Norme tecniche di attuazione del Piano Strutturale

Titolo I DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 4 Statuto del territorio

1. Il PS individua lo statuto del territorio e le sue componenti che rappresentano elementi di valore identitario delineandone regole di tutela, riproduzione e trasformazione.

2. Lo statuto del territorio comprende:

  • - il patrimonio territoriale (ai sensi dell'art. 3 della LR. 64/2015)
  • - le invarianti territoriali (ai sensi dell'art. 5 della LR. 64/2015)
  • - la perimetrazione del territorio urbanizzato (ai sensi dell'art. 4 della LR. 64/2015)
  • - il territorio rurale con l'individuazione dei nuclei rurali (ai sensi dell'art. 65 della LR. 64/2015), gli ambiti di pertinenza dei centri e nuclei storici (ai sensi dell'art. 66 della LR. 64/2015) e gli ambiti periurbani (ai sensi dell'art. 67 della LR. 64/2015)
  • - la ricognizione delle prescrizioni sovraordinate
  • - la definizione della pericolosità geologica, idraulica e sismica

Titolo II PATRIMONIO TERITORIALE E INVARIANTI STRUTTURALI

CAPO I Patrimonio territoriale comunale

Art. 5 Il Patrimonio territoriale

1. Il patrimonio territoriale è l'insieme delle strutture di lunga durata prodotte dalla coevoluzione fra ambiente naturale e insediamenti umani, di cui è riconosciuto il valore per le generazioni presenti e future.

2. Il patrimonio territoriale è riferito all'intero territorio del Comune di Arezzo ed è costituito dai seguenti elementi costitutivi:

  • - struttura idrogeomorfologica, che comprende i caratteri geologici, morfologici, pedologici, idrologici ed idraulici;
  • - la struttura ecosistemica, che comprende le risorse naturali aria, acqua, suolo ed ecosistemi della fauna e della flora;
  • - la struttura insediativa, che comprende città ed insediamenti minori, sistemi infrastrutturali, artigianali industriali e tecnologici;
  • - la struttura agro-forestale, che comprende boschi, pascoli, campi e relative sistemazioni nonché i manufatti dell'edilizia rurale.

3. Il patrimonio territoriale è rappresentato e descritto nei seguenti elaborati dello Statuto del territorio:

  • - C1. Relazione di sintesi
  • - C2. Carta del patrimonio territoriale (scala 1:15.000 - 4 tavole)

4. Il Patrimonio territoriale è composto da:

  1. a) Patrimonio del sistema insediativo:
    • - Patrimonio storico
    • - Ambiti di recente formazione di processi unitari
    • - Ambiti residenziali da riqualificare
    • - Piattaforme produttive
    • - Servizi funzionali alla rete ecologica
    • - Servizi funzionali alla rete ecologica (di progetto)
    • - Viabilità storica
    • - Percorsi fondativi (rif. Invariante Strutturale III del PIT/PPR)
    • - Ferrovie
  2. b) Patrimonio idrogeomorfologico
    • - Aree di interesse geologico rilevante
    • - Sistemi morofogenetici
  3. c) Patrimonio ecosistemico
    • - Corridoio ripariale
    • - Elemento di inclusione
    • - Nodo primario forestale
    • - Nodo secondario forestale
  4. d) Patrimonio agroforestale
    • - Bonifica storica
    • - Colture terrazzate

Art. 6 Patrimonio storico - Centri antichi e aggregati, Edifici specialistici, ville ed edilizia rurale di pregio, Altri edifici di antica formazione

1. Il Piano Strutturale considera i "centri antichi e gli aggregati", gli "Edifici specialistici, ville ed edilizia rurale di pregio" e gli "Altri edifici di antica formazione" di valore storico testimoniale conferendo la valenza di patrimonio storico afferente al Patrimonio del sistema insediativo e le seguenti prescrizioni.

2. Centri antichi e aggregati

2.1 Il Piano Strutturale conferma ed assume, quale Patrimonio storico, la schedatura relativa ai "centri antichi e gli aggregati" (schede di rilievo degli edifici e dei nuclei storici) della strumentazione urbanistica vigente.

