Il Piano Regolatore del 1987: ricognizione del PRG vigente

  1. I primi passi verso la formazione del Piano del 1987
  2. La struttura ed i contenuti
  3. Il dimensionamento
  4. Il lungo iter di approvazione
  5. Il primo Programma Pluriennale di Attuazione
  6. Le varianti al Piano negli anni dal 1994 al 2003
  7. Lo stato di attuazione del Prg vigente
  8. Le aree residenziali
  9. Le aree produttive
  10. Le attrezzature collettive
  11. La viabilità
  12. I Piani di settore
  13. Il Piano per l'Edilizia Economica e Popolare
  14. Il Piano per gli Insediamenti Produttivi
  15. Il Piano Urbano del Traffico
  16. Il Programma Urbano dei Parcheggi
  17. Il Piano dei carburanti

I primi passi verso la formazione del Piano del 1987

Ai redattori del Piano del 1987 appare che la necessità di recuperare una chiara identità urbana ed una articolazione del territorio più equilibrata, viste soprattutto le forti tensioni presenti nei vari settori della vita cittadina, sia il motivo principale per il quale si rendeva allora necessaria la revisione del Piano Regolatore e che li porta appunto a sostenere, dopo il primo anno di studi che "la città deve ritrovare la propria identità urbana, il suo ruolo di città nel senso culturale del termine, in relazione anche al territorio circostante; forse questo è il vero problema lasciato aperto dal Piano del '65 ed il motivo principale della sua stessa revisione…Chi avesse voglia di operare in senso politico, amministrativo e tecnico in modo consapevole sul territorio di Arezzo, non può non avvertire l'esigenza di approfondire il senso delle tensioni fortemente percepibili in diversi settori della vita cittadina" e che determinano nella città una fase di equilibrio instabile.

Altri inseriscono tra le motivazioni che portarono alla revisione del Piano precedente anche gli allora esistenti problemi relativi alla mobilità della popolazione, al completamento della Direttissima e soprattutto al recupero del centro antico ed alla riduzione delle possibilità edificatorie di strumenti attuativi quali i Piani per l'edilizia economica e popolare (PEEP) ed i Piani per gli insediamenti produttivi (PIP).

La storia del "Prg '87" inizia comunque nel marzo 1984 con l'incarico di redigere una variante generale al Piano Regolatore allora vigente, conferito allo Studio "Gregotti Associati" che si avvalse per il proprio lavoro di un folto gruppo di collaboratori, consulenti e di un apposito ufficio costituito ad Arezzo e del quale facevano parte anche tecnici e funzionari dell'Amministrazione Comunale. Lo studio del Piano durò circa tre anni e si concluse con la presentazione ed adozione del nuovo Strumento Urbanistico da parte del Consiglio Comunale il 30 luglio 1987.

Nel marzo del 1985 fu presentato al Consiglio Comunale un Documento programmatico, al quale si arriva "dopo aver percorso la prima parte dell'itinerario di lavoro previsto" quella cioè della "raccolta ed analisi dei materiali necessari ad una iniziale ricognizione conoscitiva sulla realtà e sui problemi del contesto di Arezzo (…) e che non contiene proposte di intervento espresse in termini puntuali, dimensionalmente definite, territorialmente distribuite" ma piuttosto una "messa a punto del contenuto politico del Piano attraverso i vincoli e le libertà, i condizionamenti ed i suggerimenti che il territorio, attentamente analizzato, propone e suggerisce". Dato lo spessore dell'indagine conoscitiva svolta essa comunque "consente già di formulare ipotesi, avanzare previsioni, nonché supporre localizzazioni" ed in effetti nel Documento si riscontrano già tutti quanti i temi che caratterizzeranno e condizioneranno il futuro disegno di Piano così come appaiono già delineate le principali ipotesi progettuali: la Porta Nord, la cerniera, la riqualificazione della tangenziale, il sistema dei grandi parchi territoriali, il rafforzamento degli insediamenti lineari della Chiana.

A partire dunque da una "precisa ed esauriente lettura della struttura territoriale" il documento è costruito ed articolato attorno alla necessità di definire una struttura urbana ed una articolazione territoriale più equilibrata e identificata quale nucleo centrale del territorio provinciale, "vertice monocentrico" che da sempre ha dominato il territorio. Un territorio enorme "caratterizzato dall'attacco verso quattro vallate principali" (il Casentino, la Valdichiana, il Valdarno e la Valtiberina), sempre "organizzato ed amministrato a partire dal centro" e che comprende oltre la città urbanizzata e le frazioni, l'Appennino, la Collina, l'Arno e la Pianura della Chiana.

Appare già ampiamente delineata l'impostazione metodologica di lettura ed interpretazione del territorio attraverso la quale si anticipano l'individuazione e la definizione dei diversi sistemi territoriali, evidenziando alcuni dei caratteri innovativi che contraddistinguono l'approccio metodologico del nuovo Piano.

L'impegno profuso nel lavoro di lettura e di interpretazione dei caratteri ambientali del territorio aretino, conferisce infatti al Prg '87, al di là delle effettive ricadute sul piano normativo procedurale e della definizione delle modalità concrete di gestione delle politiche ambientali in fase di attuazione, un carattere innovativo se non altro per avere anticipato temi e questioni che saranno posti al centro dell'attività di pianificazione solo nel decennio successivo.

La struttura ed i contenuti

Le principali azioni proposte e sinteticamente delineate trovano una loro strutturazione proprio attraverso la definizione dei diversi sistemi ecologici, cinque aree ecologiche delle quali "si vuole in particolare sottolineare l'identità di ciascun sistema: l'ecologia dell'Arno, l'ecologia della Chiana, l'ecologia dell'Appennino, l'ecologia delle colline che circondano Arezzo, l'ecologia della città".

Per l' ecologia della città si propone l'apertura della porta Nord, il restauro della fortezza, la ricostruzione della "cerniera", la trasformazione in strada urbana della tangenziale; per l'ecologia della collina la preservazione delle condizioni ambientali dei luoghi (interrompendo processi di trasformazione anche minori), la realizzazione dei grandi parchi della città, la nuova dotazione di servizi relativi allo sport, alla cultura, all'istruzione nei nuovi insediamenti previsti; per l'ecologia dell'Arno si propone una riserva ambientale ed un parco agricolo lungo le sponde del fiume e per l'ecologia della Chiana il consolidamento dell'immagine urbana degli insediamenti lungo strada; infine per l'ecologia dell'Appennino si ritiene necessario il miglioramento della condizione dell'ambiente vegetativo per renderlo più fruibile alla popolazione.

La struttura del Piano, per quanto esposto, risulta già delineata, così come alcuni importanti principi sui quali i progettisti intendono "edificare" l'impalcato strutturale del progetto di Piano". Tali principi risultano alla fine una sorta di collezione di impegni, doveri, obblighi e promesse che, dal momento della loro enunciazione, caratterizzano e determinano la maturazione dell'ipotesi di Piano, condizionando a lungo il dibattito che si svolge prima e durante l'approvazione del Piano e che continuerà anche dopo fino a tutta la metà degli anni novanta: "anteporre l'esaurimento delle aree industriali già urbanizzate alla realizzazione di aree industriali nuove", consentire l'adeguamento degli edifici costruiti "a mutate esigenze degli operatori industriali insediati", consolidare dal punto di vista urbano gli insediamenti esterni al centro, prevedere una "netta inversione di tendenza rispetto allo scivolamento dell'interesse urbano verso la piana", "prevedere un incremento edilizio molto modesto".

Alla fine risulterà quest'ultima "la condizione generale che caratterizzerà il Piano Regolatore" cui si cercherà in vari modi di "porre rimedio" negli anni successivi l'adozione, prima attraverso la fase delle osservazioni, poi attraverso la formulazione di uno studio sull'attuazione del Piano, assieme al primo programma pluriennale di attuazione, infine con una serie piuttosto consistente e diffusa di varianti. Comune denominatore delle diverse azioni intraprese dal 1987 ad oggi, il convincimento di fondo che il parziale fallimento del Piano sia da attribuire sostanzialmente ad una errata ed originaria valutazione del fabbisogno abitativo, espresso in termini di vani e volumetrie necessarie, offrendo però una valutazione quanto meno pessimistica degli effettivi risultati ottenuti dal Piano.

Il dimensionamento

Il dimensionamento dei Piani Regolatori della generazione corrispondente al periodo di grande sviluppo demografico ed espansivo delle città è spesso basato su imponenti studi demografici e di stima sociale. Ad Arezzo il problema della determinazione del fabbisogno è stato affrontato più volte, prima e dopo il periodo di studio del Prg '87.

Anche per l'elaborazione di quest'ultimo si predispongono studi per la stima della domanda sociale e potenziale di edilizia residenziale per il decennio 1985-1995, dai quali emerge un dato riguardante il patrimonio edilizio esistente relativo ai vani riutilizzabili calcolati in 17.670 a fronte di un fabbisogno globale stimato in 28.789 vani. Allo stesso tempo viene elaborata un'analisi demografica che evidenzia sostanzialmente il momento di crisi che sta attraversando il Comune di Arezzo dal punto di vista della crescita demografica.

L'andamento della popolazione dall'inizio degli anni sessanta aveva portato ad un grande incremento della stessa che passa dai circa 70.000 del 1957 ai 90.000 del 1980, con un incremento pertanto di 20.000 abitanti in poco più di 20 anni. I dati relativi agli ultimi anni (dal 1981 al 1984) avevano però dimostrato una netta inversione di tendenza, con saldi a fine anno costantemente negativi. Anche i flussi migratori, consistenti almeno fino ai primi anni settanta, subivano un notevole ridimensionamento presentando saldi prossimi allo zero se non addirittura negativi. Tali fattori non potevano non influire sulle ipotesi di stima del fabbisogno edilizio basate perciò sul presupposto che la tendenza demografica degli anni a venire avrebbe confermato la tendenza attuale, da cui la previsione che la popolazione negli anni 2000 sarebbe stata inferiore di circa 3000 unità, a quella presente al 1984.

"Nulla fa ritenere che grandi migrazioni di popolazione, simili a quelle degli anni passati, siano prevedibili nel prossimo futuro" sostenevano i progettisti del Piano, i quali non riuscivano ad immaginare processi sociali e culturali in grado di incrementare i modesti indici di natalità registrati in quegli anni che lasciavano supporre "che la popolazione negli anni 2000 sarà composta di 88.500 abitanti, inferiore ai 91.600 abitanti attuali". In realtà la popolazione nell'anno 2000 si rivelerà pari a 91.729 abitanti, con una saldo positivo rispetto al 1984 e con una differenza di stima pari a circa 3.200 abitanti in più, invalidando almeno in parte le basi sulle quali era stata costruita la stima originaria e che avevano spinto i redattori del Piano a sostenere che "ciò che si potrà costruire in futuro, nel prossimo decennio, sarà assai poco rispetto a quanto è stato costruito nel decennio passato, ancor meno rispetto al decennio precedente. La fase delle grandi trasformazioni urbane è terminata, grandi trasferimenti di popolazione dalla Provincia verso Arezzo e da Arezzo verso le frazioni sono cessati", è dunque prevedibile che "la parte di nuova edificazione nel prossimo decennio sarà inferiore al 10% di quanto già costruito".

Nel gennaio del 1986 il documento programmatico viene discusso ed approvato, mentre nel giugno dello stesso anno è pronta una bozza di piano che viene illustrata in Consiglio Comunale dall'architetto Cagnardi e che riguarda i lineamenti del nuovo Piano. "Essi devono essere intesi come indicazioni, ancora non precisate, ancora non definite, ma già sufficientemente meditate per essere rivestite di autorevolezza", ma al di là delle dovute dichiarazioni di circostanza, rappresentano bensì una versione pressoché definitiva del nuovo Strumento Urbanistico da proporre alla città. Infatti la relazione presentata al Consiglio, con pochissime variazioni ed aggiustamenti introdotti in fase di stesura finale del Piano, costituisce il cuore della relazione illustrativa consegnata l'anno successivo, assieme agli elaborati definitivi, nel giugno 1987. Se nel documento programmatico il concetto cui veniva affidato il compito, non facile, di sintetizzare i contenuti essenziali della proposta era sostanzialmente quello dell'equilibrio territoriale che presupponeva l'esistenza di tensioni nella vita collettiva ed il riconoscimento di una fase considerata transitoria o comunque di passaggio da uno stato instabile ad un altro più stabile e strutturato, nella relazione illustrativa del Piano si utilizza il più suggestivo termine alternativa/alternativo, inteso come opportunità di scelta.

