Arezzo, infatti in quest'ultima esiste una falda freatica superficiale attestata sui depositi alluvionali recenti di scarsa produttività sfruttata con opere di captazione che si spingono a profondità di 6-10m ed una attestata sui depositi costituenti la formazione dei Ciottoli del Maspino di buona produttività (5-10 l/s) sfruttata con pozzi profondi mediamente 25-30 m; questo livello acquifero presenta nell'ara di quarata una buona produttività idrica (portate di 5-10 l/s). Diversamente l'area della Val di Chiana presenta dei livelli ciottolosi ghiaiosi e sabbiosi con produttività mediamente assai più contenute, raramente superiori a 2 l/s, e falde impostate su livelli assai discontinui posti a profondità decisamente superiori (-100 m).

Le sorgenti che sono presenti nel territorio sono mediamente a bassissima produttività e soggette a ricorrenti periodi crisi soprattutto nei periodi estivi; un caso particolare sono invece le sorgenti di trabocco presenti nella fascia di Venere e Campoluci, tipologia di sorgive connesse all'affioramento della falda freatica.

A seguito degli studi condotti in occasione della redazione delle indagini geologiche di supporto al PRG, campagna condotta nell'anno 1986, risulta evidente che la falda presente nella pianura di Arezzo trae la sua alimentazione dalla fascia pedecollinare e defluisce in direzione del canale maestro della Chiana oppure, nel settore nord, è direttamente drenata dall'Arno anche se il tratto medio-terminale degli affluenti di sinistra del fiume Arno risultando incassato nelle alluvioni svolgono la funzione drenante della falda. Aree depresse della superficie piezometrica, evidenziate da curve chiuse, sono state individuate in corrispondenza degli insediamenti produttivi indicanti pertanto aree con emungimenti concentrati.

La zona della Val di Chiana aretina evidenzia la funzione drenante del canale Maestro della Chiana che riceve le acque di falda dall'area pedecollinare e dalle numerose conoidi deiezionali presenti ai margini dei rilievi. Oltre a ai problemi legati alla qualità delle acque sotterranee per l'approvvigionamento degli acquedotti periferici, numerose sono le problematiche riguardanti la vulnerabilità delle falde all'inquinamento e la qualità delle acque sotterranee.

Per quanto concerne la vulnerabilità delle falde all'inquinamento proveniente dalla superficie, gli acquiferi presenti nel territorio sono in genere protetti naturalmente da una coltre di terreni a bassa permeabilità (limi e argille). La estrema antropizzazione (nuclei abitati, zone industriali, zone industriali, pratiche agricole e zootecniche) unita alla presenza di molti pozzi (molti dei quali costruiti senza isolare la falda più superficiale da quelle sottostanti), aumenta però il rischio di percolazione diretta degli inquinanti di superficie nelle falde più profonde. Situazioni di alta vulnerabilità sono presenti soprattutto nella fascia pedecollinare della Val di Chiana, che risulta la maggiormente antropizzata e con maggiore densità di pozzi di tutta l'area, dove è localizzata la zona di alimentazione della falda (corrispondente alla fascia delle conoidi). Altra zona di particolare vulnerabilità è rappresentata dalla pianura di Quarata dove è concentrata l'attività di estrazione di materiali inerti (ghiaie e sabbie), che ha comportato nelle ampie aree di cava la riduzione dello spessore di terreno di protezione della falda, causando in molte zone l'affioramento di questa superficie (Pedone, 1994).

Le analisi compiute sui pozzi comunali , data la diffusione territoriale di questi, forniscono un quadro generale sulla distribuzione dei principali parametri geochimica. Una caratteristica molto diffusa della pianura di Arezzo è quella di essere in presenza di acquiferi che a seconda delle zone presentano caratteri riducenti o ossidanti, creando notevoli problemi per quanto riguarda il trattamento delle acque ai fini della potabilizzazione. In generale comunque, specialmente per quanto concerne la distribuzione dei nitrati, la situazione è abbastanza buona; valori superiori a 50 mg/l sono infatti presenti in corrispondenza della città di Arezzo, di alcune frazioni (Marcena, Puglia, Chiani, Rugliano) e in tutta la fascia pedecollinare della Val di Chiana. l'origine di queste zone ad alto contenuto di nitrati è imputabile ad un inquinamento causato da scarichi di tipo civile. Anche i valori dello ione cloruro, nella pianura di Arezzo ricalcano quelli dei nitrati, rimarcando l'origine legata all'inquinamento antropico. In linea generale, le zone in cui le acque risultano di qualità scadente o peggiore corrispondono essenzialmente ad aree intensamente urbanizzate, quali il centro urbano di Arezzo e la sua periferia, la zona di Chiani, S.Giuliano, Battifolle e Mugliano, San Zeno, la fascia pedecollinare della Val di Chiana con un massimo presso Frassineto,e Poggio Ciliegio, la zona di Ceciliano e Puglia ed infine aree più ristrette sparse nel territori (Quarata, Marcena, Ponte Buriano).

7.5 Uso del suolo e sistema vegetazionale

Il comune di Arezzo si estende su 37.971,21 ettari, occupa quindi un vasto territorio che investe due grosse pianure, Val d'Arno e Val di Chiana, e le propaggini meridionali del Casentino con l'Alpe di Poti, e quelle del Monte Dogana nella parte meridionale.

I rilievi montuosi raggiungono raramente i 1000 m di quota, determinando una ricca presenza di cenosi forestali rappresentante prevalentemente da boschi termofili e mesotermofili che investono una enorme importanza sia dal punto di vista paesaggistico che biologico. Essi sono collegati con ampie fasce boscate ripariali nelle zone di pianura, e alle zone agricole alle siepi arborate e non, che contraddistinguono l'intera campagna aretina, senza ombra di dubbio una delle più ricche di questi importanti corridoi ecologici dell'intera Toscana.

7.5.1 Le destinazioni d'uso del suolo

L'intero territorio è caratterizzato da estese superfici boscate nelle parti poste a quote più alte, dove le pendenze sono accentuate e dove la natura geologica non ha permesso uno sfruttamento agricolo. Ad esse si sostituiscono vaste zone agricole che si spingono sino alle pianure dell'Arno e del Canale di Chiana caratterizzate da un'agricoltura di tipo estensivo a prevalenza di mais e cereali , nelle zone più a margine dei centri abitati è ancora oggi diffusa la coltura promiscua con sistemazioni agrarie tradizionali di rara bellezza, in cui si alternano vigneti a colture agrarie sempre intervallate da filari di Acero campestre, alcuni dei quali sono da considerare veri e propri monumenti dell'antico paesaggio agrario e che vanno a costituire un reticolo assai regolare .Ricca nelle zone poste fra le grandi pianure e le zone di media collina , la presenza delle olivete che orlano le pianure e i boschi sovrastanti. Gli olivi sono ubicati su terrazze gradonate con muri a secco o con ciglioni, che in alcuni casi rappresentano una peculiarità paesaggistica rilevante. La permanenza di una produzione agricola , in particolare, olivo e vite, ha permesso che il paesaggio non abbia subito modificazioni sostanziali, pur avendo subito lievi trasformazioni colturali e di tipo agronomico. Le maggiori trasformazioni sono state subite dai terreni di fondovalle (Arezzo) dove la maggior parte dei terreni da seminativi e prati si sono trasformati in aree produttive e residenziali, queste ultime si sono irradiate anche nelle zone collinari e più tradizionali del paesaggio agrario.

L'agricolo borda il tessuto edificato di fondovalle e spesso si insinua in esso giungendo fino alla statale o al fiume anche con colture pregiate quali i vigneti. Siamo in presenza di un'agricoltura ben strutturata su tutto il territorio con rare presenze di terreni in semiabbandono o in abbandono.

L'olivicoltura risulta la coltura più diffusa, condotta prevalentemente in forme tradizionali e intercalata sporadicamente da limitati seminativi e zone a vigneto; le antiche sistemazioni fondiarie a terrazzi e ciglioni risultano ancora largamente presenti e conferiscono al paesaggio agrario aretino le forme tipiche dell'agricoltura collinare toscana. La zona di pianura dominata dalla coltivazione dei cereali è ancora oggi interessata da una fitta rete di siepi poste lungo i campi e lungo i canali di scolo delle acque che andrebbero salvaguardate e potenziate. Questa fitta rete di fasce arbustate lungo i poderi conferisce alla pianura aretina una rilevanza paesaggistica unica. Scarsa la presenza dei boschi nelle zone di pianura, essi si riscontrano solamente lungo i corsi d'acqua più importanti. Anche se la composizione di questi è caratterizzata prevalentemente da Robinia Pseudoacacia , vi sono zone dove si riscontrano ampi filari alberati a dominanza di specie quercine monumentali che andrebbero salvaguardate e potenziate.

I boschi occupano la maggiore estensione fra le colture presenti nel territorio comunale, e si affermano senza alcuna interruzione da quota 330 mt in su, considerando che il punto più alto della città di Arezzo è posto a 296 mt , si può affermare che i boschi stanno appena sopra la città. Occupano sia le zone impervie che quelle a dolci versanti e spesso si intersecano con zone agricole marginali poste a quote alte. Pur non avendo analizzato nel dettaglio la composizione floristica delle cenosi forestali, essi sono dominati dalla presenza dei boschi termofili di Roverella (Quercus pubescnes) con Orniello (Fraxinus ornus) e Carpino nero (Ostrya carpinifolia) nelle zone poste a quote prossime ai 350 mt e nelle esposizioni più calde spesso intercalate con vaste aree rimboschite come nelle zone di Sargiano, Montarfone o come nelle estese pinete dello Scopetone. Alle quote poste sopra i 450 mt e soprattutto nelle esposizione nord predomina il Castagno (Castanea sativa) con Cerro (Quercus cerris) alle quali si intercalano zone a conifere interessate da rimboschimenti a Pini e Douglasia (vedi Parco di Lignano). l'articolazione territoriale di cui si è detto precedentemente è stata eseguita con rilievi a terra e con fotogrammetria aerea, nel periodo Ottobre 2002 - Maggio 2003, con alcuni aggiornamenti eseguiti successivamente per quelle modificazioni colturali macroscopiche che si sono riscontrate durante successivi sopralluoghi. Questi sono stati oggetto di un puntuale riporto cartografico che ha consentito di evidenziare la distribuzione spaziale dei diversi usi del suolo, con particolare riferimento, ovviamente, al territorio aperto. I dati cartografici sono stati successivamente digitalizzati mediante software GIS e dalla elaborazione dei dati spaziali è emersa la tabella seguente, evidenziante la struttura del territorio di Arezzo:

classe d'uso superficie ha % su totale
agricolo 17.208 45,5
bosco 17.680,4 46,5
urbano 2.873,65 7,5
altro 209,16 0,5
TOTALE 37.971,21 100

Da questa emerge con estrema chiarezza come il territorio comunale di Arezzo sia un comune ad elevato livello di naturalità (intendendo con ciò la importanza del territorio agro-forestale sull'urbano). Le superfici destinate all'agricoltura e dei boschi messe assieme rappresentano oltre il 91 % dell'intero territorio con le zone boscate che raggiungono quasi il 50%.Passando a disaggregare i dati delle classi d'uso agro-forestali nei tipi in cui è stato suddiviso il territorio comunale, si hanno i seguenti dati:

uso del suolo superficie ha Sub-totali Aree coltivate % su aree agricole % su totale
Seminativo 7.835,82   45,5 20,6
Coltura varia 6.837,58   39,7 18
Coltura arborata a vigneto e oliveto 2.399,73   13,9 6,3
Bosco 13.256,20     35
Bosco di pregio 4.424,20     12
Frutteto 135,59 17.206 0,7 0,3
Urbanizzato 2.783,75     7,3
Altro 209,16     0,5
TOTALE 37.971,21     100

Le colture agrarie si estendono per 546,83 ettari come appoderati densi e continui, dove sono stati mantenuti le trame agrarie di una volta, con alberi residuali di estremo valore paesaggistico e ricca presenza di siepi; per 1.032,48 ettari come colture periurbane, dove l'influenza delle trasformazioni in atto in città si ripercuotono inevitabilmente nella trama e nelle pratiche agricole tradizionali e per 1.335,71 ettari come aree di transizione dove gli arbusti stanno ricolonizzando ex pascoli o prati-pascoli indirizzando l'evoluzione verso boschi pionieri. Il rimanente è costituito dalla coltura del vigneto e dell'oliveto, dove ben 1.859,82 ettari è rappresentato da terrazzi (a muri a secco o ciglioni inerbiti) e che rappresenta la coltura prevalente.

La maggior parte delle olivete in coltura tradizionale a maglia fitta risultano inerbite, ciò riveste un enorme importanza ai fini di limitazione di erosione superficiale dei suoli; anche le giovani olivete specializzate risultano per lo più inerbite, ma qui il contenimento dell'erba viene ottenuto con modeste lavorazioni primaverili (erpicature o fresature) polifunzionali, risultando difficoltoso il passaggio di mezzi operativi ingombranti. Esse sono concentrate nelle zone pedecollinari ed assenti dai fondovalle alluvionali troppo umidi e spesso nebbiosi al mattino.

La coltura agraria maggiormente diffusa risulta comunque essere ancora il seminativo con gli oltre 7.800 ettari: esso contraddistingue tutte le zone di pianura della Val di Chiana e dell'Arno con estesi poderi, seminati a cereali, girasoli e mais nei quali sono presenti ancora evidenti sistemazioni agrarie del passato soprattutto in prossimità del pedemonte e della bassa collina, con siepi, alberi isolati e ricca presenza di sistemazioni idrauliche e reti scolanti. Pur diffuso il seminativo non rappresenta una coltura di pregio della zona, sottoposta molto agli andamenti climatici spesso avversi.