2.2 Il Piano Strutturale dispone per il patrimonio edilizio ricadente nella fattispecie "centri antichi e gli aggregati" le seguenti indicazioni da seguirsi nella redazione del Piano Operativo:

  • a. indicare le modalità per predisporre un adeguato monitoraggio e aggiornamento delle schede di rilievo rispetto alla verifica di dettaglio degli usi attuali, delle condizioni di integrità architettonica e tipologica dei manufatti, compresi gli spazi aperti pubblici e privati;
  • b. disporre una dettagliata scheda normativa con la quale disciplinare le singole modalità di intervento sugli edifici e sugli spazi aperti, le funzioni ammissibili; in particolare si dovrà tendere a:
    • - adeguare ed estendere la disciplina degli interventi volta al recupero dei manufatti e degli spazi aperti di pregio;
    • - riequilibrare le funzioni, razionalizzare gli impianti a rete, mantenere e riqualificare le attività commerciali ed artigianali;
    • - limitare la tendenza al frazionamento delle unità abitative e favorire la permanenza dei tipi edilizi monofamiliari;
    • - assicurare un adeguato rapporto tra la funzione residenziale e la funzione turistica;
    • - assicurare il rispetto della morfologia insediativa e preservare il valore architettonico, tipologico, paesaggistico e testimoniale.

3. Edifici specialistici, ville ed edilizia rurale di pregio

3.1 Il Piano Strutturale conferma ed assume come Patrimonio storico, la schedatura di rilievo relativa ai "Edifici specialistici, ville ed edilizia rurale di pregio" della strumentazione urbanistica vigente.

3.2. Il Piano strutturale dispone per il patrimonio edilizio ricadente nella fattispecie "edifici specialistici e le ville ed edilizia rurale di pregio" le seguenti prescrizioni da seguirsi nella redazione del Piano Operativo:

  • a. indicare le modalità per predisporre un adeguato monitoraggio e aggiornamento delle schede di rilievo rispetto alla verifica di dettaglio degli usi attuali, delle condizioni di integrità architettonica e tipologica dei manufatti, compresi gli spazi aperti pubblici e privati;
  • b. disporre una dettagliata scheda normativa con la quale disciplinare le singole modalità di intervento sugli edifici e sugli spazi aperti, le funzioni ammissibili.

4. Altri edifici di antica formazione

4.1 Il Piano Strutturale conferma la ricognizione degli "Edifici di antica formazione" della strumentazione urbanistica vigente in riferimento agli altri edifici presumibilmente di antica formazione in quanto presenti al Catasto Lorenese ed al Catasto di Impianto, oltre all'edilizia rurale di pregio. Il PS assume come Patrimonio storico gli edifici individuati nella ricognizione secondo le seguenti categorie: "Manufatti con notevoli e/o particolari elementi di valore da sottoporre a schedatura di dettaglio", "Manufatti appartenenti ad ambiti con notevole e/o particolari elementi di valore da sottoporre a schedatura di dettaglio" e "Manufatti con rilevanti elementi di valore da sottoporre a conservazione senza norme specifiche di tutela".

4.2. Il Piano strutturale dispone per il patrimonio edilizio ricadente nella fattispecie "altri edifici di antica formazione" le seguenti prescrizioni da seguirsi nella redazione del Piano Operativo:

  • a. disporre norme d'intervento, relativamente alla disciplina dei suoli, coerenti con il valore del bene e finalizzate alla conservazione del suo carattere testimoniale.

Art. 7 Le invarianti strutturali

1. Le invarianti strutturali identificano i caratteri specifici, i principi generativi e le regole che assicurano la tutela e la riproduzione delle componenti identitarie che qualificano il patrimonio territoriale.

2. Il Piano Strutturale, in conformità alle indicazioni del PIT/PPR, identifica e descrive nel territorio comunale quattro invarianti strutturali:

  • - Invariante I. I caratteri idrogeomorfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici;
  • - Invariante II. I caratteri ecosistemici del paesaggio;
  • - Invariante III. Il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, urbani ed infrastrutturali;
  • - Invariante IV. I caratteri morfotipologici dei paesaggi rurali.

3. Il Piano Strutturale rappresenta le invarianti strutturali, verificando e precisando ad una scala di maggior dettaglio quanto indicato nel PIT/PPR negli Abachi delle Invarianti, nei seguenti elaborati:

  • - C1. Relazione di sintesi
  • - C3.1 Invariante I: Caratteri idro-geo-morfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici (scala 1:15.000 - 4 tavole)
  • - C3.2 Invariante II: Caratteri ecosistemici dei paesaggi (scala 1:15.000 - 4 tavole)
  • - C3.3 Invariante III: Carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali (scala 1:15.000 - 4 tavole)
  • - C3.4 Invariante IV: Caratteri morfotipologici dei sistemi agroambientali dei paesaggi rurali (scala 1:15.000 - 4 tavole)

4. L'individuazione delle invarianti strutturali interessa l'intero territorio del Comune di Arezzo e, fatte salve diverse disposizioni della presente Disciplina, non costituiscono un vincolo di non modificabilità del bene ma il riferimento per definire le condizioni di trasformabilità.