Se il piano del '65 "perseguiva l'obiettivo di contenere lo sviluppo", quello di Cagnardi e Gregotti "affronta le opportunità di scelta". Quando l'Amministrazione Comunale pone ai progettisti il problema generale della qualità urbana, "la risposta del Piano è ipotizzata in termini di opportunità di scelta: dove abitare, dove lavorare, come muoversi, quali servizi e come utilizzarli". Cagnardi nella sua illustrazione in Consiglio Comunale percorre infatti le possibili alternative e le diverse opportunità che il Piano intende proporre: quelle per l'ambiente, per i movimenti, per il lavoro, per la residenza, per i servizi, per gli spazi pubblici.

Il nuovo Piano Regolatore è ormai delineato e con esso i temi che saranno al centro del dibattito che si svilupperà fino ai nostri giorni ai vari livelli e nei vari settori della società.

Il lungo iter di approvazione

Il nuovo Piano Regolatore viene adottato il 30 luglio 1987 dal Consiglio Comunale. Su tale progetto perverranno all'Amministrazione Comunale 675 osservazioni.

In sede di controdeduzione alle osservazioni si predispone un cospicuo incremento delle aree residenziali di espansione. Originariamente le zone C sono 51 per una volumetria complessiva pari a 1.361.950 mc dei quali 1.075.750 a destinazione residenziale. Dopo le controdeduzioni le zone C sono diventate 85 per una volumetria complessiva pari a 1.845.710 mc dei quali 1.373.450 a destinazione residenziale (trentaquattro in più per un incremento complessivo di 483.760 mc).

Il Prg assieme alle controdeduzioni alle osservazioni viene inviato alla Regione Toscana nel giugno del 1989 per essere definitivamente approvato nel febbraio 1991. Come noto non fu una approvazione indolore ma subordinata alla introduzione di numerose prescrizioni ed altrettanti consistenti stralci.

Al di la di un generico elogio del valore intrinseco del Piano nel suo insieme, la CRTA individua infatti "alcuni aspetti che limitano fortemente la qualità potenziale del Piano". Qualità individuata in particolare nella attenta e profonda fase di analisi che ha comportato la "lettura delle differenti qualità del territorio agricolo, delle materie tipologiche del centro storico, delle nodalità della struttura urbana che necessitano di riconfigurazione", ma anche nella "dimensione progettuale che informa le scelte principali, sia a livello generale infrastrutturale che del dimensionamento complessivo" che alla Commissione appaiono del tutto accettabili.

Gli stralci imposti riguardano principalmente i nuovi insediamenti proposti in zona collinare in quanto si rileva che tali ipotesi, pur suggestive "sul piano di una astratta qualità interna" e basate su di una "fiducia nella qualità della proposta progettuale, investigata a livello tipo-morfologico… rischiano di alterare gravemente" aree collinari di grande pregio ambientale e di contraddire, "sul piano del metodo e della prassi urbanistica, un ormai consolidato atteggiamento di tutela delle emergenze paesaggistiche e di indirizzo" e di limitazione delle scelte espansive "alle aree già parzialmente intaccate ed alterate dalla crescita periferica e che necessitano quindi di interventi di riqualificazione e riconfigurazione."

Altri importanti stralci investono il centro storico ed in particolare i nuovi interventi previsti in zona A, "in quanto incompatibili col tessuto storico ormai consolidato sotto il profilo tipo morfologico, costituito anche dagli spazi vuoti". Ma più di questi incide lo stralcio "generico" degli articoli delle NTA relativi alle zone A e dunque a tutto il centro antico. Infatti alla commissione regionale se le proposte appaiono "adeguate e convincenti sul piano analitico" sembrano "del tutto insufficienti sul piano normativo" rilevando una preoccupante apertura verso "processi di alterazione del tessuto antico".

Sono infatti il grado di modificabilità ammessa "anche negli edifici di pregio architettonico ed estesa fino a consentire radicali trasformazioni sul piano tipologico e architettonico" oppure l'individuazione di una sorta di graduatoria di valore dei tipi edilizi che "consente interventi via via più radicali passando dai tipi centrali a quelli marginali dei borghi lungo le radiali storiche per i quali si ammettono, oltre alle alterazioni tipologiche, anche trasferimenti di volume" che convincono la Commissione a ritenere che la proposta normativa del Piano "si discosti in modo preoccupante dagli indirizzi di metodo che la regione Toscana ha cercato di costruire… tesi alla definizione di un modello di conservazione dei valori storici e architettonici estesa al di là dello spazio urbano alla materia concreta dell'architettura…" Risulta pertanto palese la frattura "ideologica" tra i membri della CRTA ed i progettisti del Piano che propongono sostanzialmente un'interpretazione ed uno svolgimento del tema del recupero del patrimonio edilizio esistente e delle parti storicamente consolidate della città evidentemente incoerente con gli indirizzi perseguiti in quel momento dalla Regione Toscana. Allo stesso tempo deve essere però anche rilevata una certa difficoltà con la quale i redattori del Piano affrontano la fase (inevitabile) di trasposizione delle principali ipotesi elaborate durante gli anni di studio, minuziosamente riportate nei corposi e frequenti documenti prodotti: allegati, relazioni, quaderni. Molte delle principali "teorie" elaborate non trovano infatti rispondenza nell'apparato normativo, che viene ritenuto anche dalla Commissione Regionale non "sufficientemente attento ed articolato" rispetto alla qualità della proposta morfologica.

Le norme sulle zone agricole ad esempio propongono "meccanismi edificatori identici, o assai simili tra loro, per zone riconosciute, in fase analitica, nella loro differente identità e qualità paesaggistica". Le proposte progettuali, i cosiddetti "studi di intervento" per la città, vengono relegate al ruolo di "allegati illustrativi" del Piano, assumendo le proposte architettoniche solo "carattere esornativo" senza compiere un tentativo "possibile ed auspicabile, di tradurre, da queste, per lo meno alcune regole tipomorfologiche di garanzia attuativa"" evitando così il riaffacciarsi nelle normative di "procedure meramente quantitative".

Oltre ai già citati tagli effettuati sull'originarie previsioni del Piano, anche le nuove zone introdotte con le osservazioni accolte vengono ridotte. Nella versione definitiva le zone C saranno pertanto 66 cui corrisponde una volumetria complessiva pari a 1.190.237 mc (927.727 a destinazione residenziale) con un taglio sulle previsioni originarie del Prg di circa 150.000 mc, che diventano 450.000 se rapportati alla versione con le osservazioni accolte.

Il Piano rientra dalla Regione con "tagli e stralci che al di là del loro significato quantitativo e qualitativo, testimoniavano di una vasta divergenza culturale e metodologica tra gli estensori del Piano e gli organi di controllo della Regione; divergenza non facilmente mediabile, dal momento che eventuali contro deduzioni alle previsioni della Regione avrebbero allontanato l'approvazione finale del Piano probabilmente per anni, aprendo un contenzioso di metodo e di merito difficilmente gestibile in termini politici". L'Amministrazione decide di non opporre pertanto nessuna sostanziale controdeduzione, al fine appunto di non intralciare i tempi tecnici della adozione definitiva del nuovo Piano, ma di fatto avallando una crisi profonda (e forse annunciata) nella gestione urbanistica del territorio di Arezzo. Il Prg tornato dalla Regione è profondamente alterato, non solo nelle quantità ma soprattutto, nei contenuti. La scelta fondante il Piano relativa alle modalità di espansione del sistema residenziale (già di per sé quantitativamente molto contenuta) risulta ormai impraticabile, non accettata sul piano ideologico dalla Commissione Regionale, fortemente contestata e respinta al mittente. Anche ai protagonisti della politica cittadina di allora, oltre che agli esperti appare ormai chiaro che "la città diffusa della Gregotti Associati non è in questo momento attuabile".

L'11 ottobre 1991 il Prg, adeguato secondo le indicazioni, prescrizioni e stralci della Commissione Regionale Tecnico Amministrativa, viene nuovamente adottato e rispedito in Regione che lo approva definitivamente nell'ottobre del 1992: sono passati più di otto anni dall'inizio degli studi (marzo 1984) ma per farlo diventare operativo (cosa che avverrà nel gennaio del 1993) occorreranno ancora alcuni mesi.

La fase di adeguamento e di attuazione: la Commissione Branzi Contemporaneamente alla fase di adeguamento del Piano alle prescrizioni della Regione, dopo le nuove elezioni amministrative del 1990, si inizia a predisporre il cosiddetto Piano delle Qualità, elaborato da un gruppo di consulenti coordinato dall'architetto Andrea Branzi e composto dagli architetti F. Lani, R. Maestro, C. Corsi e dall'ing. G. Cannata. Il lavoro del gruppo di esperti, denominato in città Commissione Branzi, "è rivolto a fornire all'Amministrazione i contenuti culturali e tecnici per attuare una gestione efficace del Piano… attraverso processi integrati di progettazione, sia pubblica che privata…", collocandosi come "strumento attuativo del Piano e delle sue previsioni", sorta di "Piano delle Qualità" che "intende stabilire strumenti progettuali più flessibili e realistici per assecondare la sua crescita in termini di qualità".

"Gli obiettivi che il Piano delle Qualità intende raggiungere sono quelli di individuare: i contenuti programmatici ed operativi per Piani Particolareggiati di attuazione del Prg (compreso il centro storico); le priorità di attuazione del Prg da inserire nel Programma Pluriennale di Attuazione; le eventuali integrazioni alle norme di attuazione del Prg; esemplificazioni tipologiche o metodologiche di intervento per aree campione; scenari di sviluppo alternativi e proposte di strumenti di incentivazione e deincentivazione; rappresentazione unitaria di funzioni e necessità eventualmente non previste dall'attuale Prg."

Alla Commissione Branzi appare subito evidente il rischio che non sia più riscontrabile per Arezzo un chiaro modello di crescita, certo e completo, a causa soprattutto dell'indebolimento dell'ipotesi strategica generale prevista dal nuovo Piano Regolatore e che conseguentemente vi sia "l'urgenza di individuare non solo le linee di attuazione di una politica urbanistica forte, di cui il Prg attuale costituisce il quadro globale di riferimento" , ma anche di ritrovare, con il contributo della Commissione stessa, "le eventuali nuove necessità o le carenze, in maniera tale da poter integrare in un'unica visione globale le grandi e piccole necessità di Arezzo, dopo il ritorno del Prg dalla Regione".

Il lavoro dei consulenti si esplica attraverso la produzione di una serie di documenti separati che affrontano i principali temi trattati dal Piano Regolatore. Il primo di questi affronta l'impostazione e la definizione delle strategie, riassunte attraverso alcune considerazioni che muovono tutte ormai dalla scontata consapevolezza che lo sviluppo previsto dal nuovo Prg risulti "insufficiente rispetto alle domande già emerse durante la stessa fase di esame regionale…" e che anche alla luce delle notevoli alterazioni cui dovrà essere sottoposto, non sembri "contenere al suo interno molti spazi alternativi sufficienti a contenere un diverso equilibrio di sviluppo" L'attenzione viene dunque rivolta ancora al problema delle aree edificabili, dello sviluppo e della crescita della città. "Sembrano mancare ad Arezzo aree libere decongestionate, sulle quali sia possibile costruire con criteri qualitativi, globali e controllabili" soprattutto volendo difendere l'impostazione del Prg che prevede alcune aree strategicamente destinate a verde territoriale, prima fra tutte quella dei Giardini di Arezzo sulla quale non si dovranno prevedere "in nessun modo" nuove costruzioni, che dovranno "semmai essere previste in aree semi-urbanizzate, ma interne al Manubrio e disponibili ad una nuova e razionale crescita della città, non più per eccezioni e segmenti, ma per comparti e quartieri." Si ribadisce infine tra le priorità, la necessità della realizzazione di una nuova tangenziale Ovest esterna indispensabile per poter attuare la trasformazione in viale urbano del Manubrio auspicata dal Prg.