Ma l'uso del suolo maggiormente diffuso è il bosco. Nel complesso, siamo in presenza della flora forestale tipica della Toscana interna a clima sub-mediterraneo. In particolare distinguiamo una spiccata mediterraneità nelle zone esposte a sud e dove le condizioni di suolo non favoriscono l'affermarsi di specie mesofile. Lungo le pianure e sui fondovalle si riscontrano residui delle antiche formazioni riparie, oggi ridotte a piccoli e brevi segmenti con Pioppo nero (Populus nigra) Salice bianco (salix alba)e qualche Ontano nero (Alnus glutinosa) .Sui crinali e in particolare nelle esposizioni a nord dominano i boschi di Cerro (Quercus cerris) con Castagno (Castanea sativa) consociato al Carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop) che in alcune zone forma boschi puri. In alcune aree si riscontra assieme alla Roverella il Leccio (Quercus ilex), ma la vera peculiarità delle compagine boschive del Comune è la presenza della Rovere (Quercus Petreaea) che oltre a trovarsi sporadicamente forma dei boschi (Sargiano) di enorme valore fitogeografico nonché naturalsitico.

Rara la presenza del Cipresso (Cupressus sempervirens L) a formare cenosi forestali, rappresenta un elemento importante del paesaggio, dove spesso si riscontra a formare viale alberati lungo strade di campagna o in prossimità di Ville storiche nelle zone pedecollinari e collinari.

Le formazioni arbustive sono assai diffuse con ricca presenza di Prugnolo (Prunus spinosa) Biancospino (Crataegus monogyna) Coronilla (Cornonilla emerus), Ginestra di Spagna (Spartium junceum) Rosa canina (Rosa canina) e Ginepri (Juniperus communis) con l'immancabile Rovo (rubus sp).Esse si riscontrano nelle zone agricole marginali o in ex pascoli abbandonati vedi Monte Lignano e Alpe di Poti solo per citare due siti dove , la fase di ricostituzione dei boschi è iniziata da alcuni anni. Queste formazioni, stanno lentamente occupando anche le zone abbandonate dei terrazzi agricoli posti nelle zone ad elevata acclività dove la meccanizzazione risulta di difficile applicazione, preparandovi il ritorno del bosco. È questo un fenomeno particolarmente sentito dalla collettività, e per il quale sono auspicabili strumenti di aiuto.

7.5.2 I principali usi caratterizzanti il territorio agricolo

Le aree terrazzate ad olivo

Come indicato dal PTCP le aree con sistemazioni a terrazzi o ciglioni vengono sottoposte a conservazione integrale e a normative gestionali a se stanti. Esse sono collocate dalle zone di valle pedecollinari sino ai 350 mt in esposizioni sud-sud-ovest. In esse si evidenziano oltre alle colture tradizionali che presentano ancora sesti d'impianti a maglia larga tipici della campagna toscana, sono presenti ville storiche in prossimità delle quali sono presenti filari e alberature di pregio.

I Coltivi appoderati densi e continui

Rappresentano una particolarità per l'intero territorio vista la presenza delle residuali sistemazioni della mezzadria poderale. Per esse il R.U. provvederà a redigere norme specifiche.

I boschi di pregio

Rappresentano una estesa superficie(oltre 4000 ettari) che necessitano di norme specifiche per la loro salvaguardia e il loro mantenimento.

Elementi di elevata valenza naturalistica

L'intero territorio è contrassegnato dalla presenza di elementi arborei di pregio, ubicati nel bel mezzo dei coltivi o a costituire delle alberate ai margini di vecchi poderi. Trattasi ,generalmente di specie arboree legate all'antico paesaggio agrario dell'area che oltre ad assolvere alla funzione di testimoni rappresentano punti scenografici di rara bellezza e significative in chiave storico-etnografica. A questo scopo il R.U. occorrerebbe che si occupasse di completare gli elenchi (L.R. 59/58,art.3) già presenti a livello provinciale per poter tutelare tali testimonianze storiche.

Formazioni vegetali lineari non colturali

Durante le fasi di verifica dell'uso del suolo, abbiamo riscontrato che la componente di formazioni lineari arboree e non, è particolarmente diffusa su tutto il territorio, (ci troviamo sicuramente ad una densità ritenuta alta con oltre metri lineari di sviluppo >40ettari) con fasce verdi che costeggiano nella pianura i fossi di scolo delle acque, i confini poderali, le antiche prode,e le strade campestri; nella collina a formare fasce intorno a piccoli appezzamenti coltivati, o lungo torrenti o fossi secondari; in montagna a formare sieponali frangivento. Alla luce di quanto è emerso da queste ricognizioni e da ciò che prevede il PIT all'art. 32 e cioè che fra le indagini conoscitive del territorio aperto da condurre nell'ambito della elaborazione degli strumenti di governo del territorio sia eseguita anche una valutazione quali-quantitativa del patrimonio di formazione vegetali lineari non colturali.

Le formazioni lineari contribuiscono, infatti, in maniera determinante ad elevare la ricchezza biologica di un ambiente, poiché offrono riparo e nutrimento ad un gran numero di specie avicole e terrestri e possono costituire luoghi di accantonamento di specie vegetali scomparse dai territori limitrofi; sono poi estremamente importanti per le funzioni che svolgono nell'agro ecosistema, poiché costituiscono aree di rifugio per gli insetti utili all'agricoltura, fungono spesso da divisorio fra le unità poderali, svolgono azione frangivento e possono in alcuni casi offrire all'agricoltore anche un po' di prodotto legnoso da destinare agli usi aziendali o da vendere. Per tutto ciò un territorio dotato di siepi è un territorio intimamente ricco e non solo dal punto di vista delle attività agricole, poiché le siepi contribuiscono in modo determinante a "creare paesaggio" .Nel R.U. dovrebbero essere oggetto di censimento, tutte le formazioni vegetali lineari del territorio aperto di tipo sia arboreo (alberate campestri) che arbustivo, con limiti dimensionali di lunghezza di almeno 50 ml (così' come prevede anche la L.R.39/2000 e sue modifiche per le fasce arborate), ed escludendo dal rilievo le fasce di pertinenza delle strade (ad eccezione delle alberature eventualmente presenti, che sono state censite), i rilevati della ferrovia, le siepi ornamentali (anche se inserite negli spazi del territorio aperto) e le macchie arbustate (generalmente roveti) poste a ridosso di muri a secco o ciglioni; le notizie che dovranno essere acquisite riguardano la composizione floristica, l'altezza media, lo spessore medio.

7.5.3 Verde pubblico urbano

Ad Arezzo il verde urbano rappresenta un patrimonio tanto vasto quanto eterogeneo sia per la sua dislocazione, estremamente frazionata, sia per la diversità tipologica delle varie aree.

Parco del Colle del Pionta
  • Sup. 11 ha;
  • Sempre aperto;
  • Area archeologica del Duomo Vecchio;
  • Giochi per bambini;
  • Area per cani (nº 2);
  • Centro di Aggregazione Sociale;
  • Accessi: via Masaccio - via del Duomo Vecchio - via Pionta.

Il parco del Colle del Pionta, con i sui 11 ettari, è il più vasto della città. Ricavato su terreni agricolturali da reddito è stato oggetto tra il 1971 e il 1973 di cospicue piantagioni di sempreverdi (85%) e di alberi a foglia caduca (15 %), che non ne hanno alterato il caratteristico "aspetto toscano" costituito da piante ad alto fusto quali cipressi, aceri, olivi, lecci e dal sottobosco composto da lentaggine, corbezzolo, ecc. Inoltre vi sono state aggiunte colture quali il melograno, l'iris, l'agrifoglio, il lauro nobile e alcune piante da frutto.

Si intuisce che stiamo parlando di un discreto polmone verde per Arezzo, la cui utilità è inoltre amplificata dal fatto che si tratta di un'area dotata di strutture che ne rendono la fruizione particolarmente adatta ad ogni fascia di atà. Per i più piccoli infatti vi sono dei giochi in legno, per gli adolescenti un campo di calcio e per coloro che intendono mantenersi in forma un "percorso vita" in mezzo al verde; anche i possessori di animali domestici trovano qui la possibilità di usufruire di due speciali aree attrezzate per cani. Nel lato nord si vedono ancora le rovine del vecchio Duomo, recintate ma purtroppo inagibili in quanto estremamente sconnesse.

Il parco del Pionta è caratterizzato dalle specie vegetali di seguito descritte.

Innanzi tutto bisogna ricordare i 434 olivi (Olea europea), molti dei quali recuperati dalla gelata del gennaio '85, espressione del passato agricolo del parco, assieme ai 121 aceri (Acer campestris). l'oliveto viene regolarmente coltivato anche se, come è ovvio, la sua resa è fortemente condizionata dall'ubicazione e dalla potatura quasi interamente mirata a massimizzare più il valore estetico che la produzione di olive. L'olio prodotto nell'inverno '96 è stato analizzato, imbottigliato e distribuito alle mense delle scuole comunali. Il boschetto di lecci, ubicato nella sommità della collinetta, presenta esemplari di grande mole scarsamente vitali essendo infestati da Cerambix cerdo, coleottero cerambicide causa di enormi gallerie all'interno del fusto e dei grossi rami.

L'aspetto del lecceto risulta quindi in gran parte compromesso, come compromessa del resto è anche la stabilità dei singoli alberi che lo compongono, tanto è vero che, proprio recentemente, a seguito della caduta di alcuni esemplari, si è dovuto intervenire abbattendo gli alberi ritenuti instabili.

Da menzionare in ultimo il famoso "pino di Garibaldi" sul quale è stata effettuata un'operazione di risanamento attraverso la potatura di alcuni rami disseccati da un fulmine. L'origine della denominazione non è nota, ma la mole della pianta e la sua ubicazione che domina il parco, ne fanno un riferimento conosciuto da tutta la cittadinanza.

Parco del Prato
  • Sup. 10 ha;
  • Sempre aperto;
  • Giochi per bambini;
  • Area per cani (nº 1);
  • Fortezza medicea. Orario di apertura dalle 8,00 alle 20,00;
  • Punto di ristoro (nº 2);
  • Accessi: viale Buozzi - via Madonna Laura.

Il Parco del Prato, che si estende per una superficie di circa 10 ettari, è stato in passato oggetto di un restauro che, pur non variandone sostanzialmente l'assetto, ha permesso il recupero dell'originaria bellezza, attraverso l'abbattimento di molti alberi ormai compromessi, il ripristino delle siepi delimitanti i vialetti, la ripulitura del monumento al Petrarca, la ridefinizione dell'ellissi centrale con l'impianto di aiuole fiorite.

Un intervento importante è stata la ripulitura della porzione di terreno antistante le mura della Fortezza medicea dalle molte piante, in prevalenza conifere, che vi erano state messe a dimora alcuni decenni prima dalla cittadinanza durante iniziative quali la "festa dell'albero". Purtroppo il tempo, la scarsa manutenzione, ma soprattutto la scelta sbagliata del luogo d'impianto, hanno portato ad una situazione tale che la vista della Fortezza, dei suoi bastioni e della vicina area archeologica, era completamente ostruita al punto che solo con l'abbattimento, peraltro di esemplari di scarso pregio, si è potuto restituire il ruolo di protagonista alla Fortezza. Anche questo parco è stato sistemato con l'intenzione di alternare essenze a foglia caduca (15%) e sempreverdi (85%), in modo da variarne l'aspetto a seconda delle stagioni. In tutto vi si possono contare circa un migliaio di alberi, in prevalenza lecci (Quercus ilex), ippocastani (Aesculus ippocastanum), pini domestici (Pinus pinea), tigli (Tilia platiphillos), platani (Platanus acerfolia), bagolari (Celtis australis) tutti ormai naturalizzati nelle città italiane.

Nel parco svettano anche cinque esemplari di Sequoia sempervirens (fam. Taxodiaceae) che, contrariamente alle specie già descritte, non sono molto frequenti dalle nostre parti. Si tratta di un albero proveniente dalla California e dall'Oregon e precisamente dalla fascia litoranea che è caratterizzata da un clima umido e piovoso. In questi luoghi di origine, tuttavia, rimangono attualmente ben pochi esemplari, rigorosamente tutelati, sopravvissuti a sistematiche distruzioni.

Complessa è la storia di questa pianta: fu descritta per la prima volta, e subito dimenticata, nel 1769 dal francescano spagnolo Crespi, poi venne riscoperta nel 1795 dal medico scozzese Menzies, ma solo nel 1840 il botanico Endlicher portò semi in Europa introducendone così la coltivazione.

In natura le dimensioni raggiunte possono essere notevolissime: fino a 120 metri di altezza per un tronco del diametro compreso tra i 10 e i 12 metri. Anche la longevità è eccezionale, sono infatti stati osservati in un tronco ben 3200 anelli di accrescimento. Tutte queste caratteristiche ne fanno una specie di alto valore ornamentale, come testimonia il suo utilizzo, soprattutto in passato, nei parchi storici, tuttavia la coltivazione complessa, le particolari esigenze climatiche e la difficoltà di una idonea ubicazione, ne rendono quasi sempre improponibile l'uso in ambiente urbano.

Parco Pertini
  • Sup. 10 ha;
  • Apertura: dal 01/10 al 31/05 ore 8,00 - 19,30; dal 01/06 al 30/09 ore 8,00 - 24,00;
  • Punto di ristoro (nº 1);
  • Accessi: viale Giotto - via degli Accolti - via XXV Aprile.

Il parco Pertini, l'ultimo nato dei grandi parchi di Arezzo (1979), prende origine dal recupero di parte dell'area dellex-SACFEM, industria di materiale ferroviario e meccanico.