5. Il Piano Strutturale persegue gli obiettivi generali indicati nella Disciplina del PIT-PPR per ciascuna invariante strutturale, come declinati e precisati alla scala locale.

Capo II Invariante I - I caratteri idrogeomorfologici

Art. 8 Generalità e articolazione

1. La prima invariante Strutturale individuata dal PIT/PPR è quella relativa ai caratteri idrogeomrofologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici ed è pertinente in primo luogo al supporto geomorfologico del territorio, ovvero alla base fisica del paesaggio, alla sua "ossatura".

2. Secondo lo schema metodologico di analisi e rappresentazione dei sistemi morfogenetici, nel territorio comunale di Arezzo, sono riconoscibili i seguenti sistemi morfogenetici:

  1. 1. ALP - Alta pianura
  2. 2. CTVd - Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane
  3. 3. CTVr - Collina a versanti ripidi sulle Unità Toscane
  4. 4. CBAt - Collina dei bacini neo-quaternari, litologie alternate
  5. 5. FON - Fondovalle
  6. 6. MAR - Margine
  7. 7. MARi - Margine inferiore
  8. 8. MOS - Montagna silicoclastica
  9. 9. PBC - Pianura bonificata per diversione e colmate

Art. 9 1. ALP - Alta pianura

1. Identifica i conoidi alluvionali attive e bassi terrazzi alluvionali esondabili da eventi rari a meno di opere di arginamento e protezione.

2. Localizzazione: settore sud-orientale della Città di Arezzo; Pianaccio - Antria; Piana dell'Arno presso Ponte di Buriano.

3. L'Alta Pianura è un punto nodale dal punto di vista idrologico; si tratta di uno dei principali serbatoi di acque dolci sotterranee, per di più posto in immediata vicinanza di zone fortemente insediate. La sua funzione nella mitigazione delle piene è fondamentale in natura ma si perde con le arginature; restano la capacità generalmente elevata di assorbire le piogge, e la minima produzione di deflussi. L'Alta Pianura, insieme ai Bacini di Esondazione, svolge il ruolo storico di campagna prossimale dei grandi centri urbani.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Le aree di Alta Pianura sono storicamente luogo sia di agricoltura specializzata che di insediamento urbano. Fin dall'epoca classica, l'insediamento è stato accompagnato da importanti interventi di sicurezza idraulica, aventi lo scopo di arrestare la naturale dinamica di esondazione e sedimentazione. Tecnicamente, la riuscita arginatura trasforma l'Alta Pianura in Margine, ma l'effetto non si manifesta per i tempi molto brevi, rispetto ai tempi geomorfologici, e per la conservazione della connessione idraulica sotterranea con il fiume, che invece è perduta nel Margine. I depositi e i suoli dell'Alta Pianura offrono scarsa protezione alle falde acquifere; la presenza di importanti insediamenti crea quindi situazioni di rischio; perdite di risorse idriche in seguito a inquinamento di falde di Alta Pianura si sono già verificate. I livelli di consumo di suolo sono, in vari ambiti, molto elevati, con le conseguenze in termini di necessità di ulteriore regimazione idraulica e di perdita di alimentazione delle falde superficiali, spesso necessarie per l'irrigazione. Gli insediamenti e le infrastrutture di Alta Pianura sono comunque esposti agli eventi idrologici rari e di particolare intensità.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: limitare il consumo di suolo per ridurre l'esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche.

Art. 10 2. CTVd - Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane

1. Identifica i fianchi di rilievi antiformi, sia della catena appenninica che della fascia di retroarco, corrispondente alla Toscana interna. Superfici interessate da sollevamenti relativamente contenuti, con modellamento erosivo mediamente intenso.

2. Localizzazione: Fascia collinare del settore centro-settentrionale del territorio comunale.

3. La Collina a versanti dolci sulle Unità Toscane è uno dei principali supporti dei paesaggi rurali di maggiore valore, e quindi un punto di snodo fondamentale del paesaggio toscano. L'attitudine alle colture arboree di pregio è particolarmente elevata, ma fattori climatici limitano la viticoltura nelle aree più interne o più elevate. La capacità di assorbire le piogge e contenere la produzione del deflusso superficiale è fondamentale nell'equilibrio dei bacini idrografici.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Questo sistema è tra quelli che, storicamente, hanno ospitato un'elevata densità di insediamenti e sistemi rurali tipici di collina; come tale, è soggetto in modo esteso al fenomeno degli abbandoni dei sistemi rurali e degli inseDiamenti minori; la tendenza all'espansione della viticoltura intensiva è importante negli ambiti Chianti e Val di Nievole. Il sistema è interessato da fenomeni franosi locali, ma significativi. La presenza di spesse coltri mobili, come corpi di frana o detrito e suoli profondi, rende i versanti più ripidi potenzialmente instabili in caso di disturbo della copertura forestale, in particolare in relazione alla viabilità.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Limitare gli interventi che riducono l'infiltrazione dell'acqua, in particolare l'impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione prolungata della copertura forestale; evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti.