Spostando il ragionamento sul piano della capacità del Piano Regolatore, di gestire gli aspetti di governo e difesa degli elementi naturali del territorio, primi fra tutti acqua e suolo, la Commissione rileva che pur essendo presente nel lavoro di analisi e nelle indicazioni fornite dai progettisti, la componente ambientale di livello territoriale, questa si riduce in una "lettura formale del territorio e dell'ambiente, inutilizzabile… ai fini del loro governo". D'altra parte i progettisti del Piano avevano a loro tempo di fatto rinunciato ad effettuare un secondo e più approfondito lavoro di analisi (la cosiddetta fase D che avrebbe dovuto precedere la fase E di proposta e che avrebbe dovuto trattare appunto i problemi strutturali e territoriali) limitandosi invece "a recepire le proposte settoriali esistenti quali il Piano Agricolo di Zona e il Progetto di irrigazione, che a loro volta avevano evitato qualunque approfondimento pianificatorio e qualunque analisi finalizzata."

Sembrano mancare pertanto dal Prg quelle "linee maestre di una politica ambientale strutturale" tanto che si predispongono alcune integrazioni al Prg "attraverso normative, incentivi e controincentivi, volti a realizzare due grandi condizioni ambientali nuove: una green-belt (cintura verde) attorno alla città di Arezzo, e una rinaturalizzazione del suo territorio, in risposta ad una domanda economica precisa. La prima proposta disegna una fascia verde che perimetra il bordo costruito della città; la seconda propone una diversa regimazione idrica, in grado di ridare vita alla rete dei fossi e dei fiumi oggi quasi cicatrizzati".

Ma il risultato più atteso dello studio sono le indicazioni per l'elaborazione del primo Programma Pluriennale di Attuazione sul quale l'Amministrazione sembra fare grande affidamento per la risoluzione dei problemi urbanistici che affliggono Arezzo in quel periodo, forse al di là degli stessi limiti insiti in uno strumento di natura essenzialmente programmatoria. Di questo sembrano essere coscienti i consulenti, i quali ipotizzano che "probabilmente tra il 1992 e il 1996 Arezzo dovrà impostare una nuova fase della sua politica urbanistica generale, studiando nuovi quadri progettuali e nuovi strumenti di pianificazione".

Le proposte per l'attuazione del primo PPA vengono esposte secondo criteri funzionali, dal tema della residenza a quello del terziario, del commercio e delle infrastrutture, al produttivo, fino ai servizi. Obbligatoriamente si ripercorre il canovaccio del nuovo Prg (quello riveduto e corretto a seguito delle prescrizioni Regionali) ma si riscontra continuamente la difficoltà di seguire un progetto ormai reciso ed alterato, del quale vengono maggiormente messi in luce gli elementi di dissenso piuttosto che quelli concordati.

Sulla residenza, come ormai sufficientemente ricordato incombono i tagli della Regione che fanno ritenere necessario affrontare il tema del "recupero dell'offerta residenziale", così come sul centro antico, rimasto senza norme specifiche, in attesa di uno studio specifico, sorta di Piano Particolareggiato, cui l'Amministrazione darà luogo negli anni successivi "…per porre riparo alla abnorme situazione di un Prg privo di strumentazione per il suo centro antico". Al tema del Peep il lavoro di Branzi dedica quasi un intero documento (il numero 4) anche se poi in sede di redazione del Ppa viene cancellata proprio la parte riguardante l'edilizia residenziale in quanto "il procedimento per la definizione del PPA è mutato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che dichiarava nulli alcuni commi della legge 179"…laddove i Programmi integrati di intervento potevano essere realizzati indipendentemente dalla loro inclusione nel PPA."

Per quanto riguarda il terziario i consulenti prendono nettamente le distanze dalla proposta di terziarizzazione diffusa proposta dal Prg, considerandola una proposta molto pericolosa, "nel senso che una terziarizzazione diffusa della città costituisce una premessa per una progressiva e inarrestabile espulsione della residenza… in particolare dal centro della città…" e tale è la distanza con le posizioni dei progettisti del Piano, che si propone una variante "alle norme di attuazione… per le zone B per prevedere uffici solo se a completamento diretto delle attività commerciali, alberghiere o artigianali e sempre non oltre il 30% come già previsto dal Prg". Per quanto riguarda il centro storico il problema è presto risolto in quanto le norme di tutela introdotte dalla Regione non prevedono il cambio di destinazione. Ma le modifiche da introdurre secondo la Commissione sono ancora più sostanziali e partono dalla conclusione che "comunque, il nuovo Prg è in ogni caso carente nella previsione di aree da destinare al terziario e direzionale" e pertanto viene consigliata "la futura acquisizione (in variante al Prg) di nuove aree direzionali da individuare (per es.) lungo l'asse del collegamento territoriale (tangenziale) e verso il nuovo polo dell'aeroporto". Carenze di previsione vengono rilevate inoltre nel settore commerciale, anche se "le osservazioni al Prg e la loro conseguente accettazione da parte della Regione, hanno notevolmente aumentato la disponibilità di aree e di volumetrie da destinare alla grande distribuzione commerciale al dettaglio…".

Confermata invece la proposta infrastrutturale del Prg, a cominciare dall'interporto nella zona di Ponte a Chiani, all'aeroporto, alla trasformazione della tangenziale in viale urbano, fino al sistema dei parcheggi, in particolare quelli lungo le mura e lungo la tangenziale. Si parla inoltre della possibilità di trasformare le linee ferroviarie locali in rete metropolitana di superficie, quale nuovo elemento strategico innovativo nella politica dei trasporti. Per il settore produttivo si sceglie di agire per il completamento e la ristrutturazione delle aree attuali, anche per sbloccare l'utilizzo della nuova area industriale prevista dal Prg tra Pescaiola e Ponte a Chiani, il cui utilizzo risulta appunto vincolato alla avvenuta saturazione delle aree già esistenti. Infine le proposte per le aree pubbliche ed i servizi che introducono ancora aggiustamenti e modifiche alle previsioni del Prg.

Per il Vecchio Ospedale Garbasso, cui il Prg attribuisce una destinazione mista (residenza, direzionale, università) si consiglia "di privilegiare l'uso residenziale, con destinazione dell'edificio di Garbasso a struttura d'uso specifico". Per le attuali caserme, dove il Prg prevede la realizzazione di un polo scolastico, si fa rilevare che oltre a tale utilizzo, "le dimensioni notevoli di quest'area ne consigliano una destinazione residenziale con servizi a supporto della residenza stessa quale conferma alle scelte generali sul Centro Storico".

Più complesso il discorso sulla cerniera, in quanto molto articolato il progetto previsto dal Piano Regolatore, suddiviso originariamente in tredici parti funzionalmente caratterizzate e ricondotto nel documento strategico della Commissione a tre diversi elementi strutturali. Il sovrappasso commerciale sulla ferrovia e le strutture direzionali su viale Michelangelo che insistono su proprietà delle Ferrovie dello Stato e per le quali si renderà necessaria la verifica della loro disponibilità. La collina dell'ex OPN (Pionta) per la quale si propone un diverso utilizzo e ruolo strategico nel contesto della cerniera: parco per il Prg, polo scolastico, in alternativa a quello previsto nel parco a nord del centro antico, per la Commissione. L'area del Foro Boario infine, per la quale si ipotizza una ricollocazione delle volumetrie previste dal prg per residenza, commercio e servizi, attraverso un Piano Particolareggiato che mantenga "…grande attenzione alla difesa della residenza centrale dell'intorno."

Si rimanda al PPA "l'ubicazione, le quantità volumetriche e le necessità funzionali per il Polo Scolastico…" e per la nuova sede universitaria, in quanto il nuovo Prg appare "particolarmente impreciso per quanto riguarda individuazione di aree specializzate per i grandi servizi collettivi". Programmare infine il "completamento delle attrezzature dell'attuale Cittadella dello Sport" che assieme agli altri insediamenti sportivi previsti dal Prg, potranno essere utilizzati quali "…elemento costitutivo della nuova green-belt… proposta dal Piano delle qualità, e che è destinata a creare una zona di verde attrezzato e protetto intorno alla città costruita". Il lavoro dei consulenti termina nel dicembre 1991 e viene recepito dall'Amministrazione Comunale nel febbraio 1992.

Il primo Programma Pluriennale di Attuazione

èDopo l'approvazione del Prg, la Giunta comunale si è impegnata in una corsa contro il tempo per dare una risposta al bisogno di abitazioni dei cittadini e alle necessità di ripresa economica espresse dal mondo imprenditoriale. E questa risposta si è concretizzata nel Primo Piano Pluriennale d'Attuazione" che è destinato a "raccogliere e in gran parte esaurire le previsioni strutturali, qualificanti e realizzabili del nuovo Prg".

Al di là delle dichiarazioni d'intenti, delle aspirazioni programmatorie e della volontà di rispondere attraverso il PPA a tutte "le componenti funzionali della città: il centro storico, le residenze, le infrastrutture, le aree per attività produttive, le aree pubbliche, i servizi, gli interventi sulla qualità ambientale del territorio." il Primo Programma Pluriennale di Attuazione del nuovo Piano Regolatore, adottato nell'ottobre 1993 (ma approvato nel 1994) sostanzialmente fornisce risposte, cercando di dare ampio respiro, in prevalenza ai settori del residenziale e del produttivo. Il dimensionamento complessivo del PPA prevede 636.176 mc di residenziale (dei quali il 40,44% in aree Peep), pari a quasi il 70% delle previsioni complessive di Prg che assommano a 930.727 mc.

Per quanto riguarda le infrastrutture ed il verde attrezzato vengono inseriti il raddoppio della tangenziale nella parte a Nord, il raccordo da Maestà di Giannino alla tangenziale, la viabilità di collegamento alla zona Bisaccioni e la realizzazione dei percorsi ciclabili individuati dal "Piano della mobilità ciclo-pedonale". Si presuppone anche l'elaborazione di un "progetto generale di ristrutturazione del sistema di approvvigionamento idrico" evidenziando tra le aree problematiche la direttrice Chiani-Battifolle dove si rende necessario un prolungamento dell'acquedotto urbano da Ponte a Chiani e la direttrice Est corrispondente alle zone Pantano e Marchionna dove si rivela necessaria un'opera di potenziamento del sistema.

Tra gli interventi sul verde urbano vengono inseriti il Parco Sud ed il verde al margine della zona industriale di San Leo che "possono essere preliminari alla definizione della cintura verde della città…". Tra gli interventi ambientali a scala territoriale si evidenziano l'intervento di progettazione del Parco dell'Arno e quello di "risanamento delle zone estrattive, il Parco archeologico di San Cornelio, lo svincolo dell'Olmo sulla Due Mari e l'inizio della realizzazione della circonvallazione Nord da Ponte alla Chiassa a San Leo". Secondo il Documento Programmatico "sulle aree individuate dal primo PPA ogni piano attuativo dovrà essere accompagnato da un piano di area riguardante tutta la zona circostante l'intervento edilizio da realizzare" allo scopo di verificare ed affrontare "i problemi attinenti la manutenzione e l'ammodernamento delle urbanizzazioni, degli impianti, dei servizi a rete, dell'arredo urbano".

Per il centro antico tutte le problematiche ad esso afferenti "seppure presenti in questa strategia urbanistica, devono essere momentaneamente rinviate ad una adeguata strumentazione" e per tale motivo "il PPA non potrà, quindi, fare alcuna previsione in merito."

Per il settore terziario vi è un impegno a "non perdere mai di vista la salvaguardia della residenza" per impedire una rischiosa terziarizzazione diffusa della città che risultava insita nelle previsioni di Prg, mentre per le aree produttive si ritiene necessario "promuovere, da parte dell'Amm.ne Comunale, l'adozione di un PIP da destinare ad attività insalubri e ad attività di cantiere a cielo aperto…". Per le aree agricole infine si rimanda ad eventuali Piani di Recupero con i quali "si potrà perseguire un adeguamento controllato del patrimonio edilizio esistente in modo ambientalmente compatibile, secondo anche gli intenti originali del Prg".