Le specie presenti non si discostano molto da quelle già incontrate negli altri parchi, sono presenti infatti tigli, cedri, platani, aceri, ecc. Proprio questi ultimi sono degni di nota sia per la loro bellezza, sia perché il loro impianto risulta essere antecedente alla formazione del parco testimoniando come in quest'area convivessero realtà industriale e periferia agricola.

Le altre specie da segnalare sono il pino nero (Pinus nigra), tipico delle zone alpine, i tamerici (Tamanrix gallica), originari invece della fascia costiera, il Liquidambar styracyflua e la betulla riunite in distinti gruppi facilmente riconoscibili.

Il liquidambar, appartenente alla famiglia delle Hamamelidaceae, è originario dell'America del Nord, da dove è stata importato intorno al 1680. La sua altezza può arrivare fino a 35 metri, e il suo portamento, conico nei primi anni, diventa globoso con il passare del tempo. Le foglie caduche, semplici, palmate, di forma tipicamente stellata, assumono in autunno un colore rosso arancio molto ornamentale. La denominazione "liquidambar", coniata da Linneo, significa propriamente "ambra liquida", infatti operando un'incisione della corteccia si assiste alla fuoriuscita di una sostanza resinosa di colore simile all'ambra, cosa che viene ulteriormente riconfermata nel termine "styracyflua", derivante da stirax, nome utilizzato dai greci sempre per indicare l'ambra.

Aree verdi di nuova realizzazione

Recentemente nel territorio aretino, sono state realizzate due nuove aree verdi urbane, che vanno a potenziare il già ricco patrimonio verde di Arezzo.

Parco di Villa Severi

La prima delle due aree urbane è il parco di Villa Severi, oggetto di una ristrutturazione mirante al recupero e all'integrazione dei segni preesistenti nella superficie d'intervento (circa 66.000 mq).

Il parco, che si estende tutto intorno alla storica Villa, è strutturato in tre zone diverse per finalità ed utilizzo. La prima è l'arca sportiva organizzata con un campo da calcio che non è stata oggetto, in questa fase, di modifiche. La seconda è il giardino all'italiana prospiciente l'edificio e la terza, situata sul retro, è caratterizzata da vegetazione più fitta e meno geometrica.

Il parco presenta quattro accessi, dei quali uno carrabile, alcune attrezzature ludiche, un laghetto ed un piccolo anfiteatro. Gli alberi ad alto fusto impiantati sono 300, 178 sempreverdi e 122 caducifoglie, più 2100 arbusti in variatà.

Parco Bisaccioni

Il progetto del parco Bisaccioni, localizzato in zona Montefalco, interessa complessivamente una superficie di 9 ettari, ma, essendo stata realizzata solamente la piazza giardino sovrastante il parcheggio, l'area attualmente sistemata a verde corrisponde a circa un ettaro. Nel parco, che non presenta recinzione, sono stati impiantati cipressi, ligustri, tigli e lecci oltre al posizionamento di fioriere con vari arbusti.

7.5.4 II verde extra-urbano e le aree protette

Allontanandosi dai confini urbani e lasciandosi alle spalle la zona industriale, si possono trovare vasti spazi verdi attrezzati non ancora utilizzati appieno dal cittadino. In particolare si vuole qui focalizzare l'attenzione su due aree verdi: la zona umida di Ponte Buriano e il Parco Naturale di Lignano, che se da un lato offrono la possibilità di un contatto con la natura a pochi passi da casa propria, dall'altro costituiscono due ecosistemi di importanza fondamentale dal punto di vista naturalistico.

Riserva Naturale di Ponte Buriano

La Riserva Naturale di Ponte Buriano, a circa 8 Km da Arezzo, sorge alla confluenza del Canale Maestro della Chiana con il fiume Arno; è una zona umida artificiale creatasi in conseguenza della costruzione della diga della Penna, in grado di ospitare una vasta fauna ornittica stanziale e migratoria, nonché numerose specie di mammiferi, di pesci, di anfibi, di rettili e di macroinvertebrati.

Quest'area, facilmente raggiungibile dalla statale Setteponti, si estende per circa 600 ettari ed è inserita in una più ampia zona protetta, la perimetrazione della quale è stata approvata nel 1995 dalla Provincia di Arezzo. La riserva naturale è gestita dalla Provincia di Arezzo attraverso la Comunità della Riserva Naturale dove sono rappresentati i Comuni interessati (Arezzo, Civitella in Val di Chiana e Laterina), le Comunità locali e le Associazioni di protezione ambientale.

Se la finalità principale è senza dubbio la tutela e la riqualificazione dell'ambiente naturale ivi presente, non meno importanti sono la valorizzazione del patrimonio storico, rurale e artistico, la promozione di nuove attività economiche, la realizzazione di programmi di studio e di ricerche scientifiche.

Riserva naturale di Ponte Buriano Riserva naturale di Ponte Buriano
Parco Naturale di Lignano

La storia del Parco Naturale di Lignano inizia ufficialmente nel 1914 quando l'associazione aretina "Pro montibus et silvibus" annunciava, nel suo periodico, un rimboschimento con 12.000 piantine nelle pendici sud-occidentali di Lignano (circa 4 ettari). Negli anni successivi i numerosi incendi, ma soprattutto le due guerre mondiali, bloccarono qualsiasi ulteriore iniziativa.

Nel 1965 cinque aree del Comune di Arezzo, per una superficie di 7.000 ettari, furono destinate a parco forestale, tra queste vi era anche il monte Lignano, ma la realizzazione del Parco Naturale avvenne solo nel 1973 contemporaneamente a quella del Servizio Antincendi.

Con l'istituzione a parco naturale, l'Amministrazione comunale aveva lo scopo di contenere il gravissimo dissesto idrogeologico: i frequenti incendi, i cospicui disboscamenti, lo spopolamento delle zone montane, avevano molto diradato e impoverito il patrimonio vegetale causando il dilavamento del suolo sottostante, le frane a valle e l'impoverimento dalle falde acquifere.

Negli anni settanta furono messe a dimora circa 20.000 piantine (abeti, cedri, cipressi, pini, larici, ippocastani, frassini, ontani, pini, castagni, ecc.) per una superficie iniziale di 15 ettari destinata ad incrementarsi negli anni successivi fino ad arrivare ai giorni nostri con un parco naturale di circa 600 ettari, patrimonio di insostituibile importanza naturalistica e turistica. Molte sono anche le specie animali introdotte negli anni per il ripopolamento della zona: fagiani, lepri, cinghiali, mufloni, cervi, daini fanno ormai parte della fauna caratteristica del parco, rigorosamente tutelata dal punto di vista venatorio.

Le due vie d'accesso (Gragnone e Rigutino) sono entrambe asfaltate e nell'antica casa colonica del podere di Rigutinelli, completamente restaurata, si trova oggi un comodo bar, punto di ristoro per i visitatori domenicali. Ecco quindi come il Parco di Lignano costituisca allo stesso tempo un luogo di grande interesse ecologico e di importanza storica, facilmente fruibile dalla cittadinanza che può scegliere tra il pic-nic, l'escursione naturalistica, la visita al piccolo zoo adiacente al punto di ristoro, una semplice merenda.

Area naturale protetta di interesse locale "Bosco di Sargiano"

Il Consiglio Comunale, con delibera n. 66 del 25.03.98 ha approvato l'istituzione dell'Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) denominata "Bosco di Sargiano" già riconosciuta precedentemente dalla Provincia e da quest'ultima per il momento gestita.

L'area, situata a circa tre chilometri da Arezzo, è di propriatà dei Frati del Convento di Sargiano, e presenta tutte le caratteristiche di un'area boscata prevalentemente composta da Rovere (Quercus petraea), fatto questo che costituisce una vera e propria singolarità nell'Italia centro meridionale dove tale albero si trova spesso in individui isolati o al massimo in singoli gruppi. Questa particolarità, unitamente ad alcune caratteristiche geobotaniche e faunistiche, conferiscono all'area, peraltro tuttora oggetto di ricerca scientifica, una posizione di autonomia fitogeografica di estremo interesse.

Per il momento non è possibile visitare il bosco poiché essendo in origine un annesso dell'antico orto del Convento dei Frati, risulta completamente circondato da un muro avente per unico accesso il Convento stesso. è previsto tuttavia nel Piano di Gestione Provinciale, anche la fruizione da parte del pubblico da definirsi secondo i tempi e i modi più opportuni per la tutela del patrimonio arboreo presente.

Il complesso demaniale "Alpe di Poti"

Il complesso forestale denominato "Alpe di Poti" appartiene al patrimonio agricolo forestale della Regione Toscana; i terreni che lo compongono occupano una superficie complessiva di 995 ettari, di cui 38 ricadenti nel territorio comunale di Castiglion Fiorentino. L'intero complesso è gestito per delega dal Comune di Arezzo. Questo importante patrimonio verde, di propriatà pubblica, è articolato in quattro distinti nuclei localizzati all'interno del territorio montano comunale che complessivamente interessa circa 16.000 ha.

Inuclei formanti il complesso demaniale, la cui denominazione è data dalle località più importanti che li interessano, sono i seguenti:

  1. 1. SCOPETONE - VALLE
  2. 2. SAN CASSIANO - GALLORO - SALTO DEL LUPO
  3. 3. SIOLE - SCOPETO - TRAFORCO
  4. 4. RANCHETTO - COLLE - GIGLIONI

I singoli sottocomplessi, se pur molto diversi tra loro, hanno in comune alcune caratteristiche così riassumibili:

  • - prevalenza di terreni di media e alta collina; con quote minime di 350 m s.l.m. (Palazzo del Pero) e massime di 1.083 m s.l.m. (Monte Spicchio). Fascia altitudinale maggiormente interessata compresa fra i 500 e i 700 m.
  • - orografia in generale dolce, poco accidentata, e caratterizzata dalla presenza di numerosi fossi d'acqua secondari che confluiscono nei Torrenti del Cerfone, Ansina e nei Fossi del Cimento e delle Stroscie. Geograficamente i terreni formanti il complesso forestale "Alpe di Poti" si inseriscono nel paesaggio montuoso-collinare preappenninico che si estende ad est della città di Arezzo, facendo parte del bacino idrografico del Cerfone i cui spartiacque separano la Valle del Tevere da quella dell'Arno, nonché del bacino Nestore (sottobacino Ansina) che confina con la limitrofa Valdichiana.
Ubicazione del Complesso Demaniale Alpe di Poti

Ubicazione del Complesso Demaniale "Alpe di Poti"

7.5.5 Calcolo fabbisogno aree attrezzate per lo sport

Suddividendo la popolazione in base alle fasce di atà, in funzione della utilizzazione del verde:

SUDDIVISIONE PER FASCIE DI ETA' AGGIORNATA AL GENNAIO 2001
Pop. Complessiva 0_5 6_9 10_14 15_24 25_64 Oltre 64
92.298 4.121 2.827 3.847 9.282 52.538 19.682

e considerando che possa aver bisogno (e sia in grado di usufruire) di un dato numero di ore per attività sportive durante la settimana, tenendo conto dei seguenti elementi:

  • - non tutti gli appartenenti alla fascia di atà praticano lo sport;
  • - la pratica degli sports varia in rapporto all'atà;
  • - per i più giovani (fino a 10 anni) e per i più anziani (sopra i 50 anni) parte consistente del fabbisogno di moto è soddisfatto da passeggiate e gioco libero entro spazi dotati di piccole attrezzature;
  • - per i ragazzi di scuola elementare, media, media superiore, parte dell'attività sportiva si svolge nelle ore scolastiche;
  • - non sono calcolate attività sportive come bicicletta, cavallo, ecc;

si può desumere un calcolo orientativo del fabbisogno sportivo potenziale:

CALCOLO ORE DI ATTIVITA' SPORTIVE NECESSARIE PER FASCIE DI ETA' A SETTIMANA
A
n. componenti per fascie di atà
B
% attività componenti
C
ore/sett. Attività
D
AxBxC ore sett. Necess.
0_5 4121 - - -
6_9 2827 30% 2 1696,2
10_14 3847 50% 3 5770,5
15_24 9.282 70% 4 25989,6
25_64 52.538 40% 2 42030,4
oltre 64 19.682 20% 2 7872,8
TOTALE ORE
GIOCO
NECESSARIE
83359,5

Confrontando i dati della tabella precedente con il calcolo delle ore gioco disponibili in base agli impianti esistenti, tenendo conto dei seguenti elementi:

  • - che gli impianti possano essere utilizzati per una media di 28 ore per settimana (4 ore al giorno per 7giorni);
  • - considerato un uso pomeridiano di tipo pubblico, mentre nella mattina gli impianti potranno essere utilizzati dalle scuole, integrando così l'attività per i ragazzi delle scuole medie;

si ottiene un né di ore gioco per settimana = 68.824, a fronte delle 83.359,5 necessarie. Con una differenza di 14.535 ore gioco per settimana tra la dotazione attuale e quella considerata necessaria.