Art. 11 3. CTVr - Collina a versanti ripidi sulle Unità Toscane

1. Identifica i fianchi e nuclei di rilievi antiformi della fascia di retroarco, corrispondente alla Toscana interna; fianchi degli altopiani della Toscana meridionale. Superfici interessate da sollevamenti recenti, oppure antichi ma di grande entità.

2. Localizzazione: Margine orografico orientale del territorio comunale (Monte dei Sassi Bianchi - Campo del Piano).

3. Nella Toscana centro-meridionale, la Collina a versanti ripidi sulle Unità Toscane condivide con pochi altri sistemi collinari il ruolo di piano dominante, caratteristicamente boscoso, della struttura del paesaggio. Il sistema ha una buona fertilità forestale e sostiene boschi di alto valore ecologico, ed ha inoltre un'importante capacità di contenere la produzione di deflusso superficiale e di alimentare le falde acquifere. L'attitudine alla colture di pregio è buona salvo limiti climatici, ma normalmente limitata dalle pendenze.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Questo sistema appare essenzialmente stabile, salvo situazioni locali. La protezione offerta agli acquiferi, in termini di inquinamento, è limitata dalle caratteristiche dei suoli e dalla generale permeabilità; le caratteristiche dei suoli pongono qualche limitazione alle utilizzazioni agricole; le coperture detritiche sui versanti pongono serie limitazioni all'apertura ed alla manutenzione della viabilità, soprattutto minore.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Limitare gli interventi che riducono l'infiltrazione dell'acqua, in particolare l'impermeabilizzazione del suolo, e che comportano la riduzione prolungata della copertura forestale; evitare che la viabilità minore destabilizzi i versanti.

Art. 12 4. CBAt - Collina dei bacini neo-quaternari, litologie alternate

1. Identifica i rilievi prodotti dal modellamento erosivo a carico di depositi neo-quaternari, in conseguenza del ritiro del mare e di un significativo ma modesto sollevamento quaternario, accompagnato da minimi fenomeni di deformazione e fratturazione.

2. Localizzazione: Porzione nord del Canale Maestro della Chiana; Destra idrografico Arno.

3. Il sistema ospita paesaggi di grande valore, esemplificati dall'area di Monte Oliveto Maggiore; inoltre, ha offerto e offre ampie possibilità di utilizzazione agricola.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. La documentazione storica mostra come il paesaggio attuale si sia originato dalla combinazione di rapida estensione dell'agricoltura e di momenti di deterioramento climatico, tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo. Negli anni successivi al 1954, una dinamica maggiore è stata le tendenza a obliterare sistematicamente le forme di erosione intensa, utilizzando grandi mezzi meccanici. Un problema strutturale è relativo all'espansione degli insediamenti urbani; poiché molti insediamenti storici hanno occupato l'intera superficie disponibile di affioramenti non argillosi, ulteriori espansioni si confrontano con i seri problemi geotecnici dei depositi argillosi. La relazione tra insediamenti e geologia, strutturale al sistema, crea rischi geomorfologici ben noti; le aree insediate poste al margine delle superfici utili sono soggette al fenomeno delle balze, che deve essere propriamente percepito come non occasionale, ma strutturale alla Collina dei bacini neo-quaternari a litologie alternate. In termini più generali, il sistema è un importante produttore di deflussi superficiali ed è seriamente soggetto all'erosione del suolo, anche al di la dei dissesti macroscopici, che sono comuni e parte integrante del paesaggio.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Evitare gli interventi di trasformazione che comportino alterazioni della natura del suolo e del deflusso superficiale al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; mitigare gli effetti dell'espansione delle colture arboree di pregio su suoli argillosi e il riversamento di deflussi e acque di drenaggio su suoli argillosi adiacenti; favorire gestioni agro-silvo-pastorali che prevengano e riducano gli impatti sull'idrologia, l'erosione del suolo e la forma del rilievo stesso; evitare ulteriori modellamenti meccanici delle forme di erosione intensa.