Quello che l'Amministrazione si propone è dunque "dare al primo PPA un grande peso urbanistico, teso a raccogliere e in gran parte esaurire quelle previsioni strutturali, qualificanti ed anche realizzabili del nuovo Prg" forse affidando a tale strumento compiti e ruoli impropri e superiori alla propria natura. I dubbi sulla capacità del Prg (nella versione post-CRTA) di poter gestire le problematiche urbanistiche del territorio Aretino, non vengono fugati dalla approvazione del PPA. Un iter piuttosto lungo e difficoltoso (che si aggiunge al già lungo e tormentato calvario del Piano Regolatore) ha ulteriormente contribuito a creare in particolare nel settore delle imprese, un clima teso, di eccessiva aspettativa e di attesa "in un periodo contrassegnato da una crisi del settore delle costruzioni di una gravità senza precedenti". Crisi che investe anche il mondo professionale tanto da fare auspicare all'allora presidente dell'Ordine Provinciale degli Architetti che "adesso che la vicenda PPA è stata archiviata nei suoi aspetti giuridici e formali… il dibattito sullo sviluppo della città riprenda il suo alveo naturale, fuori dalle varie sigle burocratiche…" cercando di evitare il ripetersi di errori quale ad esempio "quello di aver voluto dare al PPA la dignità di un vero e proprio strumento urbanistico" nel tentativo non riuscito di ricucire le lacerazioni prodottesi sul complesso strutturale del Prg durante la lunga fase di approvazione e di adeguamento.

Le varianti al Piano negli anni dal 1994 al 2003

Nella fase di gestione ed attuazione di un Piano Regolatore vi sono spesso operazioni di aggiustamento e modifica di alcune previsioni che vanno ad incidere sul disegno, sulle sue norme ed a volte, in maniera più incisiva, sulla struttura complessiva del Piano. Effettuate per adeguarsi a quadri legislativi in continua mutazione, per approfondire temi e questioni la cui portata richiede un affinamento degli strumenti prescrittivi ed un maggior dettaglio analitico, queste operazioni danno origine a varianti più o meno puntuali ai documenti che costituiscono l'essenza originaria del Piano. Sono riferite a questioni specifiche e di dettaglio oppure ad aspetti generali di più vasta portata. Solitamente si usa suddividere le varianti tra quelle che incidono sul corpo normativo, senza cioè comportare modifiche ai disegni e che vengono ritenute (spesso a torto) di minore impatto e quelle ritenute invece più sostanziose (le cosiddette varianti di retino) che presuppongono un intervento sulle tavole prescrittive del Piano.

Tale consuetudine risulta ormai consolidata anche ad Arezzo tanto che già i redattori del Prg '87, in occasione della revisione dello stato di attuazione del Piano del '65, annotavano che il vecchio Prg "è stato sottoposto durante gli anni della sua gestione a continue varianti: risultano divise in varianti al Piano vere e proprie, cioè al suo disegno e varianti alla normativa, come se la gestione si fosse sviluppata su due binari separati: da una parte gli aspetti prettamente urbanistici, dall'altra quelli normativi".

Effettuando la ricognizione delle varianti al Prg '87 abbiamo ritrovato tale suddivisione ancora adottata dagli Uffici che predispongono l'istruttoria. A fine maggio del corrente anno si sono riscontrate 231 varianti approvate e comportanti modifiche al disegno del Piano e 57 comportanti invece solo modifiche normative.

Le varianti approvate interessano omogeneamente tutta l'area comunale, riguardando prevalentemente contesti localizzati in prossimità dei centri urbani e classificati dal Prg vigente come zone E; dunque aree a destinazione agricola per le quali si reclama una diversa destinazione urbanistica. In alcuni casi lo scopo è quello di consolidare o quantomeno confermare usi in atto, in altri casi di superare certe palesate ristrettezze normative.

Escludendo la serie di varianti approvabili con la procedura breve prevista dalla nuova legge urbanistica regionale, si possono riconoscere tre principali gruppi tematici: quello delle varianti riferite al tema delle attività produttive, quello riguardante aree o servizi di interesse collettivo, quello infine relativo alle problematiche del recupero degli edifici e complessi edilizi nelle aree agricole.

Le varianti riferite alle attività produttive riguardano prevalentemente aree a destinazione agricola, ma limitrofe alle attuali zone industriali (Area Lebole, Tramarino, Montione, S. Leo, Indicatore, etc.), individuate dal Prg come zone D. Tali varianti derivano generalmente da esigenze di ampliamento della superficie coperta della propria azienda, dalla necessità di disporre di ulteriori spazi per il deposito dei materiali o per l'inserimento di piccole nuove attività.

Anche le varianti riguardanti aree di interesse pubblico, pur essendo dislocate prevalentemente nella zona urbana o comunque in prossimità dei centri abitati, sono prevalentemente riferite ad aree con destinazione originaria agricola. Tra queste varianti si possono individuare alcuni sottogruppi: quelle interessanti la nuova realizzazione di campi sportivi, ma anche la presa d'atto di situazioni ormai consolidate (Ca' de Cio, Puglia, Ceciliano, ecc.); quelle relative all'alienazione di edifici ex-scolastici di proprietà comunale, ubicati in varie frazioni, comportanti il solo cambio di destinazione urbanistica; quelle relative all'individuazione di opere idrauliche (ad esempio casse d'esondazione localizzate lungo alcuni tratti dei corsi d'acqua sottoposti a maggior rischio idraulico) che comportano la determinazione di un vincolo di totale inedificabilità e la conferma della destinazione ad attività agricola; infine una serie di interventi di minore entità, come l'istituzione di un cimitero per animali, la delimitazione di una zona verde intorno alle mura per garantire lo stato dei luoghi e la revisione della viabilità interna della zona PIP del Gavardello. Riferite a questioni di valenza collettiva vi sono inoltre varianti relative ad alcune aree cimiteriali: prevalentemente di piccola dimensione, diffuse nel territorio comunale, spesso limitrofe a nuclei urbani e pressoché ormai quasi inutilizzate, per le quali si prevede una revisione del vincolo cimiteriale.

Le varianti che interessano edifici e nuclei in ambito rurale comportano invece per la maggior parte dei casi il passaggio dalla destinazione urbanistica agricola (zona E) a quella residenziale di completamento (zona B). In genere queste sono conseguenti alla presentazione di un Piano di Recupero che richiede contestuale variazione della destinazione urbanistica. Tale procedura viene utilizzata in particolare fino all'approvazione della specifica variante normativa alle zone agricole. La cosiddetta variante alle zone agricole, assieme a quella relative alla zona A del Capoluogo, predisposte dagli Uffici tecnici Comunali ed approvate rispettivamente nell'ottobre 1998 e nel gennaio 1999 rappresentano due importanti momenti di revisione ed approfondimento di aspetti già disciplinati dal Piano Regolatore attraverso norme però che, con diversa motivazione, non riuscivano più a fornire risposte efficaci alle problematiche che aree così importanti e strategiche per le sorti del territorio, presentavano costantemente.

Nel caso del centro antico si trattava di colmare il consistente vuoto normativo lasciato con l'adeguamento del Prg alle prescrizioni regionali, con lo stralcio di tutti gli articoli riferiti alle zone A e di adeguarsi in maniera più consona agli indirizzi della legge sul recupero del patrimonio edilizio storico esistente promulgata dalla Regione. La variante si pone però in realtà e più ambiziosamente il compito di restituire un ruolo centrale ad una parte considerata strategica all'operazione generale di riqualificazione dell'intero sistema insediativo territoriale. Appare subito chiaro che il problema emergente da risolvere per il centro antico sarà quello delle destinazioni d'uso e viene infatti preannunciato quale obiettivo primario debba essere quello "di frenare la crescente terziarizzazione del Centro Storico e il suo spopolamento".

La variante al Centro antico è preceduta, così come il PPA, dallo studio della Commissione Branzi che fornisce anche per tale parte di città alcuni suggerimenti e suggestioni facendo ad esempio notare che "forse la grande questione del centro Storico di Arezzo non è soltanto quella della salvaguardia del suo patrimonio architettonico… ma è rappresentata piuttosto dalla necessità di formulare in maniera chiara e coordinata un suo quadro d'uso nello scenario complessivo della città" insistendo dunque sul problema degli usi del centro e soprattutto della valenza territoriale che assume il tema del suo recupero e non concettualmente limitato all'interno del perimetro delle sue mura. Per promuovere la residenza nel centro antico la Commissione Branzi indica i temi che il nuovo Piano Particolareggiato (la variante) dovrà trattare e gli obiettivi ai quali dovrà mirare. Con la variante si dovranno dunque favorire: gli interventi volti ad un recupero "adeguato alle moderne esigenze abitative" ed al mantenimento dei locali a servizio della residenza; si dovranno conservare e valorizzare la grande ricchezza dei giardini e degli orti privati, adeguare il sistema dei servizi a rete, ottimizzare i servizi di quartiere, garantire la permanenza di una capillare rete commerciale; si dovranno inoltre recuperare a funzione residenziale alcune strutture che in origine erano state abitazioni così come alcuni "contenitori monumentali"; si dovranno infine studiare la possibilità di realizzare convenzioni con i privati e la conferma dell'inserimento di strutture di residenza protetta per anziani. Dunque un programma ambizioso e ricco, che carica (forse anche in misura eccessiva) di responsabilità uno strumento urbanistico, al quale sembrano essere richieste soluzioni a problemi relativi ad esempio ai servizi tecnologici di rete, a quelli sociali e di quartiere, al mantenimento delle attività artigianali e commerciali, che difficilmente potranno essere risolti senza il supporto adeguato di altri interventi a carattere politico e di programmazione. In ogni caso il lavoro degli Uffici preposti alla redazione della variante può svolgersi sullo sfondo di un quadro di riferimento (quello della Commissione) pur ambizioso ma ben strutturato e soprattutto coerente con un progetto di ampio respiro ed integrato al disegno generale di sviluppo urbano e sociale del territorio.

Riflettendo su come "la crisi che l'urbanistica italiana oggi incontra, deriva proprio dalla grande difficoltà a programmare e controllare proprio le destinazioni" il gruppo di consulenti fornisce ai redattori della variante alcuni spunti utili a favorire la funzione civile nel centro antico, valutando ad esempio l'eventuale trasferimento in altre parti della città di importanti complessi, con il mantenimento delle sole funzioni di rappresentanza civile; a favorire la funzione culturale, attraverso il potenziamento e la riorganizzazione strategica di alcune principali strutture in grado di diventare "elemento territoriale di identità storica di Arezzo": si cita l'idea di un nuovo Museo Nazionale di Arezzo, assieme alla possibilità di dedicare alcuni importanti palazzi a sede di attività universitarie; a ridurre il numero di scuole presenti allo scopo di decongestionare il tessuto urbano ed ottimizzare le strutture edilizie esistenti, mentre per il turismo si propongono "nuove possibilità ricettive, sia di grande qualità che più turistiche, però sempre di numero limitato di camere, sia per garantire la qualità del servizio, sia per non snaturare la normale vita cittadina." L'attenzione viene poi focalizzata su alcuni nodi in corrispondenza dei quali sono avvenute negli anni '50 e '60 "vistose manomissioni". Si tratta in particolare dell'area delle Caserme e del Cimitero ottocentesco, assieme ad alcuni interventi più puntuali sempre interni alle mura: per tutti questi si propongono progetti specifici di qualità, inquadrati in un più ampio progetto di recupero del circuito murario, già ampiamente illustrato e previsto dal nuovo Piano Regolatore.

L'elaborazione della variante da parte del gruppo tecnico comunale è stata effettuata sulla base di una schedatura generale del patrimonio edilizio esistente che ha consentito una complessiva riorganizzazione dei dati con la messa a punto di una relativa banca dati informatica. Il quadro conoscitivo che ne risulta comprende informazioni sull'assetto catastale della zona su cui insiste l'unità edilizia (con riferimento alle datazioni 1826,1874, 1903 e 1937) , sugli interventi edilizi documentati ed accertati, sull'assetto dell'organismo edilizio (fisico, igienico-impiantistico, sociale e di destinazione) e sullo stato di degrado. Indagine conoscitiva effettuata attraverso un rilievo tipologico in scala 1:200 e la predisposizione di una dettagliata documentazione fotografica che ha comportato quasi 50.000 scatti. L'insieme di informazioni sono state raccolte in circa 1300 schede, corrispondenti ad altrettante unità edilizie. Attraverso lo studio di tali dati è stato possibile elaborare una mirata normativa di tutela per gli edifici che presentano valori architettonici ed ambientali rilevanti ed invece più aperta per quegli edifici risultati di scarso valore o per i quali è stata rilevata una estraneità al contesto tipologico e ambientale nel quale sono collocati. A ciascun edificio è stato assegnato, in base ad una valutazione sul suo stato fisico e tipologico, una classe di valore. Sulla base di tale classificazione, sono individuate per l'edificato esistente le categorie di intervento ammissibili, come definite dalla Legge regionale n.59/805 e precisate nelle singole schede normative per Unità Edilizia.

Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, finalizzati a proteggere e rafforzare la capacità ricettiva e la distribuzione commerciale, sono articolati su due ordini: a scala architettonica, rendendo ammissibile l'attività commerciale e direzionale al piano terra (compreso il primo quando su strade ad alta densità commerciale) ed a scala urbana, con interventi specifici ma più ampi, di riqualificazione. La variante predispone il mantenimento, la tutela e la valorizzazione del sistema del verde: giardini storicizzati, parchi pubblici ed aree verdi private. "Con il rispetto del Regolamento di tutela del verde urbano della città di Arezzo la normativa intende perseguire attente modalità d'intervento nei casi di modeste variazioni agli arredi vegetazionali".

La parte orientale del centro antico "eterogenea e manomessa nel tessuto urbanistico, saturata per successive esigenze entro i singoli confini di proprietà e rese possibili dal P.R.G. che ammetteva completamenti e servizi, deve oggi essere attentamente riconsiderata… Pur nei limiti oggettivi dello stato attuale, il Piano si pone l'obiettivo del recupero di questa parte della città che si configura come strategica."

Anche la riqualificazione delle mura risulta fondamentale nel più generale processo di valorizzazione del Centro Storico, mentre adesso il grado di conservazione si presenta eterogeneo lungo lo sviluppo perimetrale. Si prevede il raggiungimento di alcuni obiettivi fondamentali quali "il recupero possibile della visibilità, oggi impedita da varie preesistenze improprie, da attività incompatibili ed aree incolte"; un più agevole accesso pedonale da nord con contestuali "sistemazioni a verde pubblico da valorizzare nel loro rapporto di continuità con il Prato soprastante". Prospettare la "fruibilità e riqualificazione delle aree libere contigue alle mura stesse, anche a seguito della loro liberazione (ove possibile) dagli impedimenti adesso presenti" attraverso "un disegno complessivo di percorribilità pedonale e sistemazione generale, per il quale è possibile uno sviluppo perimetrale completo intorno a tutta la cinta".

In continuità temporale, ma concettualmente distante, dalle proposte elaborate durante lo studio del Piano Regolatore riguardanti il recupero delle aree limitrofe all'originario tracciato delle mura, viene elaborato uno studio redatto dall'architetto Di Pietro, sorta di appunti "redatti a partire da una ricognizione complessiva delle mura, tenendo conto che l'ambito dell'attenzione progettuale è costituito sia dalla fascia esterna… che da quella interna alle mura… ed assumendo un orizzonte progettuale… riferibile più alla cultura della manutenzione che a quella del progetto e della innovazione9". Lo studio dopo una valutazione generale del tema del recupero di tali aree si concentra nel dettaglio di ciascuna delle più di 40 aree di intervento proposte illustrate con testi, schizzi e foto. Assieme alla variante vengono inoltre presentate alcune "proposte per il centro storico" tra le quali un "programma" elaborato dall'arch. Andrea Branzi, con un punto di vista da "urban management, come nuova modalità per dare significato a proposte progettuali che altrimenti resterebbero soltanto ipotesi formali" ed un insieme variegato di "progetti dotati di forte carica pianificatoria e capaci di modificazioni estese oltre lo specifico ambito di intervento, (che) confermano la loro coerenza con la cultura della variante." Tra questi il progetto per la Via dell'Oro, nato con l'intento di trovare all'interno del centro spazi per l'attività orafa, il Palazzo dell'oreficeria artistica, il Palazzo della Fonte, il Palazzo della Musica, la sistemazione dell'area urbana limitrofa al Bastione di San Bernardo, il teatrino di via Bicchieraia, la riorganizzazione e restauro ambientale del parco del Prato di Arezzo, il piano di recupero dell'isolato di San Francesco, la Galleria di Arte contemporanea, la collezione gioielli d'autore, il Palazzo Fossombroni.

In conclusione va sottolineato che per l'elaborazione della variante sono state introdotte modalità innovative nel trattamento dei dati, con l'utilizzo di sistemi informatici e la produzione di una banca dati, prevalentemente di tipo alfanumerico, che potrà comunque essere recuperata ed integrata nel progetto più ampio e complesso di costruzione del Sistema Informativo Territoriale Geografico del Comune di Arezzo, il cui nucleo fondativo si sta formando durante l'elaborazione del nuovo Strumento Urbanistico.

Nel caso della variante alle zone agricole, si trattava di adeguarsi alle più recenti indicazioni e prescrizioni della nuova legge regionale, sulla disciplina degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone con prevalente funzione agricola.

Interessa sostanzialmente quattro articoli delle Norme Tecniche di Attuazione del Prg: l'art. 28 (zona E Agricola), l'art. 29 (zona E1 Agricola speciale irrigazione e riordino fondiario), l'art. 32 (zona E4 Agricola speciale di tutela ambientale e paesaggistica della collina) e l'art.33 (zona E5 Agricola speciale "Aree protette").

Con la variante si vogliono raggiungere alcuni importanti obiettivi tra i quali: il mantenimento delle famiglie residenti, consentendo loro quel minimo di adeguamento alle necessità derivate dalla naturale evoluzione generazionale; l'uso di materiali, di tipologie e di piante adeguate all'ambiente, per non deturpare un paesaggio costruito dall'uomo con secoli di lavoro e massima espressione della nostra cultura; il recupero di parti del territorio agricolo compromesse e talvolta deturpate da interventi abusivi oggetto di condono edilizio, consentendo operazioni di riorganizzazione di volumi esistenti per accorpamenti tesi ad una riqualificazione dell'edificato sia per uso agricolo che residenziale; il riuso del patrimonio edilizio esistente, anche per attività turistico ricettive, culturali, didattiche, ricreative e del tempo libero, finalizzate esclusivamente alla valorizzazione del territorio rurale.

La variante introduce la possibilità di destinare gli edifici esistenti ad uso residenziale, anche se non collegati al fondo, assieme a quella turistico ricettiva. Vengono in generale precisate alcune delle possibilità di intervento introdotte dalla nuova legge ed in particolare vengono dettagliate le possibilità di intervento sul patrimonio edilizio esistente a destinazione non agricola. Si prevedono interventi di ampliamento "una tantum" per le abitazioni edificate dopo il 1940. Per questi ultimi, nel caso di edifici di irrilevante valore storico, culturale ed architettonico, si prevede anche la demolizione con ricostruzione, quando limitrofi ai nuclei residenziali esistenti e quando finalizzati alla costruzione di una sola unità abitativa. Gli interventi di ristrutturazione urbanistica finalizzati alla costruzione di più unità abitative potranno essere realizzati tramite Piano di Recupero.

Oltre alla residenza la variante disciplina anche gli interventi relativi alla costruzione di impianti pubblici, in particolare riferiti a quelli tecnologici (cabine elettriche, ripetitori, impianti idrici) e quelli relativi alle sistemazione esterne, comprese le piscine e gli impianti sportivi (campi da tennis, maneggi, etc.) che vengono ammessi nelle aree di pertinenza degli edifici e previa verifica del loro impatto ambientale. Le zone destinate agli interventi di irrigazione e riordino fondiario previste dal piano originario (zone E1) vengono assimilate alle zone E anche in relazione ad una nota della Provincia con la quale si comunica che da alcuni anni non viene dato corso a nessun intervento di riordino fondiario in quanto gli oneri necessari appaiono molto più elevati rispetto ai benefici che se ne ricavano. Prima di questa variante, l'Amministrazione ha approvato una suddivisione del territorio comunale in Ambiti Organici in ognuno dei quali è prevedibile un volume ricostruito non superiore a 10.000 mc., con sostituzione dei soli immobili di irrilevante valore storico, culturale e architettonico. La normativa per le zone agricole è stata nuovamente variata alla fine del 2001 introducendo una serie più ampia di possibilità di intervento negli edifici rurali (ampliamento di unità abitative esistenti, purché costruite dopo il 1940, fino ad una superficie utile abitabile complessiva di mq. 150, demolizione e ricostruzione di edifici di irrilevante valore storico, culturale ed architettonico, costruiti posteriormente al 1940, con volumetria non inferiore a mc. 300, attraverso semplice concessione edilizia se finalizzati alla realizzazione di una sola unità immobiliare o attraverso Piano di Recupero per più unità; sopraelevazione dell'ultimo piano se abitato senza che si costituiscano nuove unità immobiliari, con possibilità di deroga dell'altezza massima di ml. 6,50 in gronda; realizzazione di locali interrati (es. garage) o seminterrati sottostanti la proiezione dell'edificio fuori terra purché non vengano realizzate rampe per l'accesso carrabile; demolizione e ricostruzione a parità di volume, purché inferiore a mc. 300, senza cambio di destinazione d'uso, di annessi agricoli costruiti ad una distanza inferiore ai 10 ml. dai corsi d'acqua ed in altre zone sottoposte a vincolo di inedificabilità); viene inoltre consentita la costruzione di annessi agricoli riferiti a fondi aventi superficie inferiore ai minimi di legge secondo alcuni parametri di riferimento. Questa variante amplia poi la gamma di destinazioni d'uso consentite alle attività di fruizione del territorio rurale per il tempo libero ed alla destinazione turistico-ricettiva e di ristorazione, consentendo la destinazione residenziale anche se non collegata al fondo.

È forse importante osservare nel dettaglio quanto è accaduto negli ultimi due anni, durante i quali hanno preso avvio gli studi per il nuovo Piano Strutturale. Da giugno 2001 infatti sono state approvate numerose varianti - circa 120 -, delle quali la maggior parte riguarda la trasformazione di zone agricole, di interesse collettivo o altro in aree edificabili di completamento, oppure la sola modifica in aumento dell'indice in aree già riconosciute come zona B. Un altro gruppo piuttosto consistente concerne l'eliminazione dell'indice di trasformazione T/2 attribuito ad edifici rurali, per i quali si richiedono interventi edilizi meno restrittivi di quelli ammessi dalle previsioni urbanistiche vigenti. Altre sono relative invece alla richiesta di aree produttive, come ampliamento di zona con destinazione analoga, o come trasformazione di aree agricole. Tali provvedimenti sono l'esito di quanto l'Amministrazione ha scelto approvando a gennaio del 2002 dei criteri per la valutazione delle tantissime richieste avanzate dai cittadini; le "linee guida" danno infatti delle priorità che introducono un riferimento generale opposto alla valutazione caso per caso: dal documento risulta che sono da favorirsi quegli interventi che incentivino lo sviluppo delle attività produttive, di quelle legate al turismo ed in generale di interesse pubblico, nonché gli interventi su unità abitative nel caso in cui le opere siano rivolte alla risoluzione di problemi di carattere familiare, limitati a piccoli ampliamenti di edifici residenziali o al completamento di tessuti esistenti; si intende inoltre consentire il cambio di destinazione d'uso di aree edificabili previste dal Prg e non ancora attuate per comprovato disinteresse pubblico o privato. Tra le varianti di tipo normativo approvate nel periodo più recente, una riguarda l'inserimento di alcune nuove destinazioni d'uso tra quelle ammesse in zona D (discoteche, pub, pubblici esercizi, palestre, scuole di ballo, attività di intrattenimento e svago, sale per videogiochi) ed una estende la possibilità di interventi di ristrutturazione edilizia su edifici esistenti in difformità dal Prg, a determinate condizioni, nelle aree agricole e in zona F1 - Parchi territoriali -.

Lo stato di attuazione del Prg vigente

La valutazione del grado di attuazione delle previsioni del Prg è stata fatta sulla base della trasposizione sulla cartografia digitale in scala 1:10.000 delle tavole cartacee in scala 1:5.000 realizzata in occasione dell'Avvio delle procedure e costantemente aggiornata tramite l'inserimento delle varianti all'azzonamento approvate. La copertura complessiva del Piano Regolatore vigente è composta da 5.388 aree, a ciascuna delle quali corrisponde un record con 12 campi compilati dove opportuno, oltre alle indicazioni dei vincoli cimiteriali e dei sovra/sottopassi. I campi riportano non solo le zone omogenee, con le eventuali specifiche normative per la tipologia o la località, le indicazioni per le Trasformazioni edilizie, il rimando a piani attuativi e quello alle schede, la definizione - se prevista - delle attrezzature pubbliche (esistenti o di progetto), ma anche le prescrizioni esito di variante e quindi lo stato di attuazione verificato.