CALCOLO ore/gioco sett. Max. attrezzature sportive esistenti
Attrez. Attrez. Pubb. Attrez. Priv. N. Giocat. Totale Utilizzo medio settim. attrez. in ore ore gioco imp. Pubblici ore gioco imp. Privati
Pallacanestro 9 2 10 11 28 2.520 560
Calcio 58 18 22 76 28 35.728 11.088
Calcetto 17 4 10 21 28 4.760 1.120
Pallavolo 6 6 12 12 28 2.016 2.016
Bocce 1 10 4 11 28 112 1120
Tennis 19 15 4 34 28 2.128 1.680
Pattinaggio 4 0 10 4 28 1.120 0
Hockey 1 0 18 1 28 504 0
Polivalenti 1 1   2 28 0 0
Baseball 2 0 12 2 28 672 0
Rugby 2 0 30 2 28 1.680 0
TOTALE ORE GIOCO CON ATTREZ. SPORTIVE ESISTENTI   51.240 17.584
TOTALE ORE GIOCO CON ATTREZZATURE SPORTIVE ESISTENTI PUBBLICHE E PRIVATE -14.535  

A questo prospetto sono da aggiungere una serie di attività sportive ricreative non direttamente quantificabili in ore/gioco, ma da considerare ai fini di una valutazione generale delle attività sportive. In particolare si fornisce il seguente elenco:

  • ciclismo con 21 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • ginnastica con 4 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • nuoto con 4 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • pesca sportiva con 17 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • sport equestri con 2 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • tennis tavolo con 3 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • motociclismo con 3 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • pugilato 1 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • atletica leggera, pesi, judo e lotta con 14 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • pentathlon con 2 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • sport invernali con 4 sociatà federate con il C.O.N.I.;
  • tiro con l'arco e tiro a segno con 2 sociatà federate con il C.O.N.I.

Complessivamente la dotazione di impianti e attrezzature sportive risulta essere soddisfacente dal punto di vista quantitativo. Dal punto di vista qualitativo occorre puntualizzare che quasi tutte le attività sono date in gestione ad associazioni e strutture private che pur garantendo l'attività sportiva nella città di Arezzo, di fatto "rivatizzano" e condizionano la fruizione diretta di tipo Pubblico.

8 Sistema Aziende

8.1 Le norme sulle attività insalubri

Vengono definite insalubri dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie (RD n.1265/34) tutte quelle manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altra esalazione insalubre o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti. Queste attività sono indicate in un elenco suddiviso in due classi sulla base delle sostanze chimiche utilizzate, dei processi produttivi e dei materiali prodotti. Tutte le attività ricomprese nella prima classe devono essere isolate nelle campagne e tenute lontano dalle abitazioni salvo che non venga provato che con l'introduzione di nuovi metodi o di speciali cautele il loro esercizio non rechi nocumento alla salute del vicinato. Nella seconda classe sono inserite le attività che esigono speciali cautele per l'incolumità del vicinato.

8.2 Le attività a rischio di incidente rilevante

Il rischio di "incidente rilevante" (DPR 175/88) è costituito da quegli eventi (emissioni, esplosioni, incendi) che danno luogo ad un pericolo grave, immediato o differito per l'uomo e per l'ambiente. La probabilità che si verifichi un incidente dipende sia dal tipo di processo produttivo che dalle precauzioni adottate per evitarlo e limitarne le conseguenze. Gli interventi di prevenzione, pertanto, tendono a ridurre la probabilità che l'incidente si verifichi e, soprattutto, a ridurre le conseguenze nel caso in cui l'evento dovesse verificarsi. In questa ottica, particolare importanza assume il piano di emergenza da adottare in caso di incidente, che le ditte devono elaborare e comunicare al Prefetto cui compete coordinare le varie fasi di emergenza. Al Sindaco spetta l'obbligo di informare la popolazione esposta a rischio.

Nel territorio comunale sono insediate due attività classificate "a rischio di incidente rilevante", entrambe operanti nel settore del riempimento di contenitori di gas combustibile.

8.3 Gli insediamenti produttivi

La realtà produttiva del territorio aretino è principalmente caratterizzata dall'industria orafa. La distribuzione nel territorio di tali attività, nonché di tutte le altre comunque significative da un punto di vista dell'impatto ambientale, e la loro incidenza, possono essere valutate nelle seguenti tabelle relative a 15 zone, alcune residenziali altre destinate ad attività produttive, in cui sono riportati i dati più indicativi ricavati sia dal censimento ISTAT '91 e dall'archivio del Servizio Ambiente. Per alcune di tali zone, Ceciliano, Quarata, Ponte alla Chiassa, Rigutino, la perimetrazione delle aree a diversa destinazione d'uso non coincide con quella delle sezioni di censimento (le sezioni di censimento sono molto più ampie rispetto alle aree al cui interno sono presenti gli insediamenti produttivi) per cui la comparazione dei dati riportati tra zone diverse deve essere fatta con una certa cautela ed accettando un certo grado di incertezza, in relazione anche alle variazioni avvenute dal 1991 ad oggi.

L'archivio del Servizio Ambiente, alla data del 31.12.1997, era composto da 2.022 insediamenti produttivi attivi, di questi 462 presentano scarichi di reflui provenienti dal ciclo produttivo e 613 emissioni di fumi in atmosfera. I dati elaborati nelle seguenti tabelle considerano 1.792 insediamenti; i 230 insediamenti mancanti sono distribuiti sul restante territorio e rappresentano realtà numericamente ed ambientalmente trascurabili, salvo rare eccezioni.

Per ciascuna delle 15 zone prese in esame sono riportate:

  • la superficie;
  • il numero dei residenti (nel 1991);
  • il numero di attività artigianali, commerciali e di terziario con relativi addetti (nel 1991);
  • il numero di ditte insediate che risulta nell'archivio dell'Ufficio;
  • il numero di ditte in attività da più di 10 anni (corrispondenti all'entrata in vigore delle norme di tutela del nuovo Piano Regolatore Generale);
  • il numero di ditte il cui ciclo produttivo prevede scarichi idrici ed emissioni in atmosfera;
  • il numero di ditte che hanno l'autorizzazione a scaricare i propri reflui direttamente in acque superficiali;
  • il numero di ditte insalubri.

In una altra tabella, per ogni zona, vengono considerate le tipologie di 11 attività presenti ed il loro numero in questo ordine:

  • lavorazioni orafe (Orl);
  • lavorazioni del legno (Fal);
  • autofficine, elettrauto, ecc. (Aut);
  • autocarrozzerie (Car);
  • lavorazioni tessili (Tes);
  • lavorazioni di carpenteria metallica (Fab);
  • lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione di macchine (Mac);
  • industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri (Cia);
  • lavorazioni pellami (Cal);
  • laboratori odontotecnici (Odo);
  • depositi e commercio all'ingrosso (Dep).

In un'ulteriore tabella sono raggruppate, infine, le attività che presentano impatti sull'ambiente e sulla residenza potenzialmente importanti. Viene indicato il numero di ditte che effettuano le fasi di incenerimento, di affinazione, di sgrassaggio con solventi clorurati, di utilizzo di cianuri in bagni galvanici, di vuotatura, di lavorazione di asfalti e bitumi, il numero di ditte classificate a rischio di incidente rilevante.

Zona centro Storico

Superficie (Kmq) 0,959  
Residenti 7.275  
Esercizi industriali 201 Addetti 565
Esercizi commerciali 811 Addetti 1.870
Altre attività 958 Addetti 2.526
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 134
Ditte con più di 10 anni 41
Ditte con scarichi idrici 2
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 4
Ditte insalubri 1ªclasse 0
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 0
Sgrassaggio con solventi clorurati 0
Galvanica con cianuri 0
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 24
Lavorazione del legno 7
Autofficine, elettrauto, ecc. 2
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 9
Lavorazioni di carpenteria metallica 0
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 0
Lavorazioni pellami 7
Laboratori odontotecnici 5
Depositi e commercio all'ingrosso 21

Zona residenziale Nord

Superficie (Kmq) 1,871  
Residenti 2.646  
Esercizi industriali 65 Addetti 236
Esercizi commerciali 86 Addetti 258
Altre attività 33 Addetti 80
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 44
Ditte con più di 10 anni 12
Ditte con scarichi idrici 6
Ditte con scarichi in acque superficiali 1
Ditte con emissioni 8
Ditte insalubri 1ªclasse 3
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 0
Sgrassaggio con solventi clorurati 1
Galvanica con cianuri 2
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 18
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 4
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 2
Lavorazioni di carpenteria metallica 1
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 0
Lavorazioni pellami 1
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 6

Zona residenziale Est

Superficie (Kmq) 2,917  
Residenti 12.827  
Esercizi industriali 200 Addetti 895
Esercizi commerciali 351 Addetti 756
Altre attività 403 Addetti 902
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 254
Ditte con più di 10 anni 59
Ditte con scarichi idrici 20
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 11
Ditte insalubri 1ªclasse 5
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 1
Sgrassaggio con solventi clorurati 1
Galvanica con cianuri 4
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 55
Lavorazione del legno 4
Autofficine, elettrauto, ecc. 5
Autocarrozzerie 2
Lavorazioni tessili 5
Lavorazioni di carpenteria metallica 0
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 2
Lavorazioni pellami 1
Laboratori odontotecnici 2
Depositi e commercio all'ingrosso 27

Zona residenziale Sud

Superficie (Kmq) 1,042  
Residenti 10.812  
Esercizi industriali 237 Addetti 729
Esercizi commerciali 503 Addetti 1.114
Altre attività 305 Addetti 578
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 254
Ditte con più di 10 anni 59
Ditte con scarichi idrici 20
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 11
Ditte insalubri 1ªclasse 5
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 0
Sgrassaggio con solventi clorurati 2
Galvanica con cianuri 1
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 68
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 12
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 13
Lavorazioni di carpenteria metallica 2
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 2
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 0
Lavorazioni pellami 3
Laboratori odontotecnici 8
Depositi e commercio all'ingrosso 72

Zona residenziale Sud-Ovest

Superficie (Kmq) 2,654  
Residenti 11.753  
Esercizi industriali 118 Addetti 351
Esercizi commerciali 283 Addetti 653
Altre attività 145 Addetti 331
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 108
Ditte con più di 10 anni 27
Ditte con scarichi idrici 12
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 4
Ditte insalubri 1ªclasse 2
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 1
Vuotatura 0
Sgrassaggio con solventi clorurati 0
Galvanica con cianuri 2
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 38
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 6
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 3
Lavorazioni di carpenteria metallica 1
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 1
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 0
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 3
Depositi e commercio all'ingrosso 23

Zona residenziale Nord-Ovest

Superficie (Kmq) 2,006  
Residenti 8.564  
Esercizi industriali 159 Addetti 424
Esercizi commerciali 350 Addetti 932
Altre attività 186 Addetti 497
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 156
Ditte con più di 10 anni 32
Ditte con scarichi idrici 12
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 9
Ditte insalubri 1ªclasse 6
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 0
Sgrassaggio con solventi clorurati 0
Galvanica con cianuri 1
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 53
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 8
Autocarrozzerie 2
Lavorazioni tessili 7
Lavorazioni di carpenteria metallica 2
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 1
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 4
Depositi e commercio all'ingrosso 42

Zona attività produttive Pievan Landi

Superficie (Kmq) 0,413  
Residenti 528  
Esercizi industriali 20 Addetti 150
Esercizi commerciali 27 Addetti 67
Altre attività 5 Addetti 8
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 32
Ditte con più di 10 anni 0
Ditte con scarichi idrici 5
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 7
Ditte insalubri 1ªclasse 6
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 1
Affinazione metalli 0
Vuotatura 1
Sgrassaggio con solventi clorurati 0
Galvanica con cianuri 2
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 6
Lavorazione del legno 2
Autofficine, elettrauto, ecc. 5
Autocarrozzerie 4
Lavorazioni tessili 1
Lavorazioni di carpenteria metallica 0
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 2
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 6

Zona attività produttive Pescaiola

Superficie (Kmq) 2,355  
Residenti 366  
Esercizi industriali 134 Addetti 1.474
Esercizi commerciali 68 Addetti 528
Altre attività 24 Addetti 101
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 266
Ditte con più di 10 anni 42
Ditte con scarichi idrici 91
Ditte con scarichi in acque superficiali 4
Ditte con emissioni 109
Ditte insalubri 1ªclasse 84
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 2
Affinazione metalli 0
Vuotatura 21
Sgrassaggio con solventi clorurati 7
Galvanica con cianuri 43
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 152
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 13
Autocarrozzerie 6
Lavorazioni tessili 13
Lavorazioni di carpenteria metallica 4
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 3
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 6
Lavorazioni pellami 4
Laboratori odontotecnici 2
Depositi e commercio all'ingrosso 25

Zona attività produttive Pratacci

Superficie (Kmq) 1,220  
Residenti 422  
Esercizi industriali 118 Addetti 3.585
Esercizi commerciali 202 Addetti 1.294
Altre attività 32 Addetti 151
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 198
Ditte con più di 10 anni 44
Ditte con scarichi idrici 35
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 46
Ditte insalubri 1ªclasse 37
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 1
Incenerimento 1
Affinazione metalli 0
Vuotatura 4
Sgrassaggio con solventi clorurati 2
Galvanica con cianuri 7
Lavorazione asfalti e bitumi 1
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 54
Lavorazione del legno 3
Autofficine, elettrauto, ecc. 21
Autocarrozzerie 6
Lavorazioni tessili 12
Lavorazioni di carpenteria metallica 2
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 2
Lavorazioni pellami 3
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 60

Zona attività produttive Ceciliano

Superficie (Kmq) 0,634  
Residenti 550  
Esercizi industriali 75 Addetti 681
Esercizi commerciali 23 Addetti 44
Altre attività 12 Addetti 22
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 76
Ditte con più di 10 anni 6
Ditte con scarichi idrici 29
Ditte con scarichi in acque superficiali 1
Ditte con emissioni 41
Ditte insalubri 1ªclasse 41
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 1
Affinazione metalli 0
Vuotatura 5
Sgrassaggio con solventi clorurati 3
Galvanica con cianuri 6
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 58
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 1
Autocarrozzerie 1
Lavorazioni tessili 3
Lavorazioni di carpenteria metallica 2
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 1
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 1
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 3