Art. 13 5. FON - Fondovalle

1. Identifica le pianure alluvionali dei principali corsi d'acqua.

2. Localizzazione: Arno; Castro; Torrente Cerfone; La Lama e altri.

3. I Fondovalle sono strutture primarie del paesaggio, e in particolare della territorializzazione, in ragione della loro funzione comunicativa e della disposizione storica degli insediamenti. Il sistema fornisce elevate potenzialità produttive, agricole, e risorse idriche importanti.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. In seguito alle acquisite capacità di difesa idraulica, la pressione insediativa è molto cresciuta in tempi recenti. Il consumo di suolo è molto elevato e la grande concentrazione di strutture insediative comprende spesso situazioni locali pesantemente esposte al rischio idraulico. Le aree di Fondovalle sono altamente dinamiche, e sono da considerare uniformemente come ad alto rischio idraulico. Le trasformazioni tendono ad attenuare le funzioni idrogeologiche, ostacolando la ricarica delle falde acquifere e l'assorbimento dei deflussi. Consumo di suolo e presenza di siti estrattivi abbandonati e allagati tendono ad aumentare il rischio di inquinamento delle falde. Il Fondovalle è luogo tipico di realizzazione delle casse di espansione.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Limitare il consumo di suolo per ridurre l'esposizione al rischio idraulico e salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche.

Art. 14 6. MAR - Margine

1. Identifica i conoidi alluvionali terrazzate e terrazzi alluvionali alti.

2. Localizzazione: Fascia pedemontana della destra idrografica dell'Arno; Ranco di Frassineto

3. Il Margine è la materializzazione del rapporto geomorfologico tra rilievi e piano, quindi occupa una posizione particolare nel paesaggio. Da questa posizione nascono le sue funzioni, di raccordo idrologico, strutturale e paesaggistico tra pianura e rilievi. Il peso di questa funzione è molto grande in rapporto all'area effettivamente occupata. La condizione del Margine come terra scarsamente utilizzata, punteggiata da insediamenti importanti ma ben distanziati, è strutturale al paesaggio toscano, mentre la funzione di assorbimento dei deflussi e alimentazione delle falde acquifere utilizzati dagli abitanti di "piani" inferiori è pressoché universale. In tempi moderni, le aree di Margine sono considerate appetibili per l'insediamento e offrono superfici adatte alle colture di pregio, quando sostenute dalla tecnologia.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Le aree di Margine hanno visto storicamente insediamenti limitati, a causa della scarsa fertilità dei suoli; dinamiche recenti e molto attive sono l'espansione della coltura del vigneto e la "risalita" degli insediamenti, in espansione dalle sottostanti aree di pianura. Per la sua natura di raccordo strutturale e per la superficie limitata, l'occupazione del Margine con insediamenti e infrastrutture altera in modo radicale i rapporti strutturali tra rilievi e pianure. Il rischio concreto di occupazione dell'intera fascia definisce un caso di completa obliterazione di una componente strutturale del paesaggio. Il ruolo idrologico del Margine è soggetto ad essere compromesso dagli insediamenti residenziali e produttivi, che impediscono l'infiltrazione dell'acqua, e da colture intensive che, se non condotte correttamente, rischiano di rilasciare inquinanti verso le falde acquifere. L'impianto di colture intensive è talvolta accompagnato da significativi interventi sulla topografia, dannosi per il ruolo paesaggistico del Margine.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Limitare il consumo di suolo per salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche; evitare estesi rimodellamenti delle morfologie; favorire una gestione agricola che tenga conto dello scarso potenziale naturale dei suoli e della necessità di tutela delle falde acquifere; limitare i rimodellamenti della topografia associati agli impianti di colture intensive.

Art. 15 7. MARi - Margine inferiore

1. Identifica i sistemi di conidi di deiezioni non esondabili da eventi eccezionali.

2. Localizzazione: Fascia pedemontano orientale del Canale Maestro; Settore nord-occidentale Citta di Arezzo.

3. Il Margine Inferiore offre suoli potenzialmente molto fertili, anche se non sempre atti alle colture di pregio; rappresenta anche un'area logica di espansione degli insediamenti, costituendo quindi un'area di importanza strategica che, per la limitata criticità idrogeologica, potrebbe essere resa disponibile in preferenza rispetto ad aree più critiche. Nei casi di assenza del Margine, il Margine inferiore è portatore dei valori strutturali e paesaggistici definiti per questo sistema.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Le aree di Margine Inferiore sono storicamente luogo di agricoltura specializzata e grandi fattorie. In tempi attuali sono interessate dalle pressioni per l'espansione degli insediamenti. Il Margine Inferiore è idrologicamente meno sensibile del Margine, per la minore permeabilità. La vulnerabilità dei suoli alla compattazione complica l'utilizzazione ma può portare a forme di uso altamente specializzato, come le risaie e i vivai. La vulnerabilità all'erosione rappresenta una seria limitazione in caso di superfici in pendenza. In assenza del Margine, l'occupazione del Margine inferiore con insediamenti e infrastrutture presenta i rischi di alterazione strutturale profonda del territorio già rilevati per il Margine stesso.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Contenere i rischi di erosione sulle superfici in pendenza e i rischi di compattazione del suolo su tutte le altre superfici.