A valle del lavoro svolto vanno segnalate in particolare le problematiche di interpretazione: dove non è presente alcun retino - sia nel caso delle strade che dei corsi d'acqua principali che delle zone agricole… -, dove si sovrappongono più segni, dove non c'è segno grafico differenziato per le varie declinazioni delle norme - le zone A1 di salvaguardia delle testimonianze storiche -, dove non sembrano esistere perimetri definiti - indicazioni dei singoli servizi nelle aree pubbliche per attrezzature -, … Prevedibile invece era l'ovvia percentuale di errori materiali presenti in un Piano disegnato a mano su tavolette separate: il riferimento è soprattutto alle incongruenze più o meno evidenti lungo le connessioni tra i fogli; l'accuratezza del disegno manuale non era allora compensata da altrettanta capacità di controllo e verifica dell'intero elaborato, adesso consentita dalle tecniche Gis.

L'attuazione del Prg è stata dunque verificata attraverso il confronto sia con la Carta Tecnica Regionale 1:10.000 del 1996, sia con le ortofoto del volo It2000, attraverso l'esame di pratiche urbanistiche ed edilizie recenti e tramite una serie numerosa di sopralluoghi. L'indagine ha riguardato tutte le zone di espansione C, le zone F ed F1, le "Aree per attrezzature pubbliche" per le quali il Piano indica esplicitamente precise destinazioni di progetto ad eccezione di quella a "verde pubblico, parchi" e le zone D, D1, D2 e D3 effettivamente assimilabili ad aree di espansione. Non sono state pertanto considerate le zone di completamento, sia a destinazione prevalentemente residenziale che per attività produttive; anche in questo caso verifiche più puntuali ed approfondite potranno essere svolte successivamente, anche grazie alla disponibilità di rilievi di dettaglio aggiornati.

Le aree residenziali

L'analisi del Piano evidenzia una tendenza ben definita nell'evoluzione delle parti di territorio interessate dalle zone di espansione, con la maggior parte degli interventi previsti dalle schede C in corso di realizzazione solo negli ultimi 5 anni ed anzi una sensibile accelerazione proprio in quest'ultimo periodo, dove per quasi tutte le aree esiste almeno il progetto di piano attuativo in istruttoria.

La versione vigente del Piano Regolatore prevede 70 lottizzazioni per un totale di 1.308.807 mc. dei quali risultano realizzati 662.776 mc. pari quasi al 51% di attuazione (tale percentuale arriva al 53,5% se consideriamo anche i volumi concessionati). Analizzando il dato relativo ai soli volumi residenziali si ottiene il 60% di attuazione pari a 636.509 mc. su una previsione complessiva pari a 1.062.039 mc.

Delle 70 lottizzazioni solamente 25 risultano effettivamente concluse ed esaurite e 18 in corso di realizzazione, mentre per ben 26 aree non risultano ancora rilasciate concessioni, nonostante solo 16 siano i piani di attuazione non ancora approvati; 4 sono stati già adottati, mentre quelli in istruttoria sono 10.

Sono in una fase ormai piuttosto avanzata, con percentuale di realizzazione non inferiore al 60%, alcune lottizzazioni di medie dimensioni (tra i 4.000 e i 20.000 mc.) - Monte sopra Rondine, Campoluci, Tregozzano, Staggiano - oltre all'area di Madonna di Mezzastrada (25.000 mc.). Dal punto di vista geografico si può notare l'area tra San Leo e Indicatore quale prima direttrice di sviluppo coincidente con l'asse stradale nord-ovest cui hanno fatto seguito alcuni episodi più isolati interessanti zone della prima fascia periferica.

Alcuni comparti PEEP tra i quali Marchionna, Quarata-Cimitero e Pantano sono stati recentemente completati - lo sono anche quasi completamente per quanto riguarda la parte privata, del resto -; altri, come San Giuliano, La Pace e Sellina II sono in fase di ultimazione; essi rappresentano aree con maggiore capacità edificatoria rispetto alle precedenti. Tra queste spicca l'area ex-SOCOA (88), con 129.126 mc. complessivi, 23.000 dei quali non ancora concessionati e riservati all'Edilizia Economica e Popolare. Complessivamente il volume Peep realizzato ammonta a 180.275 mc. pari al 57% delle previsioni; l'area PEEP più consistente ancora non realizzata è quella del Garbasso (76.000 mc.).

È interessante sottolineare come sia invece bassa la quota di realizzazioni per i volumi a destinazione non residenziale nelle schede C (11%): su questo bilancio pesa indubbiamente il ritardo nell'attuazione di progetti pur importanti quali la Cerniera, la Piazza sul viale urbano e lo stesso Garbasso. Un'ultima annotazione riguarda i tempi di realizzazione dalla approvazione del progetto di attuazione che appaiono piuttosto lunghi: in vari casi non sono ancora state rilasciate concessioni per piani approvati dalla metà alla fine degli anni '90 (ad esempio Quarata o San Donnino).

Le aree produttive

L'attuazione del produttivo va valutata considerando che tra le aree previste dal Prg non sono distinte quelle di espansione da quelle di completamento e pertanto è necessario tenere conto dei volumi preesistenti al Piano e quindi ricalcolare la potenzialità edificatoria; le aree libere al 1987 erano circa il 45% della superficie complessiva destinata alla produzione, pari a 1.731.131 mq.

Di questi ad oggi risultano effettivamente occupati 1.124.897 mq, cioè circa il 65% ma la quota risulta molto più alta se si include nel calcolo anche i comparti in fase di attuazione - progettati o concessionati -, prospettando una quasi totale saturazione dell'offerta nelle aree produttive D, specialmente quelle a ridosso della città.

Per quanto concerne le aree destinate alle attività puramente commerciali D2, l'interesse si sviluppa prevalentemente nei dintorni della tangenziale, dove sono stati realizzati diversi interventi di grossa dimensione. Le attività di supporto per l'agricoltura D1, al contrario, non hanno conosciuto uno sviluppo tangibile sul territorio.

Le aree destinate ad attività di deposito ed esposizione di merci D3, infine, rappresentano una minima parte del territorio ed alcune attività sono state interrotte portando la consistenza del fenomeno ad una scarsa rilevanza.

Le attrezzature collettive

Lo studio e la verifica di attuazione delle aree pubbliche per attrezzature di servizio porta a complesse considerazioni relative alla tipologia di intervento su tutto il comprensorio comunale, da analizzare individualmente. Partendo dalle attrezzature scolastiche, è possibile rilevare che solamente tre strutture sono state realizzate fra le 21 previste dal Piano Regolatore; c'è da considerare comunque il fatto che le strutture individuate nelle Aree per attrezzature di servizio devono essere integrate con quelle previste e/o realizzate nelle aree F.

Per quanto concerne le attrezzature culturali, il panorama non è minimamente variato dalla redazione del Piano Regolatore: l'unica struttura consistente, peraltro realizzata in un'area non prevista dal Prg, è il neonato Teatro della Bicchieraia, collocato nel cuore del centro antico. Visto il considerevole aumento del flusso turistico e la presenza di una attività culturale più vivace negli ultimi anni, è opportuno prevedere nuove strutture di tipo culturale da dislocare non esclusivamente nel centro storico, ma che, pur facilmente raggiungibili, possano fruire di ampi spazi extraurbani. Le attrezzature sanitarie previste non sono state realizzate, come anche è accaduto per quelle di servizio alle aree industriali, con l'esclusione di alcuni parcheggi di servizio.

Le aree previste per i parcheggi sono state solo in minima parte realizzate, soprattutto nel centro urbano.

L'attività sportiva sembra avere avuto sorte migliore su tutto il territorio, con 13 spazi realizzati su 31. La dislocazione delle aree sul territorio non segue infatti la logica di accentramento nel capoluogo, ma è più uniformemente diffusa su tutto il Comune.

Per quanto riguarda le aree per il culto e le attività spirituali, si sono realizzate 3 strutture con solamente una rimasta ancora da attuare. Per quanto riguarda il verde pubblico, in base alle informazioni fornite dall'Ufficio Ambiente, è possibile stimare che è stata attuata solo una minima parte delle previsioni di Prg ed anche il verde già esistente al momento della redazione del Piano risulta scarsamente mantenuto. Una delle più recenti realizzazioni riguarda un piccolo parco in via degli Accolti, prosecuzione del parco Giotto verso la campagna.

Sotto la dicitura altre attrezzature di interesse collettivo sono state realizzate alcune notevoli strutture, fra cui il parcheggio multipiano Bisaccioni, nei pressi del centro storico.

Lo studio e la verifica concernenti le aree definite nel Piano Regolatore come attrezzature di interesse generale hanno evidenziato un discreto movimento che, nel corso degli anni, ha interessato varie aree territoriali. In particolare si evince che le strutture preesistenti al momento dello studio del Piano Regolatore del 1987 sono state potenziate spesso portando a completamento la copertura della porzione di suolo loro destinata dallo strumento urbanistico: esempio evidente sono gli impianti tecnologici, con la realizzazione di molte nuove vasche per gli impianti di depurazione. Il settore tecnologico sembra, del resto, essere piuttosto attivo anche nella realizzazione di nuovi impianti, fra i quali spicca l'inceneritore in località San Zeno, tanto che nessuna area è rimasta incompiuta fra quelle specificatamente dedicate a questo campo.

Il settore scolastico contemplato ha subito poche trasformazioni e le uniche opere riguardano il complesso nella zona di via degli Accolti. Le aree destinate a parcheggio non hanno subito sostanziali modifiche, mentre le strutture dedicate alle attività sportive mostrano un panorama arricchito dai due nuovi campi per il gioco del rugby e dallo stadio del baseball. Fra le attrezzature generiche spicca il nuovo edificio dell'arma dei Carabinieri, mentre poco è stato realizzato per il settore culturale. Il quadro complessivo su 44 aree identificate come zone F presenta 13 di queste non sfruttate in assoluto e 24 sfruttate completamente od in parte ed annoverano sia strutture preesistenti che di recente realizzazione, anche importanti come ad esempio la nuova struttura ospedaliera in fase di completamento.

Infine per i parchi territoriali individuati nel Piano Regolatore, dove sono previste strutture per attività sportive e per il tempo libero, la cui finalità è la valorizzazione di ambienti naturali, a seguito di attenta verifica ed opportuni sopralluoghi, è stata rilevata la pressoché totale assenza di interventi specifici, che potrebbe denotare alla base della mancata attuazione delle previsioni difficoltà di reperimento fondi.

La viabilità

Dai programmi triennali delle opere pubbliche è possibile ricostruire la mappa degli interventi in corso di realizzazione o di prossima attuazione per quanto riguarda la viabilità; in particolare dall'elenco annuale del 2001 e dal programma per il triennio 2001-2003 risultano previsti alcuni importanti progetti:

Accesso a nord: è in fase di completamento la progettazione dell'area di via Pietri dove si prevede l'ampliamento del parcheggio esistente utilizzando parte della fascia a verde a ridosso delle mura, raddoppiando il numero dei posti auto e la realizzazione di due percorsi meccanizzati interrati di collegamento l'uno con porta S. Biagio (quindi con Piazza S. Domenico) e l'altro con il Prato (cioè con il Duomo).

Interventi sulla Tangenziale: si prevedono diversi interventi tra i quali il raddoppio del tratto tra le due rotatorie (già realizzate) di Via Setteponti e della S.S. Umbro-Casentinese; l'allargamento della sezione stradale è stato già eseguito tra via Fiorentina e via Setteponti, con nuovo svincolo di servizio al centro commerciale.

Viabilità PIP di Pescaiola: si tratta sostanzialmente di suddividere il traffico in entrata e in uscita su carreggiate distinte ricollegate da altrettanti svincoli alle estremità; l'attuazione del progetto sarà in parte a carico del Comune e in parte affidata ad una cooperativa.

Viabilità zona S. Maria: la sistemazione della viabilità nella zona sarà legata al progetto di realizzazione di un nuovo supermercato nell'area dell'ex fabbrica VEGA, dove sono previste anche volumetrie residenziali e consiste nell'inserimento di una grande rotatoria in sostituzione dell'incrocio (appena ultimato) di collegamento tra Via Arno e Via V. Veneto da una parte e Via Mecenate dall'altro, in modo da distribuire il traffico in entrata su strade con minore densità edilizia.

Viabilità Maestà di Giannino-Ospedale Nuovo: è già stata realizzata, con la lottizzazione C88, parte della nuova connessione tra Pescaiola e la Tangenziale, da collegare alla viabilità principale attraverso rotatorie; la prima parte, verso Pescaiola, comprende l'attraversamento in quota della linea ferroviaria Firenze-Roma per poi riscendere in prossimità di Via Alfieri, di fronte al Nuovo Ospedale.