Zona attività produttive Quarata

Superficie (Kmq) 4,728  
Residenti 1.451  
Esercizi industriali 43 Addetti 176
Esercizi commerciali 32 Addetti 50
Altre attività 20 Addetti 27
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 43
Ditte con più di 10 anni 5
Ditte con scarichi idrici 4
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 18
Ditte insalubri 1ªclasse 8
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 2
Affinazione metalli 0
Vuotatura 3
Sgrassaggio con solventi clorurati 1
Galvanica con cianuri 5
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 35
Lavorazione del legno 2
Autofficine, elettrauto, ecc. 0
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 0
Lavorazioni di carpenteria metallica 0
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 1
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 1
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 1

Zona attività produttive Ponte alla Chiassa

Superficie (Kmq) 1,179  
Residenti 1.427  
Esercizi industriali 54 Addetti 286
Esercizi commerciali 35 Addetti 75
Altre attività 24 Addetti 38
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 31
Ditte con più di 10 anni 10
Ditte con scarichi idrici 12
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 15
Ditte insalubri 1ªclasse 11
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 0
Affinazione metalli 0
Vuotatura 3
Sgrassaggio con solventi clorurati 1
Galvanica con cianuri 4
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 26
Lavorazione del legno 0
Autofficine, elettrauto, ecc. 1
Autocarrozzerie 1
Lavorazioni tessili 1
Lavorazioni di carpenteria metallica 0
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 0
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 1

Zona attività produttive Rigutino Est

Superficie (Kmq) 0,662  
Residenti 570  
Esercizi industriali 33 Addetti 247
Esercizi commerciali 13 Addetti 17
Altre attività 6 Addetti 8
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 22
Ditte con più di 10 anni 9
Ditte con scarichi idrici 5
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 11
Ditte insalubri 1ªclasse 4
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 1
Affinazione metalli 0
Vuotatura 3
Sgrassaggio con solventi clorurati 0
Galvanica con cianuri 2
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 8
Lavorazione del legno 1
Autofficine, elettrauto, ecc. 1
Autocarrozzerie 0
Lavorazioni tessili 4
Lavorazioni di carpenteria metallica 2
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 0
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 1
Lavorazioni pellami 2
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 0

Zona attività produttive Tramarino

Superficie (Kmq) 0,928  
Residenti 165  
Esercizi industriali 80 Addetti 809
Esercizi commerciali 25 Addetti 132
Altre attività 19 Addetti 81
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 103
Ditte con più di 10 anni 22
Ditte con scarichi idrici 48
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 52
Ditte insalubri 1ªclasse 32
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 3
Affinazione metalli 0
Vuotatura 18
Sgrassaggio con solventi clorurati 3
Galvanica con cianuri 16
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 69
Lavorazione del legno 2
Autofficine, elettrauto, ecc. 5
Autocarrozzerie 1
Lavorazioni tessili 1
Lavorazioni di carpenteria metallica 4
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 1
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 4
Lavorazioni pellami 1
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 8

Zona attività produttive S. Zeno

Superficie (Kmq) 0,436  
Residenti 71  
Esercizi industriali 107 Addetti 1.515
Esercizi commerciali 21 Addetti 173
Altre attività 4 Addetti 12
Archivio del Servizio Ambiente
N. Ditte 130
Ditte con più di 10 anni 43
Ditte con scarichi idrici 58
Ditte con scarichi in acque superficiali 0
Ditte con emissioni 77
Ditte insalubri 1ªclasse 46
Cicli produttivi ad alto impatto
Industrie a rischio rilevante (DPR 175/88) 0
Incenerimento 8
Affinazione metalli 4
Vuotatura 29
Sgrassaggio con solventi clorurati 5
Galvanica con cianuri 28
Lavorazione asfalti e bitumi 0
Tipologia attività presenti
Lavorazioni orafe 96
Lavorazione del legno 0
Autofficine, elettrauto, ecc. 3
Autocarrozzerie 1
Lavorazioni tessili 7
Lavorazioni di carpenteria metallica 4
Lavorazioni di meccanica di precisione e costruzione macchina 2
Industria chimica e lavorazioni con utilizzo di cianuri 8
Lavorazioni pellami 0
Laboratori odontotecnici 0
Depositi e commercio all'ingrosso 8

9 Sistema Radiazioni non Ionizzanti

Nell'aprile 1999 viste le numerose richieste avanzate dai Gestori di Impianti di telefonia mobile volte ad ottenere l'autorizzazione all'installazione di ripetitori, la Giunta Comunale approva una proposta preliminare di localizzazione degli impianti di telefonia mobile su siti comunali elaborata dal Servizio Pianificazione e corredata da uno schema di convenzione da stipularsi prima del rilascio della concessione edilizia, nella quale si privilegiano siti il più possibile lontani da edifici o strutture di interesse pubblico (asili, scuole, ospedali, ecc.).

Nel Piano per la localizzazione degli impianti di telefonia mobile sono state individuate aree di propriatà comunale ritenute idonee all'installazione di stazioni radio base e compatibili con il contesto urbanistico e con le strutture di interesse pubblico.

Ulteriori aree ritenute idonee sono state individuate lungo le arterie di scorrimento in corrispondenza degli incroci o svincoli (tangenziale ovest e raccordo autostradale), nei parcheggi (Centro Affari, Cimitero) o all'interno di infrastrutture esistenti (ex inceneritore, pali dell'illuminazione dello stadio).

I Gestori dovranno in ogni caso richiedere la concessione edilizia, che verrà rilasciata solo previa valutazione.

La proposta di localizzazione anticipa in parte gli adempimenti normativi sia regionali che statali intervenuti successivamente, fissando i seguenti obiettivi:

  • la tutela della salute umana, dell'ambiente e del paesaggio in riferimento ai campi elettromagnetici;
  • l'ordinato sviluppo e la corretta localizzazione degli impianti, anche incentivandone l'accorpamento;
  • il contenimento dell'inquinamento elettromagnetico dovuto alle emissioni elettromagnetiche mediante il conseguimento degli obiettivi di qualità eventualmente definiti dagli atti statali.

Normativa di riferimento

La legge definisce le aree sensibili come quelle nelle quali le Amministrazioni competenti possono prescrivere localizzazioni alternative degli impianti, in considerazione della particolare densità abitativa, della presenza di infrastrutture e servizi, nonché dello specifico interesse storico architettonico e paesaggistico ambientale.

Alla Regione vengono assegnate le funzioni di indicazione dei criteri generali per la localizzazione degli impianti e l'identificazione delle aree sensibili, l'indicazione delle modalità per il rilascio delle autorizzazioni comunali, per l'attuazione delle azioni di risanamento, per l'attuazione dei controlli, per la presentazione da parte dei gestori delle dichiarazioni sugli impianti esistenti e dei programmi di sviluppo.

Ai Comuni invece, vengono affidate le funzioni di rilascio dell'autorizzazione per l'installazione o la modifica degli impianti, l'attuazione delle misure di risanamento, l'esercizio delle funzioni di vigilanza e lo svolgimento dei compiti di educazione.

La Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici si propone di tutelare sia la salute dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici, sia l'ambiente ed il paesaggio; di promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine, l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento al fine di minimizzare l'intensità e gli effetti dei campi elettromagnetici.

La legge definisce anche gli obiettivi di qualità consistenti nei criteri localizzativi, negli standard urbanistici, nelle prescrizioni e nelle incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, nonché nell'individuazione da parte dello Stato dei valori di campo elettromagnetico (limiti dei livelli di esposizione e valori di attenzione), la definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione > 150 KV, l'emanazione di un regolamento che contenga misure specifiche relative alle caratteristiche tecniche degli impianti e alla localizzazione degli elettrodotti e degli impianti di telefonia mobile.

La Regione ha inoltre il compito di individuare i siti di trasmissione degli impianti di telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti di radiodiffusione.

I Comuni hanno la possibilità di adottare un regolamento per assicurare il corretto inserimento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

La legge assegna inoltre ai Comuni e alle Province le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale mediante le strutture ARPAT.

Legislazione di riferimento:

  • Legge 26 ottobre 1995, n. 447 Legge quadro sull'inquinamento acustico.
  • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 Novembre 1997: determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore;
  • Leggi Regionali - Testi coordinati n. 89 del 01/12/1998 (Boll. n. 42 del 10/12/1998, parte Prima , SEZIONE I )
  • Consiglio Regionale - Deliberazioni n. 77 del 22/02/2000 (Boll. n. 12 del 22/03/2000, parte Seconda , SEZIONE I )
  • ALLEGATO 1 - Criteri ed indirizzi della pianificazione degli enti locali ai sensi dell'art. 2 della LR 89/98 "Norme in materia di inquinamento acustico"
Linee elettriche e stazioni radio base

Linee elettriche e stazioni radio base

10 Verifica ambientale delle condizioni alla trasformabilità

10.1 Valutazione del Piano Strutturale (art. 5 comma 5 L. R. T. 5/'95)

Le Istruzioni Tecniche per la valutazione degli atti di programmazione e pianificazione territoriale degli enti locali[1] prevedono che nella procedura per la costruzione degli elementi per la valutazione degli effetti ambientali Per ogni risorsa essenziale e per ciascun Sistema o Sub-sistema o per ciascuna UTOE, ed eventualmente per una specifica azione di trasformazione, il PS dovrà fissare le regole di giudizio (criteri ed indicatori) che permettono di valutare gli effetti delle azioni di trasformazione sui Sistemi Ambientali, Insediativo e socio-economico, tenuto conto degli obiettivi da perseguire in quel Sistema, Sub-sistema o UTOE, delle condizioni di vulnerabilità e riproducibilità delle risorse essenziali ivi presenti, dei relativi livelli di criticità nonché delle relative condizioni di uso.

Coerentemente con le indicazioni delle Istruzioni Tecniche il Piano Strutturale prevede quattro livelli di prescrizioni specifiche di cui il primo, il secondo ed il terzo, immediatamente cogenti attraverso il Piano Strutturale, ed il quarto da formulare con il Regolamento urbanistico.

Il primo livello si attua con l'introduzione di Parametri Ambientali minimi inderogabili, che devono essere applicati all'interno delle aree di trasformazione indicate dal Piano Strutturale (trasformazione di aree già urbanizzate o di nuova urbanizzazione) e con una serie di indicazioni essenziali alla strategia del Piano.

Il secondo livello si attua attraverso direttive, vincoli e prescrizioni alla trasformabilità da applicare sui Sistemi e sub-sistemi del Piano Strutturale.

Il terzo livello indica le azioni specifiche mirate alla salvaguardia delle risorse, alla compatibilità delle caratteristiche tecniche dell'intervento e alla compensazione ambientale di eventuali effetti negativi sul territorio, che diventano parte integrante delle norme relative agli Schemi Direttori e Aree Strategiche.

Il quarto livello, definito nel Piano Strutturale da criteri e linee guida da sviluppare successivamente nel Regolamento Urbanistico, consiste nella elaborazione di matrici ambientali, definite mediante interrelazione di indicatori idonei, per la definizione delle condizioni alla trasformabilità da applicare in ciascuna UTOE.

10.2 Obiettivi e lineamenti del Piano Strutturale

Sono di seguito richiamati, in modo sintetico, gli obiettivi generali[2] del Piano strutturale da perseguire attraverso azioni specifiche, organizzate secondo i sistemi individuati dallo stesso Piano Strutturale.

La residenza

Il Piano Strutturale prevede quattro modalità di espansione residenziale:

  1. a. per nuovi nuclei, di cui alcuni subordinati dalla realizzazione di un collegamento ferroviario metropolitano veloce prevalentemente a nord del centro urbano di Arezzo;
  2. b. in addizione e a ridefinizione dei margini urbani;
  3. c. per ampliamento dei nuclei e delle frazioni esistenti;
  4. d. secondo le possibilità edificatorie previste nelle zone agricole di tipo residenziale e produttivo.

Per le tipologie relative al primo, secondo e terzo punto, il territorio si presenta già infrastrutturato (rete di adduzione idrica, rete fognaria di smaltimento, rete viaria e ferroviaria, rete elettrica e metano) ed in grado di supportare le ulteriore previsioni insediative.

Nel Piano Strutturale sono stati inoltre presi in considerazione tutti gli aspetti legati al rischio idrogeologico ed idraulico attraverso l'elaborazione di carte tematiche, di sintesi e di valutazione specifiche, che hanno portato alla individuazione di ambiti "sensibili" da assoggettare ad interventi di messa in sicurezza o da escludere da processi edificatori.

Ancora il Piano Strutturale localizza le principali aree di nuova espansione a nord (prima tipologia) rispetto il centro storico della città di Arezzo. Esse saranno collegate attraverso un nuovo sistema di trasporto pubblico. I nuovi insediamenti saranno localizzati intorno ai nuclei di Stroppiello e di Ceciliano, a nord di Stroppiello e nell'area a nord-ovest del centro compresa tra l'area già urbanizzata e la tangenziale. Queste aree sono tutte attualmente attraversate dalla linea ferroviaria locale Arezzo - Stia, gestita dalla sociatà "La Ferroviaria Italiana" che dovrà essere trasformata in una metropolitana leggera. l'attuazione di alcune di queste aree di espansione è subordinata dal Piano Strutturale, alla riconversione dell'attuale linea ferroviaria in metropolitana leggera consentendo una accessibilità diretta a tutto il territorio aretino (non solamente il centro urbano, ma anche le aree produttive ed i grandi attrattori) limitando quindi l'utilizzo del mezzo di trasporto privato. In questo modo si utilizzerà una tecnologia di trasporto "pulita" e a basso costo.