Art. 16 8. MOS - Montagna silicoclastica

1. Identifica i fianchi di rilievi antiformi e monoclinali dello spartiacque appenninico e di rilievi minori; complesso di paleo-superfici delle Pizzorne. Strutture interessate da fenomeni di sollevamento recente.

2. Localizzazione: Settore orografico centro-orientale del territroio comunale.

3. La Montagna Silicoclastica è parte integrante della montagna abitata storica, alla quale ha offerto importanti opportunità; si tratta del sistema di massima attitudine per il castagneto da frutto, e sostiene anche ecosistemi forestali di valore ecologico. Questo tipo di montagna ha una importante capacità di contenere la produzione di deflusso superficiale e di alimentare falde acquifere superficiali o di moderata profondità; il suo peso nell'equilibrio idrologico dei bacini idrografici è strategico. L'altitudine e l'estensione rendono infatti il sistema recipiente di una percentuale elevata di piogge, sia in termini assoluti sia in termini di eventi di grande magnitudine. Sono molto frequenti le sorgenti, tra cui quelle di corsi d'acqua di grande importanza.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. La coltivazione storica del castagno da frutto è oggi in via abbandono; anche le colture sono state abbandonate in anticipo rispetto ad altri sistemi di montagna, a causa della minore fertilità dei suoli. La protezione offerta agli acquiferi, rispetto all'inquinamento, è limitata dalle caratteristiche dei suoli e dalla permeabilità delle coltri mobili; i fenomeni franosi sono comuni, e spesso associati agli insediamenti; le coltri detritiche, anche su forti pendenze, sono suscettibili di essere destabilizzate, ad esempio dalla costruzione di infrastrutture viarie non progettate con adeguata cura; oltre ai rischi di frana, queste coperture sono la principale fonte del trasporto solido negli eventi di piena di grande magnitudine.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Evitare gli interventi di trasformazione che comportino aumento del deflusso superficiale e alterazione della stabilità dei versanti, al fine della prevenzione del rischio geomorfologico; evitare che interventi relativi alla viabilità minore destabilizzino i versanti.

Art. 17 9. PBC - Pianura bonificata per diversione e colmate

1. Identifica le aree di pianura dal drenaggio naturalmente incerto e in via di evoluzione, con tendenza al drenaggio endoreico ed alla formazione di corpi idrici, sottoposte a grandi opere di bonifica con reindirizzamento del drenaggio e/o attuazione di schemi di colmata

2. Localizzazione: Val Di Chiana e Canale Maestro

3. Risultato di un grande movimento storico, le pianure delle grandi bonifiche sono in se una testimonianza e un valore. La loro realizzazione ha creato un grande potenziale produttivo. In varie aree, le zone di bonifica contengono aree umide di valore naturalistico e paesaggistico, per le quali rappresentano una fascia di protezione.

4. Dinamiche di trasformazione e criticità. Questo sistema è uno dei principali prodotti e testimoni della storia delle bonifiche in Toscana; gli alti costi di manutenzione e i cambiamenti nelle tecniche agronomiche tendono a ridurre l'importanza e la densità della parte minore del sistema di drenaggio, che viene in parte smantellata. La manutenzione costante è il prerequisito della permanenza del sistema, che altrimenti si trasformerebbe rapidamente nel sistema delle Depressioni Umide. I sistemi di bonifica sono concepiti come un tutto unico, e la tendenza a smantellare le porzioni terminali, a livello di unità colturale, potrebbe determinare difficoltà. La concentrazione di acque di varie provenienze tende a caricare il sistema di drenaggio di sostanze eutrofizzanti e di inquinanti di origine diffusa, con effetti potenzialmente pericolosi per le aree umide prospicienti.

5. Obiettivi e indicazioni per le azioni: Mantenere e preservare i sistemi di bonifica idraulica; limitare il consumo di suolo per salvaguardare i caratteri qualitativi e quantitativi delle risorse idriche; evitare il convogliamento delle acque di drenaggio dalle aree insediate verso le aree umide.