Viabilità Raccordo autostradale-Baldaccio: è stato attuato - diversamente da quanto previsto dal Prg - il collegamento tra Viale Salvemini e Via Baldaccio d'Anghiari (zona Montefalco).

Viabilità del Pantano: stanno per iniziare i lavori per il prolungamento della strada di collegamento tra Via Raffaello Sanzio e Via Anconetana e quindi tra la città e le due nuove grandi lottizzazioni del Pantano e della Marchionna.

Due Mari: sono stati realizzati alcuni nuovi tratti soprattutto nella zona di Palazzo del Pero; per il tratto Arezzo-Palazzo del Pero è già stato redatto lo studio di fattibilità per il raddoppio e l'adeguamento alle norme CNR; per quanto riguarda invece il nodo di Olmo, si prevede la realizzazione di un grande raccordo davanti alla zona industriale di S. Zeno e di una galleria a una quota inferiore rispetto alla strada esistente e superiore rispetto alla linea ferroviaria Firenze-Roma: il progetto è in fase di VIA da parte del Ministero dell'Ambiente.

Il Comune di Arezzo risulta interessato anche dal. La situazione attuale è di asse a carreggiata unica a due corsie; è stato redatto da parte della Provincia di Arezzo ed è stato inviato all'ANAS ed al Comune di Arezzo. A questi interventi se ne aggiungono di minori come ad esempio una piccola rotatoria nella frazione di S. Firmina (in sostituzione di un incrocio pericolosissimo) già realizzata, la sistemazione di Via Pier della Francesca e dell'incrocio tra Via Giotto e Via Sanzio.

A questo elenco vanno aggiunti il tratto di statale tra la Chiassa Superiore e Capolona in sostituzione della vecchia strada provinciale, la nuova viabilità di connessione a Via Arno, la rotatoria di raccordo tra SS 71 e tangenziale e l'unico tratto di tangenziale raddoppiata (tra Via Setteponti e Via Fiorentina), tutti già realizzati. Questi grandi interventi sono competenza dell'Ufficio dei Lavori Pubblici; ciò comporta a volte modifiche rispetto a quanto indicato dalle tavole del Prg (aggiornate solo qualora ricadano al di fuori di aree adibite a servizi pubblici).

I Piani di settore

"… Volendo fare un bilancio di quali effetti hanno prodotto gli strumenti attuativi del Piano, le varianti, i piani di settore si ha l'impressione che questi strumenti parziali abbiano finito per soffocare il Piano Regolatore Generale [del 1965]; l'attenzione si è incentrata sugli strumenti parziali di attuazione e di gestione più che sul disegno complessivo del Piano e sul risultato qualitativo generale che si stava attuando".

A tale conclusione giungevano i redattori del Piano dell'87 e la situazione ad oggi, in generale, non risulta sostanzialmente mutata. L'eccessivo frazionamento degli strumenti urbanistici, in particolare di quelli cosiddetti specialistici, rende sempre più difficile il compito delle Amministrazioni Comunali che vogliono gestire le attività urbanistico edilizie in modo coerente e coordinato con le previsioni dello strumento urbanistico generale e non contraddittorio rispetto ad una strategia unica di intervento sul territorio.

Sarà compito del nuovo Strumento urbanistico, forse rovesciando in parte le posizioni gerarchiche, di recuperare contenuti e stimoli dai vari studi di settore nel tentativo comunque di riportarli ad una visione strategica unitaria e logica.

Il Piano per l'Edilizia Economica e Popolare

Il primo PEEP del Comune di Arezzo viene adottato nel 1963 ed approvato nel 1964. Questo si basa sulle previsioni del Prg del 1962 redatto da Pierluigi Piccinato che individuava i seguenti comprensori: Giotto Est, Manubrio Sud, Pescaiola ovest, zona Fiorentina I e II, frazioni. Il Peep viene integralmente recepito dal Prg del 1965 (con l'esclusione del comparto Fiorentina I (circa 5000 vani).

Il Piano gestisce complessivamente una superficie di circa 320 ettari, per un volume complessivo di 4.268.400 mc. pari a 47.426 vani. L'attuazione incontra difficoltà di tipo economico riferite alla acquisizione delle aree, almeno nel primo periodo precedente all'approvazione della legge 865 del '71.

"Il Piano decade il 20 luglio 1984, con un residuo di volumetria teorica da edificare pari a mc. 614.349". In quell'anno risultavano realizzati pertanto 24.650 vani (2.341.780 mc.).

Il giudizio espresso dai progettisti del prg sull'intera operazione Peep riferito alla situazione presente alla fine degli anni '80, è sostanzialmente positivo, in particolare quando riferito alla componente politico gestionale. Il giudizio si fa decisamente meno positivo quando riferito alla qualità insediativa degli interventi ed in particolare alle zone attestate sul "manubrio", dove "emerge il senso di incompiutezza degli interventi, con aree di risulta non ben definite, senza che sia ben individuabile il limite tra la città e la campagna…".

Il Piano dell'87, perseguendo e sostenendo la logica del "progettare il costruito", sosteneva la necessità di attuare gli interventi di incremento residenziale prevalentemente in aree già edificate, limitando di conseguenza al minimo (anche dimensionalmente) le aree di espansione nel territorio. Coerentemente con tali scelte viene adottato nel luglio dell'84 un nuovo Peep, al solo scopo però di completare le previsioni precedenti, rimandando al Piano Regolatore le scelte relative alle nuove disponibilità residenziali che dovranno scaturire da un dettagliato studio sul fabbisogno abitativo.

Con la definitiva approvazione del Piano Regolatore e l'inaugurazione del periodo di sua attuazione attraverso la definizione del primo Programma Pluriennale di Attuazione, si rende necessaria una verifica dello stato di attuazione del Peep assieme ad una valutazione delle nuove esigenze. La disponibilità residua del Peep ammonta in quel momento a 118.416 mc. con le aree interessate ridotte a due comparti (Fiorentina e Pescaiola ovest), in quanto al terzo previsto (Giotto Est comparto due fiumi per una volumetria complessiva di 85.740 mc.) il nuovo Prg assegna una diversa destinazione urbanistica (da edificabile a verde pubblico). Per tale motivo ed anche a seguito di un ripensamento su alcuni dei criteri che hanno guidato sino ad allora le scelte in materia di edilizia residenziale, si ipotizza una variante al Peep, contestuale alla approvazione del primo PPA.

I principali temi sui quali si basa la variante sono quelli della diffusione capillare degli interventi sul territorio e dell'integrazione dell'edilizia residenziale pubblica nel tessuto sociale e quindi con l'edilizia di tipo privato. Fondamentalmente la preoccupazione principale risulta quella di evitare la creazione di "quartieri popolari" isolati e non integrati nel tessuto urbano e sociale della città. Il dimensionamento del Piano è valutato sulla base del fabbisogno abitativo decennale (1993-2002) calcolato in 952.000 mc. e una volta riferito al trienno di validità del PPA (1993-1995) pari a complessivi 285.600 mc.

I criteri principali seguiti dal PPA per definire la quota parte da assegnare a Peep per ciascuna delle aree di espansione individuate dal Piano Regolatore come zone C sono la diffusione sul territorio, con il superamento della tendenza a concentrare gli interventi su vasti comparti di espansione dell'aggregato urbano; l'immediata operatività; l'esistenza di opere di urbanizzazione nelle aree prescelte; la contestuale riqualificazione delle zone periferiche (anche delle piccole aree della città che possono rivestire un ruolo strategico nella tessitura dell'impianto urbanistico della città); l'integrazione delle iniziative pubbliche e private (soprattutto nei grandi comparti); il contenimento del contenzioso espropriativo, che ha condizionato negativamente il precedente Piano.

Seguendo le indicazioni della L.R.T. n. 41/84 relative alla promozione di forme di consultazione, anche nel tentativo di trovare nuove forme di reperimento delle aree, l'Amministrazione Comunale decide di richiedere ai proprietari delle aree edificabili più consistenti (con edificabilità pari o superiore ai 20.000 mc), la cessione di una quota corrispondente al 25% del volume realizzabile da ricomprendere in specifici comparti Peep, invitando gli stessi a formulare proposte congiunte di cessione al Comune, al prezzo fissato dalla legge e sulla base di una ipotesi di progetto e di sistemazione urbanistica relativa all'intera area interessata.

Il Piano per gli Insediamenti Produttivi

Il P.I.P. è stato approvato nel gennaio del 1975 (con alcune integrazioni nel 1977). La superficie complessiva inserita nel Piano era pari a 1.443.210 mq., corrispondente alla quasi totalità delle aree produttive previste dal Prg del 1965 (con l'eccezione di quelle già edificate o lottizzate); 78 ha. erano destinati all'edificazione: circa 325.967 mq. alle attività artigianali, circa 152.600 mq. alle attività industriali e circa 105.060 mq. a quelle commerciali. Le aree di intervento sono la zona industriale lungo il raccordo autostradale (tra le linee ferroviarie Firenze-Roma e Arezzo-Sinalunga), dove gli interventi erano diversificati secondo la destinazione e le zone artigianali di Prg Tramarino, San Leo, La Sella, San Zeno, Sant'Andrea, Rigutino, Battifolle, Ceciliano e Quarata.

Il Piano intendeva in particolare favorire il decentramento delle attività produttive impossibilitate ad ampliarsi a causa dell'espansione residenziale nelle aree urbane e la realizzazione di aree per insediamenti produttivi anche nelle frazioni.

Vengono previsti tre programmi di attuazione, due dei quali già completamente assegnati nel 1984, secondo le dettagliate analisi svolte durante l'elaborazione del nuovo Prg. Queste rilevavano però che, pur essendo le aree complessivamente assegnate e pur essendo terminati o in corso i lavori per le opere di urbanizzazione, dopo dieci anni (1985) l'effettiva edificazione raggiungeva una percentuale molto bassa sul totale delle previsioni, mentre le aree destinate a servizi ed attrezzature erano ancora totalmente inattuate; inoltre una parte delle aree (188.500 mq.), essendo scaduto il decennio di validità del Piano, non avrebbe potuto essere più espropriata. Le stesse analisi evidenziano anche due aspetti non secondari: il mancato raggiungimento degli indici massimi consentiti dal Piano (in particolare il rapporto di copertura medio era del 40% benché fosse ammesso il 50%) e la suddivisione in lotti sovradimensionati rispetto alle esigenze effettive soprattutto delle imprese artigiane. Nei documenti raccolti si osserva infine che "…l'area industriale lungo il raccordo autostradale è forse quella che presenta maggiori problemi e su cui lo zoning ha influito più negativamente, determinando quasi una città del lavoro contrapposta e separata da quella esistente ed usata soltanto di giorno." Allo stesso tempo appare già allora evidente la progressiva caratterizzazione in senso commerciale e direzionale dell'area industriale.

Secondo il rapporto del Gruppo di lavoro per l'attuazione del nuovo Prg di Arezzo, (la Commissione Branzi), ancora nel 1992 "permane la caratteristica del sottoutilizzo dei comparti assegnati e/o edificati": escludendo le aree destinate a servizi (circa 173.500 mq.), la valutazione del 1992 è di 189.450 mq. ancora da costruire.

Non abbiamo ritenuto opportuno, in questa fase, fare una stima aggiornata o piuttosto un bilancio conclusivo del P.I.P., essendo ormai scaduto, rimandando ad una più complessiva riflessione sull'attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale vigente.

Il Piano Urbano del Traffico

Il primo Piano del Traffico per Arezzo, affidato all'ACI nel 1971 e completato nel giugno del 1974, prendeva in esame il solo nucleo centrale della città; tendeva a migliorare la circolazione utilizzando sostanzialmente la rete viaria esistente e dava indicazioni di priorità per le opere stradali che sarebbero state necessarie per il futuro; il Piano è stato attuato tra il 1977 e il 1978. Nel 1984 poi fu approvato un Piano di Pronto Intervento per il Traffico cittadino, attuato sperimentalmente l'anno precedente, che disciplinava le zone di Porta San Lorentino e Porta Trento Trieste e istituiva la prima Zona a Traffico Limitato e la prima Zona Pedonale.