Le caratterizzazione preminente nei nuovi insediamenti è incentrata sulla pedonalizzazione e sulla "mixité" di funzioni presenti nelle aree urbane. Come nelle città storiche, in tali quartieri si mescolano numerosi stili diversi di edilizia abitativa e relativi servizi in un ambiente urbano a misura d'uomo. I piccoli negozi e gli edifici comunali si raggrupperebbero vicino alla stazione della metropolitana leggera, addensandosi maggiormente man mano che ci si sposta verso l'esterno. Lo sviluppo della fruibilità dei trasporti contribuirebbe di conservare gli spazi verdi, di ridurre le esigenze di traffico e di parcheggio, ed inoltre consentirebbe una crescita urbana efficiente.

La mobilità

Il sistema della mobilità è incentrato sulla realizzazione dei seguenti interventi:

  • la creazione di un massimo di quattro stazioni della metropolitana leggera entro i confini della prevista circonvallazione; ciò potrebbe supportare, lungo la via di transito proposta a nord, sia sviluppi di completamento che nuovi insediamenti;
  • una strada ad ovest della città che costituirebbe l'accesso alla zona industriale ed ai luoghi di lavoro;
  • una nuova strada ad est che attraverserebbe e collegherebbe le aree urbane già consolidate;
  • la nuova circonvallazione di collegamento tra il Casentinese e la Due Mari.

Inoltre, per quanto concerne la previsione della nuova circonvallazione, che ha il compito di deviare il traffico pesante di attraversamento del centro urbano di Arezzo e collegare la rete viaria principale, si prevede che il progetto sia accompagnato da una Valutazione di Sostenibilità Ambientale, da una valutazione di Impatto e da un piano di compensazione e riqualificazione ambientale.

Relativamente alle infrastrutture esistenti il Piano Strutturale, quando possibile, prevede la realizzazione di "Bande Verdi" di compensazione ambientale per gli inquinamenti dovuti al traffico, alla presenza di attività e di sorgenti con emissioni inquinanti.

Le "Bande Verdi" sono strutturate con impianti vegetazionali più o meno densi e composte da specie vegetali mirate all'abbattimento o alla riduzione degli effetti inquinanti, e sono utilizzate anche per il collegamento ciclabile e pedonale e per separare funzioni tra loro non coerenti.

Il Sistema Produttivo

L'archivio del Servizio Ambiente, in data 31.12.1997, individuava 2.022 insediamenti produttivi attivi, di cui 734 appartenenti all'attività orafa; degli insediamenti produttivi totali 462 presentano scarichi di reflui provenienti dal ciclo produttivo, 613 emissioni di fumi in atmosfera e 263 sono classificati come attività con cicli produttivi ad alto impatto.

Relativamente alla distribuzione territoriale delle attività produttive e ad alto impatto, si ha una concentrazione del settore orafo del 43% in tre località (Pescaiola, Tramarino e S. Zeno) ed una localizzazione delle attività inquinanti per il 70% circa nelle medesime località.

Si evidenzia un fenomeno di concentrazione delle produzioni "sensibili" i cui effetti procurano elementi di degrado già riscontrati nella valutazione della qualità delle acque sotterranee e superficiali.

Attraverso il Regolamento Urbanistico si dovranno stabilire le operazione finalizzate alla riduzione degli effetti inquinanti e alla ridefinizione di azioni per il recupero e di bonifica ambientale dei siti.

1.2.4. Sistema luoghi centrali

L'obiettivo è quello di consolidare la struttura esistente dei luoghi centrali, assecondando la tendenza all'accentramento nell'ambito urbano ma ampliando gli spazi di interesse collettivo e connettendoli in sequenze riconoscibili; la trama degli spazi prevalentemente aperti che attraversa il tessuto medievale e quello otto-novecentesco, dove è privilegiata la circolazione pedonale, si prolunga quindi verso i parchi e le altre principali attrezzature della città, mentre nella fascia perimetrale e lungo la tangenziale urbana si dispongono una serie di monofunzioni e di funzioni speciali.

Sistema ambientale

Gli indirizzi che hanno guidato la definizione del sistema ambientale sono la tutela delle aree caratterizzate da livelli elevati di naturalità, il recupero di aree degradate, il potenziamento e la salvaguardia degli spazi liberi verdi all'interno di contesti urbani densi, l'arresto della progressiva insularizzazione del territorio.

Il sistema comprende quindi sia i grandi spazi aperti che le aree verdi destinate al tempo libero e allo sport: esso si articola in una serie di sottosistemi o ambiti di appartenenza, ad ognuno dei quali è assegnato un determinato ruolo che viene nominato e descritto in modo allusivo attraverso l'uso di parole chiave:

  • le parti montuose o collinari boscate, "riserve di naturalità" che salvaguardano sia le suddette parti, sia le aree urbanizzate sottostanti;
  • le parti agricole della pianura, "cintura" capace di proteggere i paesaggi rurali e di garantirne l'integrità nel contatto con le aree urbane;
  • gli spazi aperti della città e del territorio, "collegamenti ambientali" e "capisaldi del verde";
  • la trame e le aree di pertinenza delle acque, "corridoi di connessione" degli aspetti ecologici, e di supporto per le attività di tempo libero.

11 Definizione dei parametri ambientali e delle condizioni alla trasformabilita nel Piano Strutturale

11.1 Parametri Ambientali

Come già premesso nel paragrafo precedente i Parametri Ambientali rappresentano le quantità minime inderogabili da applicare nelle situazioni di trasformazione delle aree urbanizzate (nuova realizzazione o modifica dell'esistente).

Nello specifico il Piano Strutturale individua sin da ora le dimensioni quali-quantitative di alcuni parametri, rimandando il dimensionamenti degli altri al Regolamento Urbanistico.

I Parametri Ambientali considerati prescrittivi dal Piano Strutturale sono:

  • - Indice di permeabilità Territoriale IP: esprime il rapporto minimo ammissibile tra la Superficie permeabile SP e la Superficie territoriale ST.
  • - Indice di permeabilità degli spazi pubblici o di uso pubblico IPS: esprime il rapporto minimo ammissibile tra la Superficie permeabile SP e gli spazi impermeabili pubblici o di uso pubblico.
  • - densità arborea DA: esprime il rapporto tra la superficie sviluppata dalle formazioni arboree (alberi di prima, seconda e terza grandezza) da mettere a dimora e la Superficie fondiaria SF.
  • - densità arbustiva DAR: esprime il rapporto tra la superficie sviluppata dalle formazioni arbustive da mettere a dimora e la Superficie fondiaria SF.
  • - Indice di fruizione pedonale - ciclabile IPC: esprime la quantità di area in mq riservata a percorsi pedonali e ciclabili in rapporto alla superficie fondiaria.

I dimensionamenti dei parametri prescrittivi secondo il Piano Strutturale, ai fini del potenziamento della qualità ambientale dell'ecosistema urbano, sono:

  • Indice di permeabilità Territoriale IP = 40% della Superficie Territoriale;
  • Indice di permeabilità degli spazi pubblici o di uso pubblico IPS = il mantenimento una quota del 20% di aree permeabili nell'ambito degli spazi impermeabili pubblici o di uso pubblico;
  • densità arborea DA per servizi pubblici e privati = 25% della superficie fondiaria;
  • densità arbustiva DAR per servizi pubblici e privati = 5% della superficie fondiaria;
  • Indice di fruizione pedonale - ciclabile IPC = 5% della superficie territoriale.

Nel Regolamento Urbanistico, mediante schede, guide ed indicazioni apposite, verranno specificate modalità di impianto e realizzazione, materiali e specie arboree ed arbustive da utilizzare, superfici a terra da lasciare permeabili e tutte le indicazioni progettuali inerenti.

11.2 Costruzione di un quadro di vulnerabilità e criticità delle risorse

L'obiettivo che il Piano Strutturale si è posto consiste nella definizione di un quadro di riferimento delle relazioni tra ambiente naturale ed antropizzato, finalizzato a focalizzare le parti di territorio dove permangono elementi di valore costituiti dalle risorse ambientali esistenti e potenziali, e le zone caratterizzate da fenomeni di degrado, di pericolosità e di rischio. La mappatura di tali zone è costituita dall'assemblaggio di più tematismi e studi estrapolati da documenti prodotti o da indagini effettuate per la redazione del quadro conoscitivo delle risorse.

In particolare per la definizione di direttive ambientali, vincoli e prescrizioni alla trasformabilità, relativi ai livelli sopra descritti, sono stati messi in confronto due strumenti: lo Statuto dei Luoghi, che raccoglie le Invarianti Strutturali, gli Interventi e le Tutele Strategiche, e la carta di Valutazione Ambientale del territorio "di criticità e sensibilità" finalizzata ad evidenziare le condizioni di fragilità territoriale ed in particolare le condizioni critiche in assenza ed in presenza di trasformazioni.

I temi trattati nella redazione della carta di criticità e sensibilità sono i seguenti:

  1. A) DEGRADI E RISCHI CONNESSI ALL'ASSETTO IDRO-GEOLOGICO relativamente a:
    1. 1) assetti idro-geo-morfologici
    2. 2) assetti idro-geologici
    3. 6) rischio idraulico ed esondazione
    4. 7) principali corridoi di connessione idrologico-ambientale
      (Riferimento alle Tavv. B.25 [Geomorfologica], B.27 [Idrogeologica], B.31 [La pericolosità geologica] e B.34 [La pericolosità idraulica] del Quadro conoscitivo)
  2. B) DEGRADI E RISCHI CONNESSI ALLE ACQUE relativamente a:
    1. 2) acque superficiali
    2. 3) infrastrutture delle acque
    3. 4) regimazione idraulica
    4. 5) acque sotterranee
      (Riferimento alle Tavv. B.11 [Il sistema idrografico] e B.27 [Idrogeologica] del Quadro conoscitivo)
  3. C) PRESSIONI ANTROPICHE relativamente a:
    1. 1) aree urbane
    2. 2) aree agricole e/o naturali
      (Riferimento alle Tavv. - B.2 [Morfologia e sistema insediativo], B. 5 [Carta agronomica], B.7 [Le infrastrutture della mobilità], B.9 [Uso del suolo]. B.10 [Morfologia e copertura vegetale], B. 18 [Città e sistema degli insediamenti], B.19 [Paesaggio] e B.21 [Risorse naturali] del Quadro Conoscitivo)

11.3 Condizioni alla trasformabilità per la mappa strategica

Attraverso la strategia del Piano Strutturale devono essere definite quelle che sono le "azioni trasversali" del piano e che riguardano il potenziamento e/o lo sviluppo della sostenibilità ecologico-ambientale del territorio.

È necessario per l'attuazione delle azioni strategiche effettuare una verifica di alcune condizioni prioritarie riferibili al miglioramento dei caratteri degli ecosistemi urbani e territoriali e che riguardano in particolare:

  • la necessità della creazione corridoi di infrastrutturazione e le canalizzazioni di servizio;
  • le modalità di sistemi di approvvigionamento idrico che consentano inoltre il recupero delle sorgenti naturali o di altre fonti idriche;
  • la possibilità di differenziare gli utilizzi della risorsa idrica (uso potabile ed uso per attività di servizio e produzione) mediante la creazione di un acquedotto duale;
  • le modalità dei sistemi di smaltimento, di depurazione e di recupero delle acque reflue privilegiando lo smaltimento separato acque bianche-acque nere;
  • le modalità dei sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti con la costituzione di isole ecologiche il cui dimensionamento è condizionato dalle modalità di raccolta e dal bacino di utenza;
  • le modalità di utilizzo ed organizzazione delle risorse energetiche anche attraverso sistemi di produzione dell'energia alternativa;
  • la verifica dell'ufficiosità idraulica del reticolo drenante e della corretta regimazione delle acque nelle aree investite dalla trasformazione urbanistica ed edilizia;
  • il monitoraggio ambientale relativamente alle risorse essenziali (suolo e sottosuolo; acque superficiali e sotterranee; aria) attraverso anche la costruzione di un Sistema Informativo Territoriale Ambientale.

11.4 Condizioni alla trasformabilità per sistemi e sottosistemi

In funzione della definizione ed articolazione dei sistemi e sottosistemi funzionali vengono definite delle condizioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi e per la disciplina degli ambiti.

Sistema ambientale (V)

  • - Sottosistemi V1, V2 e V3 (aree naturali ed agricole)
    Per gli assetti agricoli e forestali le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    i nuovi assetti e le riconversioni di pratiche forestali ed agricole tradizionali;
    la coltivazione del bosco;
    gli interventi di regimazione idraulica;
    gli interventi di consolidamento dei terreni;
    la modificazione degli elementi strutturanti il territorio agricolo (reticolo delle acque, manufatti, terrazzamenti e ciglionamenti, percorsi e viabilità, nuovi impianti vegetazionali).
    Per le nuove edificazioni e per gli edifici esistenti le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    la viabilità esistente e di progetto;
    le modalità di smaltimento dei reflui e dell'approvvigionamento idrico per usi civili;
    le modalità di smaltimento dei reflui e dell'approvvigionamento idrico per usi produttivo-agricoli;
    le aree impermeabili;
    lo smaltimento dei prodotti utilizzati per usi agricoli (plastiche per serre o tunnel, ecc);
    ripristino dei luoghi degradati o trasformati.
  • - Sottosistema V4 (corridoi e connessioni fluviali)
    Le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    il ripristino della continuità del sistema dei fossi (interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzazione di nuovi corsi d'acqua, delocalizzazione di attività ed usi incompatibili con la continuità);
    il ripristino dell'ecosistema fluviale (assetti vegetazionali e faunistici);
    il contenimento o l'eliminazione del rischio idraulico;
    la creazione di fasce di servizio e di fruizione lungo i corsi d'acqua;
    la riconversione ed il potenziamento di pratiche agricole coerenti con i caratteri dell'ecosistema fluviale;
    la fattibilità tecnico-economica della realizzazione degli interventi.
  • - Sottosistema V5 (capisaldi del verde)
    Le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    la coerenza tra il progetto ed i caratteri fisici, ambientali, storici ed insediativi e gli usi presenti nei luoghi oggetto di trasformazione;
    le situazioni di degrado e di criticità ambientale e paesistica (aree ex-cave, discariche, situazioni di abbandono e siti inquinati, ecc);
    gli interventi di compensazione e mitigazione agli impatti derivati da situazioni soggette a pressioni antropiche (inquinamento acustico, atmosferico, delle acque e del suolo, concentrazioni insediative, ecc);
    la continuità dei flussi ambientali degli ecosistemi territoriali ed urbani all'interno di una logica di rete ecologica;
    la fattibilità tecnico-economica della realizzazione degli interventi.