Capo III Invariante II - I caratteri ecosistemici del paesaggio

Art. 18 Inquadramento ecosistemico e morfologico del territorio comunale

1. Identifica gli elementi costituenti la rete ecologica del territorio comunale di Arezzo. Per ogni morfotipo ecosistemico dell'Invariante II "I caratteri ecosistemici del paesaggio" riconosciuto all'interno dell'ambito sono descritte le caratteristiche identificabili su piccola scala e la loro distribuzione nel territorio.

2. Le unità ambientali costituenti il morfotipo sono state ripartite nelle categorie di elementi strutturali o funzionali della rete, in coerenza con il ruolo ecologico ricoperto dalle stesse alla scala locale o sovralocale.

3. L'insieme dei morfotipi e degli elementi strutturali e funzionali connessi agli stessi forniscono la definizione della rete ecologica del settore.

Art. 19 Morfotipo II.1 Ecosistemi forestali

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.1.a - Nodo forestale primario: Nel territorio comunale sono rappresentati da boschi di latifoglie mesofile, prevalentemente cerrete e castagneti, o a prevalenza di conifere in stadio di maturità (nel caso di impianti artificiali), con presenza locale di latifoglie caduche termofile. Possiedono una elevata continuità territoriale e una elevata concentrazione di specie floristiche e faunistiche tipiche dei sistemi forestali in buono stato evolutivo e di conservazione. Da un punto di vista fitosociologico le coperture vegetali caratterizzanti il nodo forestale primario sono riconducibili prevalentemente al Melico uniflorae-Quercetum cerris, all'Erico arboreae-Quercetum cerris, al Crataego-Quercion cerridis e al Lonicero-Quercetum pubescentis. Nel territorio comunale sono riconoscibili nel settore orientale.
  • - II.1.b - Nodo forestale secondario: Sono rappresentati a livello fitosociologico dai medesimi syntaxa caratterizzanti i nodi forestali primari; si differenziano per una struttura più aperta e frammentata e per le estensioni maggiormente limitate. Nel territorio comunale sono riconoscibili nel settore centrale.
  • - II.1.c - Nuclei di connessione ed elementi forestali isolati: Si tratta di elementi nucleici residuali forestali attribuibili per tipologia floristica, vegetazionale, fitosociologia e faunistica ospitata ai nodi forestali primari e secondari ma con inferiore qualità ecologica generale dovuta anche alle azioni di rimaneggiamento delle proprie superfici. Non presentano estensioni omogenee e rappresentano elementi connettivi o "ponti di connettività" verso i nodi a qualità ecologica superiore. Nel territorio comunale possiedono una distribuzione frammentaria e isolata; sono riconoscibili nel settore centro-meridionale e centro-settentrionale.
  • - II.1.d - Matrice forestale ad elevata connettività: E' costituita da boschi termofili di latifoglie caduche o sempreverdi in formazioni continue o frammentari con elevata densità dell'ecomosaico. Possiedono valori ecologici intermedi. Rappresentano la categoria dominante in cui sono inseriti i nodi primari e secondari. Nel territorio comunale tale matrice è rappresentata in via prevalente da boschi di leccio e roverella, con locali mosaici con altre querce caducifiglie, e in stato variabile di struttura, maturità e copertura; da un punto di vista fitosociologico tali formazioni si inquadrano prevalentemente nella Quercetalia ilicis e nel Lonicero-Quercion pubescentis, in locale mosaico con le formazioni del Melico uniflorae-Quercetum cerris e dell'Erico arboreae-Quercetum cerris. Nel territorio comunale è uno degli elementi strutturali a maggiore diffusione, e risulta essere presente in maniera comune su tutte le superfici forestate; nella matrice possono essere incluse superfici agricole, attive o abbandonate, e sporadici manufatti che concorrono al ruolo ecosistemico dell'elemento.
  • - II.1.e - Corridoio ripariale: Sono tratti di reticolo idrografico interessati dalla presenza di formazioni ripariali arboree e/o basso-alto-arbustive ad elevata idoneità per specie faunistiche e floristiche. Nel caso di attraversamento di nodi primari i corridoi fluviali sono inglobati in essi nel caso in cui gli stessi siano funzionali al nodo. Da un punto di vista fitosociologico si osserva come sono funzionali al ruolo di connessione ecologica tutte le fitocenosi diffuse nel settore, purché si sviluppino in ambito ripario e con determinate caratteristiche strutturali e di continuità. Nel territorio comunale sono riconoscibili in prossimità dei corsi d'acqua principale, come il fiume Arno, il canale Maestro della Chiana o il Torrente Castro.