È però contestualmente alla elaborazione della Variante Generale al Prg che viene messo a punto un vero e proprio Piano del Traffico e della Circolazione, promosso dall'Amministrazione nonostante non fosse all'epoca strumento obbligatorio, al quale era anche affiancato il Piano di riorganizzazione dei Servizi dell'Azienda di trasporto pubblico (ATAM). Venne istituita per l'occasione anche una specifica Unità Operativa (U.O.T.) che si occupasse specificatamente del Traffico. L'U.O.T ha fra l'altro continuato ad effettuare rilevamenti dei flussi e ha poi realizzato uno studio, aggiornato al 1993, sull'incidentalità stradale per evidenziare i punti più pericolosi e proporne quindi una revisione.

Nel dicembre del 1985 dunque l'Amministrazione comunale affida l'incarico di realizzare il Piano della Mobilità integrato alla revisione del Prg alla Società LARIS di Milano (consulente del Prg proprio per gli aspetti del traffico e della mobilità); l'incarico consiste in primo luogo nello studio analitico e diretto dei movimenti veicolari e della sosta, in secondo luogo nella progettazione dell'organizzazione generale della rete viabilistica in termini di nuove infrastrutture e di razionalizzazione di quella esistente, della sosta, nonché di eventuali itinerari pedonali. La fase di rilevazione si conclude nel settembre del 1986, a valle della quale si osserva che la situazione in Arezzo non è allarmante, ad eccezione di qualche nodo congestionato, ma le infrastrutture via via realizzate mantengono una discreta fluidità del traffico. Nel maggio del 1987 vengono presentate le considerazioni e proposte del gruppo tecnico: le scelte di fondo mirano a tutelare fortemente l'ambiente urbano e ad aumentare il grado di efficienza e di sicurezza del sistema della mobilità cittadina; la proposta avanzata consiste sostanzialmente nel "semplificare" lo schema circolatorio, prevedendo percorsi diretti di connessione tra diverse zone della città: connessione diretta tra Saione e Giotto, Saione e centro (senso unico divergente in uscita da Via Veneto su Viale Michelangelo fino all'altezza del sottopasso ferroviario e da qui in senso unico in Via Pier della Francesca), connessione diretta Est-Ovest e viceversa (reintroduzione del doppio senso circolatorio in Via Crispi e Via Roma) e connessione Pescaiola-centro e viceversa (doppio senso nel sottopasso ferroviario di Pescaiola e in Via Baldaccio d'Anghiari); le ultime due proposte comunque non sono mai state attuate.

Nel settembre del 1987 vengono presentati la relazione generale ed i provvedimenti operativi, ed in particolare interventi riguardanti:

  • - Via Dante, Via Romana e Via Vittorio Veneto
  • - i sottopassi di Via Vittorio Veneto e Viale Michelangelo
  • - un sottopasso verso Via Baldaccio D'Anghiari
  • - l'estensione e ridefinizione della normativa delle zone pedonali
  • - la riorganizzazione del servizio di trasporto pubblico
    - la ridefinizione del sistema dei parcheggi
    Il Piano si articola in due fasi: una prima di rapida attuabilità, tesa a favorire le relazioni tra le varie parti della città; una seconda fase si occupa invece delle infrastrutture viarie di previsione (il collegamento viario Lebole
  • - Bisaccioni, il raddoppio della Tangenziale, …), selezionando il traffico di ingresso e studiandone la distribuzione, in particolare modo dal punto di vista dei parcheggi.

Per i progetti si propone una collaborazione tra la società LARIS e l'ufficio creato appositamente per gestire il P.U.T.

Nel 1989 vengono quindi presentati in una prima fase (aprile) i documenti dei Piani esecutivi della Mobilità per gli interventi e le proposte che riguardano la città murata e la zona di espansione ottocentesca (nell'intorno di Piazza Guido Monaco fino al limite della ferrovia): una prima parte contiene norme per la circolazione e la sosta, la seconda illustra gli interventi sull'ambiente urbano - illuminazione, marciapiedi, passaggi pedonali -. I criteri fondamentali che guidano queste proposte si fondano sulla massima protezione dell'ambiente storico della città dall'inquinamento del traffico, sullo sviluppo e tutela della residenza, sulla riqualificazione delle attività commerciali e produttive, sul miglioramento dell'accessibilità pedonale e del funzionamento del trasporto pubblico; le misure selettive si applicano distinguendo la città murata in zona pedonale, zona a traffico limitato e in zona a sosta controllata e regolamentata. Per i viali ottocenteschi l'obbiettivo è di incrementare i parcheggi nella parte bassa a corona della mura, favorendo maggiormente il traffico pedonale e di rivitalizzare il tratto di Via Guido Monaco da Piazza San Francesco alla Stazione, creando un asse pedonale di penetrazione al centro antico.

Nel novembre dello stesso anno vengono poi consegnati i Piani esecutivi della Mobilità per gli interventi e le proposte per le aree Giotto, Saione e Pescaiola; l'intento è quello di considerare aree dissimili dal punto di vista dell'epoca di impianto e di sviluppo che però presentano esigenze analoghe di riqualificazione e riprogettazione urbana. Nell'area Giotto viene proposta la riprogettazione di Via Giotto, con creazione di un controviale per pista ciclabile e nuove piantumazioni, e Via Lorenzetti. Per l'Area Saione si prevedono interventi di pedonalizzazione (asse Via Vittorio Veneto fino a Via Curtatone, Piazza Saione e strade trasversali) e di riprogettazone di alcune strade principali quali Via Masaccio, Via Colombo, Via Arno e altre trasversali, con particolare attenzione alle alberature, ai marciapiedi e ai posti auto. Nell'area di Pescaiola infine è previsto il ridisegno della sezione stradale di Via Alessandro dal Borro e Via Benedetto Croce, con ridefinizione di marciapiedi, alberature e bordure. Tra tutte queste operazioni, quelle realmente attuate hanno riguardato soltanto Via Lorenzetti e, in parte, la zona di Via Arno.

Nel maggio del 1997 viene redatto dall'Unità Operativa Traffico del Comune un aggiornamento del P.U.T.; gli obiettivi generali sono il miglioramento delle condizioni di circolazione sia in termini di movimenti che di sosta, la sicurezza stradale, la riduzione dell'inquinamento e il risparmio energetico, promovendo il mezzo di trasporto collettivo, con priorità nelle aree centrali o maggiormente congestionate, e l'intermodalità col mezzo individuale, oltre alla mobilità alternativa ciclabile o pedonale. Nel 2001 è stato redatto il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano, affidato alla società SINTAGMA di Perugia; l'ambito di studio è costituito in questo caso dall'area urbana del capoluogo, compresa all'interno del semianello della tangenziale. Il nuovo Piano propone una strategia di intervento orientata al breve periodo, con proposte di interventi specifici su alcune intersezioni e di misure relative alla disciplina della sosta ed all'estensione della Zona a Traffico Limitato - articolata nei due ambiti A e B -; in mancanza di un inquadramento complessivo, però, tra i singoli progetti risulta difficile trovare un coordinamento ed i provvedimenti adottati - nell'ottica di dare soluzione a problemi puntuali - non possono essere correttamente valutati nel funzionamento generale della mobilità.

Tra i progetti in corso riguardanti il traffico, riveste infine particolare interesse "Arezzo S.I., sistema informativo della segnaletica di indicazione" (adottato con delibera nº461 del 20/11/1991) che prevede la collocazione di un sistema di segnali nei principali incroci del centro e della periferia, in modo da canalizzare e selezionare il traffico, favorendone un miglior deflusso; il progetto deve essere ancora adeguato alle nuove normative entrate in vigore.

Il Programma Urbano dei Parcheggi

Il Programma Urbano dei Parcheggi vigente è stato elaborato sulla base del censimento dell'offerta di parcheggio esistente (esclusa quella lungo strada), delle previsioni del Piano Regolatore Generale e del Piano Urbano del Traffico nonché della individuazione di aree inutilizzate da recuperare. Il Programma originario definiva una serie di interventi a breve termine, per complessivi 2.300 posti auto, suddivisi in due gruppi, rimandando per ogni singola localizzazione ad una specifica proposta.

Fino ad oggi, escludendo le previsioni di Prg non comprese nel P.U.P., sono stati realizzati i due grandi parcheggi pubblici Bisaccioni e S. Bernardo-Eden (quest'ultimo è stato realizzato a raso), quello a raso di Via Alessandro dal Borro ed alcuni interventi privati: quello di Via Fiorentina-Le Caselle, Maccagnolo e parte del parcheggio di Piazza del Popolo, ancora da completare a causa del fallimento della cooperativa incaricata dell'esecuzione.

Sul tema dei parcheggi a servizio del centro della città il Piano Regolatore ed il contemporaneo Piano del Traffico avevano cercato di introdurre una più ampia strategia, volta in particolare alla tutela e alla salvaguardia della città antica: l'obbiettivo era infatti quello di stoppare ai margini della città il consistente flusso quotidiano di traffico - soprattutto privato - proveniente non solo dalle frazioni e dai nuclei esterni ma anche da un vasto ambito provinciale; la barriera al traffico avrebbe dovuto essere costituita dai parcheggi interrati (a pagamento) lungo l'anello delle mura, utilizzati per la sosta momentanea e per i residenti sprovvisti di garage, consentendo la vera pedonalizzazione della città entro le mura e la rivitalizzazione delle aree tra queste ed il percorso perimetrale, attraverso successivi interventi di riqualificazione. Negli studi elaborati durante la redazione del Piano le strutture, per lo più multipiano, erano localizzate lungo Via del Rossellino, Via Pier della Francesca, Viale Michelangelo, Via Spinello, Via Aretino, Viale Signorelli e Via Sansovino, per complessivi 2.700 posti auto circa; un'altra proposta avanzata riguardava Piazza Guido Monaco dove, lasciando il giardino pubblico in superficie, si ricavavano circa 160 posti nel sottosuolo. Il Gruppo di lavoro per l'attuazione del nuovo Prg di Arezzo aveva poi avanzato anche la proposta, complementare alla previsione per l'area immediatamente a ridosso delle mura, di dotare la città di grandi parcheggi scambiatori, all'altezza della Tangenziale e lungo le strade di penetrazione, con caratteristiche di servizi attrezzati più che di semplici depositi d'auto. Queste intenzioni non sono mai state tramutate in esecuzioni, lasciando fra l'altro inalterata la situazione della sosta lungo le mura con ampie zone di parcheggio a raso a ridosso del circuito murario Vasariano; lungo Via Pier della Francesca si trova il parcheggio degli autobus e l'area del Bastione di Porta Buia, lungo Via del Rossellino, da poco chiusa alle auto, è generalmente inutilizzata, se non in occasioni di particolari necessità.

Il Piano dei carburanti

Il Comune di Arezzo ha approvato il proprio programma per l'attuazione del Piano regionale sulla distribuzione dei carburanti nel 1985.

Nel 1996 la Regione Toscana ha approvato un nuovo Piano in materia di distribuzione del carburante e pertanto sono state apportate modifiche al programma sia sotto il profilo quantitativo, che sotto quello degli strumenti attuativi, nonché delle norme procedurali.

Un Decreto Legislativo del '98 ha poi introdotto la sostituzione della concessione a tempo determinato con una autorizzazione a tempo indeterminato subordinata alla verifica di conformità alle disposizioni di Prg ed ai vincoli presenti.

Ai fini della verifica di compatibilità sono valide le prescrizioni della DCR 359/96, che stabilisce in particolare che non esistono zone dove gli impianti sono pregiudizialmente incompatibili, attribuendo a ciascuna zona omogenea un appropriato tipo di impianto che non sia in contrasto con il sito; quindi non si ritiene più necessario procedere ad una variante al Prg per gli impianti ricadenti al di fuori delle aree previste dall'art.39. Attualmente sono presenti 46 impianti dei quali 44 attivi; tra questi ultimi, 7 sono da rimuovere in quanto incompatibili con il sito o in contrasto con le previsioni di Prg.

A decorrere dal 1 Luglio 2000 si è dato inizio alla liberalizzazione del settore e pertanto non è più necessario procedere alla chiusura di uno o più impianti per la realizzazione di nuovi, mentre si continuano ad applicare le normative regionali in materia di rete di distribuzione di carburanti e in riferimento a distanze, limiti numerici, modifiche e collaudi. Viene ammessa infine la deroga al rispetto del limite nel numero di impianti consentito in presenza di accordi tra Comuni limitrofi, per specifiche esigenze di carattere locale.