Sistema dei luoghi centrali (L) e sistema della residenza (R)

  • - Tutti i sottosistemi di L e di R
    Le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    la permeabilità dei suoli;
    il deflusso delle acque superficiali;
    l'officiosità idraulica;
    le canalizzazioni di servizio;
    le modalità di approvvigionamento idrico e di smaltimento;
    la separazione delle acque nere e bianche;
    la funzionalità del sistema fognante;
    l'inquinamento (acustico, atmosferico) legato al traffico.
    Sistema della produzione (P)
  • - Tutti i sottosistemi di P
    Le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    la bonifica dei siti inquinati;
    le aziende a rischio rilevante;
    le aziende insalubri;
    l'inquinamento (acustico, atmosferico) legato alla produzione.

Sistema della mobilità (M)

  • - Tutti i sottosistemi di M
    Le condizioni alla trasformabilità si riferiscono a:
    le valutazioni specifiche di impatto;
    i canali infrastrutturali per la mobilità (viaria e ferroviaria) a forte impatto;
    le opere di compensazione ambientale;
    le opere di mitigazione ambientale.

11.5 Condizioni alla trasformabilità delle aree strategiche (Schemi direttori)

Vengono considerate le singole aree strategiche di intervento che "costituiscono" gli Schemi Direttori: all'interno di queste le condizioni sono necessarie per l'attivazione dei processi attuativi all'interno del Piano Strutturale.

Le condizioni alla trasformabilità comportate sono di seguito raggruppate secondo interventi analoghi previsti nei diversi schemi direttori.

Schema direttore SD1 (la metropolitana urbana)

  • - Area strategica di intervento 1.1 (Tramvia)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    la bonifica delle aree di sedime ferroviario da dismettere;
    l'attenuazione dell'inquinamento (acustico, atmosferico e percettivo) lungo l'asse ferroviario mediante una fascia filtro di mitigazione ambientale;
    la quantità di superfici impermeabili adiacenti alla linea ferroviaria ed alla stazione deve essere compensata da adeguate aree a verde;
    le opere di compensazione e mitigazione ambientale, per il riutilizzo del tracciato (sotterraneo e superficiale) del Castro, legate all'operatività dell'Area strategica 1.6 (canale diversore).
  • - Aree strategiche di intervento: i nuovi quartieri 1.2(Tucciarello) , 1.3 (Cacciarelle), 1.4 (Sitorni), 1.5 (Stroppiello)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la creazione e l'organizzazione delle reti infrastrutturali mediante:
    le canalizzazioni di servizio;
    la rete fognante e la separazione delle acque nere e bianche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per le attività di gestione degli impianti a verde;
    l'utilizzo di fonti e tecnologie energetiche alternative;
    La verifica di eventuali criticità ambientali legate all'Area strategica 1.1 (tramvia);
    la realizzazione degli impianti verdi, in particolare di quelli boscati, deve precedere gli interventi di edificazione;
    la predisposizione di un sistema di monitoraggio degli inquinamenti ambientali ed elettromagnetici;
    la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un sistema di isole ecologiche;
  • - Area strategica di intervento 1.6 (il canale diversore)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    la verifica delle condizioni idrauliche, idrogeologiche e geomorfologiche (esondabilità, instabilità dei terreni, ecc);
    il rapporto con il contesto urbano e le infrastrutture viarie in termini di discontinuità e continuità;
    la creazione di un parco attrezzato lineare lungo il canale con la messa a dimora di nuovi impianti vegetazionali ,la creazione di percorsi, strade ed aree verdi e all'interno dell'alveo la realizzazione di zone umide;
    la verifica della possibilità del mantenimento di un deflusso continuo delle acque all'interno dell'alveo del canale anche con l'ausilio di risorse idriche esterne al sistema del Castro;
    la definizione di una o più ipotesi di tracciato del canale di versore

Schema direttore SD2 (la nuova tangenziale)

  • - Area strategica di intervento 2.1 (la nuova Strada Statale 71)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    gli interventi di compensazione ambientale lungo l'asse stradale;
    gli interventi di mitigazione ambientale, per attenuare l'inquinamento (acustico, atmosferico) legato al traffico, mediante una fascia filtro;
    la raccolta e chiarificazione delle acque di dilavamento in apposite canalette o vasche (prime piogge).
  • - Area strategica di intervento 2.2 e 2.3 (le nuove zone industriali)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la bonifica delle aree industriali da dismettere;
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per le attività produttive;
    creazione di sistemi di raccolta e depurazione delle acque di prima pioggia;
    rete energetica privilegiando l'utilizzo di tecnologie innovative.
    la predisposizione di un sistema di monitoraggio degli inquinamenti ambientali ed elettromagnetici;
    la raccolta differenziata e lo smaltimento dei rifiuti attraverso la realizzazione di un sistema di isole ecologiche;
    la realizzazione di una fascia verde di filtro tra le infrastrutture viarie- ferroviarie e le aree industriali, e tra le aree industriali e i quartieri residenziali, di compensazione e mitigazione ambientale al fine di attenuare gli impatti prodotti sull'ambiente;
  • - Area strategica di intervento 2.4 (l'interporto)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    realizzazione di aree verdi, boscate e non con specchi d'acqua, di mitigazione e compensazione ambientale, finalizzate ad attenuare gli impatti prodotti sull'ambiente da estese aree pavimentate;
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale per gestione del servizio idrico di tipo produttivo e per gli impianti a verde;
    creazione di un sistema di raccolta e depurazione delle acque di prima pioggia e di restituzione nel terreno o in un corso ad avvenuta depurazione;
    l'utilizzo di fonti e tecnologie energetiche innovative.
    Il mantenimento o la realizzazione del reticolo di raccolta e drenaggio delle acque di superficiali
  • - Area strategica di intervento 2.5 (variante Pratoantico-indicatore) e 2.6 (variante Quarata)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    gli interventi di compensazione ambientale lungo o in prossimità dell'asse stradale;
    gli interventi di mitigazione ambientale, per attenuare l'inquinamento (acustico, atmosferico) legato al traffico, mediante una fascia verde di filtro;
    Il mantenimento o la realizzazione del reticolo di raccolta e drenaggio delle acque di superficiali.

Schema direttore SD3 (la parkway)

  • - Area strategica di intervento 3.1 (potenziamento raccordo autostradale) e 3.2 (nuovo percorso turistico)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    la creazione di un canale infrastrutturale;
    gli interventi di compensazione ambientale lungo l'asse stradale;
    la messa a dimora di nuovi impianti vegetazionali, in particolare quelli arborei e arbustivi, lungo il nuovo percorso turistico deve seguire le trame delle siepi che costituiscono gli elementi ordinatori del paesaggio agrario circostante;
    la creazione di un reticolo di drenaggio delle acque superficiali e piovane, in particolare per i luoghi dove si verificano fenomeni di ristagno;
    gli interventi di mitigazione ambientale, per attenuare l'inquinamento ambientale legato al traffico;
    creazione di un sistema di raccolta e depurazione delle acque di prima pioggia e di restituzione nel terreno o in un corso ad avvenuta depurazione.
  • - Area strategica di intervento 3.3 (Cittadella degli Affari)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la riduzione al minimo delle superfici impermeabili (parcheggi e collegamenti stradali) a favore di quelle permeabili (aree a verde, percorsi non asfaltati, ecc);
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale per gestione del servizio idrico di tipo produttivo e per gli impianti a verde;
    l'utilizzo di tecniche e tecnologie ecocompatibili che inoltre consentano il risparmio energetico.
    la realizzazione degli impianti verdi, in particolare di quelli boscati, deve precedere gli interventi di edificazione;
  • - Area strategica di intervento 3.4 (riqualificazione tangenziale urbana)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    gli interventi di compensazione ambientale lungo l'asse stradale;
    gli interventi di mitigazione ambientale, per attenuare l'inquinamento (ambientale) legato al traffico;
    creazione di un sistema di raccolta e depurazione delle acque di prima pioggia e di restituzione nel terreno o in un corso ad avvenuta depurazione;
    la creazione di un reticolo di drenaggio delle acque superficiali e piovane, in particolare per i luoghi dove si verificano fenomeni di ristagno;.
  • - Area strategica di intervento 3.5 (variante Ceciliano) e 3.6(chiusura nord)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la preventiva valutazione di impatto ambientale;
    la messa a dimora di nuovi impianti vegetazionali lungo il nuovo percorso;
    gli interventi di compensazione ambientale lungo l'asse stradale;
    gli interventi di mitigazione ambientale, per attenuare l'inquinamento causato dal traffico;
    la creazione di un reticolo di drenaggio delle acque superficiali e piovane, in particolare per i luoghi dove si verificano fenomeni di ristagno.
  • - Area strategica di intervento 3.7 (la Catona) e 3.8 (area ex caserme)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la riduzione al minimo delle superfici impermeabili (parcheggi e collegamenti stradali) a favore di quelle permeabili (aree a verde, percorsi non asfaltati, ecc);
    la realizzazione degli impianti verdi, in particolare di quelli boscati, deve precedere gli interventi di edificazione;
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per le attività produttive.
  • - Area strategica di intervento 3.9 (ex Scalo merci)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la bonifica delle aree ferroviarie dimesse o da dismettere;
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per le attività produttive rete di approvvigionamento idrico.
    la verifica di possibili criticità idrogeologiche (discontinuità del reticolo idrografico, aree esondabili, aree di ristagno, ecc);
    l'attenuazione dell'inquinamento (ambientale) lungo l'asse ferroviario mediante una fascia filtro di mitigazione ambientale.
    la realizzazione degli impianti verdi, in particolare di quelli boscati, deve precedere gli interventi di edificazione.
  • - Area strategica di intervento 3.10 (Aeroporto della Val di Chiana)
    La condizione prioritaria è la verifica dell'impatto ambientale secondo L.R. 79/'98 e la Circolare interpretativa dell'art. 11 approvata con Delibera Giunta Regionale 79/'01 della Regione Toscana.
    Inoltre bisogna considerare una serie di problematiche, alla base di qualsiasi utilizzo dell'area, di tipo idraulico, idrogeologico, geomorfologico e storico (criticità storiche ed idro-morfo-geologiche):
    la regimazione delle acque superficiali;
    le acque sotterranee e la falda acquifera;
    la stabilità dei terreni;
    la permanenza degli impianti storici
    Le condizioni alla trasformabilità comportano inoltre:
    la creazione di corridoi idraulici (di 50 metri) per garantire l'officiosità idraulica e la gestione dei canali e dei fossi;
    la creazione di bacini di accumulo e reimmissione nel reticolo idrografico principale per la eliminazione del drenaggio difficoltoso;
    la creazione di un sistema di raccolta e depurazione delle acque di prima pioggia e di restituzione nel terreno o in un corso ad avvenuta depurazione;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per le attività produttive e per la gestione degli impianti a verde

Schema direttore SD4 (i parchi urbani)

  • - Area strategica di intervento 4.1 (Parco fluviale - Chiusa dei monaci)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    il recupero e la rinaturalizzazione di parte del reticolo idrografico;
    la verifica delle condizioni idrauliche, idrogeologiche e geomorfologiche (esondabilità, instabilità dei terreni, ecc);
    il rapporto con il contesto urbano e le infrastrutture viarie e ferroviarie, in termini di discontinuita, continuità e accessibilità;
    la bonifica delle aree degradate (discariche abusive, siti inquinati, ex cave,ecc.);
    la dismissione di attività in contrasto con la realizzazione del parco
    la redazione di un Piano di assetto e di gestione che definisca gli aspetti tecnici, economici e gestionali dell'intervento.
  • - Area strategica di intervento 4.2 (Parco della bonifica idraulica)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    il recupero e la rifunzionalizzazione del reticolo idrografico drenante (acque basse) e dei canali pensili (acque alte);
    la verifica delle condizioni idrauliche, idrogeologiche e geomorfologiche (esondabilità, instabilità dei terreni, ristagni ecc);
    la messa in sicurezza dei manufatti storici della bonifica idraulica;
    la verifica di compatibilità e coerenza tra gli assetti agricoli produttivi e la destinazione di parco;
    la definizione del rapporto con il contesto urbano e le infrastrutture viarie e ferroviarie in termini di discontinuità e continuità e accessibilità;
  • - Area strategica di intervento 4.3 (Parco urbano di Molin Bianco)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    l'assunzione dei caratteri del paesaggio agricolo come elementi guida nella ri-progettazione degli spazi verdi e mantenere o ripristinare porzioni di territorio ad uso agricolo per finalità di tempo libero o sperimentazione;
    il mantenimento o ripristino della continuità del reticolo idrografico e del drenaggio delle acque superficiale mediante la creazione aree di accumulo o la realizzazione di nuovi alvei fluviali, coerenti con il progetto del parco;
    la bonifica, in caso di dismissione dell'attuale aeroporto, dei siti e dei sedimi di servizio dell'aerostazione;
    l'attenuazione dell'inquinamento (acustico, atmosferico e percettivo), mediante fasce filtro di mitigazione ambientale, verso i fronti urbani e stradali;
    la definizione del rapporto con il contesto urbano e le infrastrutture viarie e ferroviarie in termini di discontinuità e continuità e accessibilità;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per l'irrigazione degli spazi verdi
    la redazione di un Piano di assetto e di gestione che definisca gli aspetti tecnici, economici e gestionali dell'intervento.
  • - Area strategica di intervento 4.4 (Parco lineare: la cintura del verde urbano)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la creazione di masse vegetali, arboree, arbustive ed erbacee (di tipo autoctono) il recupero o l'inserimento di elementi d'acqua, che contribuiscono alla creazione di habitat faunistici e vegetazionali;
    la riqualificazione delle aree a verde degradate;
    la continuità degli assetti vegetazionali per garantire la riattivazione dei flussi ecologici ambientali tra l'ecosistema urbano e quello territoriale;
    il recupero o l'inserimento di elementi d'acqua;
    la creazione di percorsi, strade ed aree fruibili;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per l'irrigazione degli spazi verdi
  • - Area strategica di intervento 4.5 (Parco urbano di San Cornelio)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la redazione di un preventivo Studio di fattibilità che valuterà la compatibilità tra gli interventi previsti, il campeggio in particolare, gli effetti sulle componenti paesistico-ambientali, in particolare relativamente all'area archeologica di San Cornelio;
    il mantenimento e la valorizzazione degli elementi strutturanti il territorio agricolo (reticolo delle acque, manufatti, terrazzamenti e ciglionamenti, percorsi e viabilità, impianti vegetazionali).
    la redazione di un progetto specifico di valorizzazione dell'area archeologica
  • - Area strategica di intervento 4.6 (la Cittadella dello sport)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    il mantenimento della continuità fisica e l'accessibilità tra i singoli complessi sportivi e ricreativi;
    la riduzione al minimo delle superfici impermeabili (parcheggi e collegamenti stradali) a favore di quelle permeabili (aree a verde, percorsi non asfaltati, ecc);
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per l'irrigazione degli spazi verdi
    l'utilizzo di tecniche e tecnologie ecocompatibili che inoltre consentano il risparmio energetico.
  • - Area strategica di intervento 4.7 (la Cittadella del tempo libero: il triangolo delle cave)
    Le condizioni alla trasformabilità comportano:
    la predisposizione di un progetto di bonifica ed il recupero ambientale delle aree di cava;
    la verifica di compatibilità e coerenza tra le attività produttive esistenti (frantoi di cava, ecc) con le destinazioni della cittadella del tempo libero;
    il mantenimento e ripristino dei tracciati storici;
    realizzazione di opere di mitigazione ambientale degli assi stradali ad elevato traffico automobilistico, in particolare per la prevista S.S. 71;
    la verifica delle situazioni critiche idrogeologiche e morfologiche (instabilità dei terreni, ecc);
    la creazione e l'organizzazione di canali infrastrutturali comprendenti le seguenti reti tecnologiche:
    canalizzazioni di servizio;
    rete fognaria con la separazione delle acque reflue dalle meteoriche;
    l'utilizzo di un acquedotto duale di servizio per l'irrigazione degli spazi verdi
    l'utilizzo di tecniche e tecnologie ecocompatibili finalizzate al risparmio energetico.
    la redazione di un Piano Fattibilità tecnica, economica e gestionale dell'intervento.

12 Definizione dei parametri ambientali e delle condizioni alla trasformabilita da definire attraverso il Regolamento Urbanistico

12.1 Individuazione di criteri ed indicatori per le condizioni alla trasformabilità da definire attraverso il Regolamento Urbanistico

Il Regolamento Urbanistico specifica le condizioni alla trasformabilità definite dal Piano Strutturale, attraverso analisi ed elaborazioni di maggior dettaglio per le previsioni, da realizzarsi mediante Piano Attuativo, inserite nel Programma Integrato di Intervento.

Più specificatamente queste consistono in valutazioni operative che danno come esito l'eliminazione o la mitigazione degli effetti ambientali negativi.

La valutazione degli effetti delle azioni di trasformazione sui sistemi ambientali dovrà essere effettuata mediante:

  • descrizione dell'azione di trasformazione;
  • individuazione delle risorse coinvolte ed individuazione dell'ambito degli effetti;
  • analisi dello stato di fatto delle risorse soggette a modificazione;
  • definizione degli specifici obiettivi prestazionali di tutela, salvaguardia e riqualificazione dei sistemi ambientale, insediativo e socio-economico;
  • determinazione dei criteri di valutazione;
  • descrizione e stima dei prevedibili effetti dell'azione di trasformazione;
  • valutazione dell'azione di trasformazione;
  • indicazione di misure idonee ad evitare, ridurre o compensare gli effetti ambientali negativi.

La valutazione verrà effettuata mediante un insieme di indicatori prescelti che interrelandosi definiscono una griglia ambientale valutativa.

12.2 Il processo metodologico per elaborare una griglia ambientale utile per la costruzione delle prescrizioni alla trasformabilità da applicare nelle UTOE

Premessa metodologica

Gli indicatori presi come modelli ci permettono di monitorare e comunicare informazioni sui progressi o le tendenze in atto verso un dato obiettivo. Occorre però precisare che "gli indicatori rappresentano un modello empirico di realtà, non la realtà stessa", e nella costruzione di indicatori per le politiche pubbliche si ha l'obbligo di rendere espliciti sia i metodi di misura che i modelli che vi sono alla base secondo tali caratteristiche:

utilità per l'utente: gli indicatori devono essere rilevanti e comprensibili per chi ne deve fare uso e riflettere obiettivi sociali;

rilevanza per le politiche: gli indicatori devono aiutare a interpretare lo stato dell'ambiente e le pressioni delle attività umane in rapporto agli obiettivi di politiche e programmi nazionali e locali;

elevata capacità di sintesi: gli indicatori devono essere in grado di sintetizzare in un valore numerico una larga quantità di informazione.

A differenza dei dati e delle statistiche ambientali, gli indicatori e gli indici sono all'apice della piramide informativa, la cui base è appunto costituita da una larga quantità e variatà di dati ed informazioni su diverse componenti dell'ambiente. Il processo di selezione ed elaborazione dei dati richiede la costruzione di un modello specifico dei fenomeni che si intende osservare e la semplificazione del problema che si intende monitorare ad un numero limitato di variabili che è possibile misurare e aggregare. Risulta evidente quanto sia difficile e complesso selezionare un coerente set di indicatori in grado di rappresentare l'interdipendenza fra sistema urbano e risorse naturali globali onde misurare la sostenibilità delle città.

Costruzione di una griglia ambientale da utilizzare come elemento di valutazione relativo alle condizioni di trasformabilità del territorio

I temi e i dati per la costruzione della griglia ambientale sono stati desunti dalle seguenti fonti:

  • relazione sulla valutazione degli effetti ambientali;
  • quadro conoscitivo del Piano Strutturale;
  • indagini specifiche di settore svolte dall'ARPAT o da altri enti territorialmente competenti.

Inoltre nella griglia sono presenti delle voci di cui attualmente non si ha la disponibilità conoscitiva e di cui dovranno essere acquisiti i dati anche in funzione della costruzione della rete di monitoraggio e del Sistema Informativo Territoriale.

Di seguito la lista di indicatori utilizzabili per la costruzione della griglia ambientale valutativa:

1) Struttura urbana

1a. Popolazione

Distribuzione popolazione sul territorio (dato della popolazione residente nelle località abitate, centri e nuclei, rilevato solo in occasione dei censimenti - densità urbana (ab. / kmq) in valore assoluto e relativo);
Articolazione in fasce di atà (fasce: 0-5, 6-10, 11-14, 15-25, 26-65, oltre 65);
Struttura familiare (nuclei familiari e composizione nuclei);
Dinamica della popolazione (saldo, incremento, decremento);
Attività edilizia nel comune (volumi di nuova costruzione e ampliamento - volume in mc vuoto per pieno);
Patrimonio abitativo e abitazioni occupate.

1b. Uso del suolo

Superficie per categorie d'uso del suolo (principali categorie d'uso del suolo: Urbanizzate, Industriali, Estrattive, Verdi artificiali non agricole, Agricole, Territori boscati, Zone umide, Corpi idrici - valore assoluto e relativo);
Siti da bonificare (siti censiti con indicazione delle rispettive classifiche a breve e medio termine, nonché quelli inseriti nella fase di ulteriore approfondimento e quelli indicati con necessità di ripristino ambientale).

1c. Mobilità

Affollamento dei centri urbani (misura della concentrazione sul territorio comunale degli spostamenti per motivo di lavoro e di studio, pesati con i tempi di percorrenza);
Autovetture per anno d'immatricolazione;
Consumi carburante;
Flussi autostradali;
Veicoli circolanti (parco veicolare);
Viaggiatori FS (rapporto tra viaggiatori delle ferrovie e abitanti residenti: misura la "propensione" all'uso da parte della popolazione del mezzo ferroviario);
Modi di trasporto;
Pendolarismo;
Volumi di traffico.

1d. Infrastrutture

Tipologia dello smaltimento/rete fognante (rete, pozzo);
Tipologia dell'approvvigionamento idrico;
Gas, metano;
Raccolta e smaltimento rifiuti;
Rete elettrica;
Cablaggio (esistenza o meno).

2) Flussi urbani

2a. Consumi energetici

Ripartizione dei consumi di gas naturale per settore di uso;
Consumo pro-capite di energia elettrica per usi domestici;
Ripartizione dei consumi di energia elettrica per settore di uso;
Ripartizione dei consumi di energia solare per settore di uso.

2b. Consumi idrici

Servizio di acquedotto - percentuale abitanti serviti (in rapporto alla residenza, alla produzione ed all'agricoltura).

2c. Scarichi liquidi

Abitanti equivalenti civili e industriali e deficit depurativo;
Servizio di fognatura - percentuale popolazione allacciata su popolazione residente e su popolazione servita da acquedotto;
Servizio di fognatura - metri di rete per abitante servito;
Servizio di depurazione - percentuale di popolazione servita da depuratore su popolazione allacciata alla fognatura e popolazione allacciata all'acquedotto;
Funzionalità della rete di smaltimento e depurazione - quantità di abitanti non "depurat".

2d. Materiali e prodotti

Quantità di materiale in uscita/entrata in mc / giorno;
Tipo di mezzo utilizzato per lo spostamento;
Origine/provenienza dello spostamento.

2e. Rifiuti solidi

Percentuale di rifiuti smaltiti per tipologia;
Andamento medio della percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti;
Evoluzione della produzione giornaliera di RSU e raccolta differenziata;
Composizione merceologica della raccolta differenziata;
Utilizzazione dei volumi autorizzati nelle discariche.

3) qualità urbana

3a. qualità dell'aria

densità emissiva (stima delle emissioni provenienti dal traffico veicolare e dagli impianti di riscaldamento civili - CO, Benzene, PM10);
Concentrazione media annua per tipologia di stazione di monitoraggio;
Stima delle emissioni annue per kmq dei principali inquinanti dell'aria.

3b. qualità delle acque

Indice sintetico (metodo EBI) dello stato ambientale delle acque superficiali;
Stima dei carichi inquinanti (in abitanti equivalenti) sulla base di una diversa fonte di generazione: popolazione residente, attività industriali, allevamenti zootecnici, agricoltura.

3c. Aree verdi

Prossimità alle aree verdi;
Quantità aree verdi per abitante (mq / ab.).

3d. qualità acustica

Stima dei livelli di inquinamento acustico a bordo strada, per tipologia di strada, nel periodo diurno e notturno;
Percentuale di popolazione esposta a livelli elevati di rumorosità, nei periodi diurno e notturno.

3e. qualità abitativa

Area abitabile pro-capite (mq di area abitabile o vani procapite);
Dotazione di servizi primari nelle abitazioni.
3f. Sicurezza stradale
Incidenti stradali.

La lista degli indicatori si riferisce alla Relazione sullo Stato dell'Ambiente del 2000 della Regione Toscana ed è desumibile dai temi ambientali, e relativi indicatori, del Rapporto Dobris dell'eEA (European Environmental Agency) del 1995.

Nel Regolamento Urbanistico saranno valutati i più idonei (indice sintetico per ogni sottotema) tarando una griglia specifica sulla base di quella predisposta dall'eEA nel 1995 - Struttura urbana, Flussi urbani e qualità urbana - riportata sotto).

I valori attribuiti agli indicatori (numerici e/o descrittivi) saranno utilizzati per supportare in termini quantitativi e qualitativi le condizioni alla trasformabilità delle aree presenti appartenenti alle UTOE.

Esempio di griglia sintetica di valutazione dei fattori - indicatori - di qualità ambientale
Fattori/Indicatori qualità dei dati
Disponibilità Accuratezza Affidabilità Disaggregazione Comparabilità
 
Struttura urbana  
Popolazione          
Usi del suolo          
Mobilità          
Infrastrutture          
Flussi urbani  
Consumi energetici          
Consumi idrici          
Scarichi liquidi          
Materiali          
Rifiuti solidi          
qualità urbana  
qualità dell'aria          
qualità delle acque          
Aree verdi          
qualità acustica          
qualità abitativa          
Sicurezza stradale          
Note
  1. [1] Cap. 3 paragrafo 2.2, relativo al Piano Strutturale delle Istruzioni Tecniche per la valutazione degli atti di Pianificazione e Programmazione degli Enti Locali
  2. [2] da Linee Guida - Titolo III delle Norme Tecniche di Attuazione