2. Elementi funzionali della rete

  • - II.1.f - Direttrici di connettività da riqualificare: Sono elementi che da un punto di vista ecologico sono riconducibili alle tipologie dei nodi primari, dei nodi secondari, dei corridoi ripariali e della matrice forestale ad elevata connettività che presentino un continuum spaziale, ecologico e strutturale, ma un grado di conservazione medio-basso derivante prevalentemente dallo sfruttamento del territorio per fini agricoli. In tale categoria non è importante l'estensione, ma il ruolo ecologico ricoperto, fondamentale nel mantenimento della connettività della regione biogeografica. Nel territorio comunale sono riconoscibili due direttrici di connettività da riqualificare nell'ambito della Valdichiana.
  • - II.1.g - Direttrici di connettività da ricostituire: Tale elemento funzionale della rete ecologica è riconducibile a livello tipologico alla categoria precedente, ma con un grado di antropizzazione elevato e un attuale livello di valore ecologico basso. Rappresentano potenziali corridoi ecologici e strategici settori di incremento della connettività ecologica. Nel territorio comunale è riconoscibile una direttrice di connettività da ricostituire nell'ambito della Valdichiana.
  • - II.1.h - Elementi da mantenere in corridoi ecologici: Rappresentano vie di passaggio preferenziale di connessione fra elementi forestali o agricoli ad idoneità faunistica elevata per taluni gruppi. Sono rappresentati prevalentemente da territori agricoli con presenza locale di elementi vegetazionali naturali, con frammentazione indotta da elementi urbani.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Tutela integrale di tutte le formazioni forestali, con particolare riferimento a quelle inserite all'interno delle aree della Rete Natura 2000 o ad altre aree soggette a tutela a livello locale o sovraordinato.
  2. 2. Miglioramento della qualità ecosistemica complessiva degli habitat forestali con particolare riferimento alle matrici forestali (caduche e/o sempreverdi) di collegamento tra nodi primari e secondari.
  3. 3. Mantenimento e miglioramento dei livelli di qualità ecologica e maturità dei nodi forestali primari e secondari.
  4. 4. Mantenimento/incremento delle superfici di habitat forestali planiziali, riducendo i fenomeni di frammentazione, realizzando interventi di rimboschimento con latifoglie autoctone e migliorando i livelli di permeabilità ecologica delle matrici agricole.
  5. 5. Mantenimento della superficie complessiva dei diversi habitat forestali relittuali e delle stazioni forestali "etero topiche".
  6. 6. Controllo della diffusione di specie aliene invasive nelle comunità vegetali forestali.
  7. 7. Riduzione/mitigazione dei danni da fitopatologie e da incendi estivi.
  8. 8. Miglioramento della gestione idraulica e della qualità delle acque nelle aree interessate da foreste planiziali e boschi ripariali.
  9. 9. Recupero delle attività selvicolturali al fine di mantenere le peculiarità locali (es. castagneti da frutto).
  10. 10. Miglioramento della continuità/qualità delle formazioni ripariali arboree, anche attraverso il miglioramento della compatibilità ambientale delle periodiche attività di pulizia delle sponde ed evitando le utilizzazioni forestali negli impluvi e lungo i corsi d'acqua.
  11. 11. Miglioramento delle connessioni ecologiche tra nuclei forestali isolati e le matrici/nodi forestali.
  12. 12. Tutela e valorizzazione attiva degli habitat forestali di interesse comunitario e/o regionale.
  13. 13. Tutela e valorizzazione dei servizi ecosistemici offerti dai paesaggi forestali.

Art. 20 Morfotipo II.2 Ecosistemi agro-pastorali

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.2.a - Nodo degli ecosistemi agro-pastorali: Sono rappresentati da ecosistemi agricoli montani tradizionali con attività agricole estensive a mosaico con aspetti pascolivi e prativi. Si riscontrano aree agricole di collina a prevalenza di oliveti terrazzati e non, colture promiscue e non intensive con presenza di aree naturali e semi-naturali e aree incolte. Sono ricompresi anche aree agricole collinari e aree agricole di pianura con scarsi livelli di edificazione. Nel territorio comunale sono riconoscibili nel settore centrale, in posizione mediana fra l'ambito agricolo di pianura e quello forestale.
  • - II.2.b - Matrice agro-ecosistemica collinare: Nel territorio comunale sono identificabili ecosistemi collinari a dominanza di seminativi e di monocolture cerealicole, con locali frammenti di vegetazione naturale e semi-naturale talvolta legata a ambienti ripari. Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore centrale e settentrionale.
  • - II.2.c - Matrice agro-ecosistemica di pianura: Tale matrice è rappresentata da pianure alluvionali con agro-ecosistemi a copertura continua, minimamente soggetti a fenomeni di urbanizzazione e infrastrutturazione. Si denota la prevalenza di seminativi e colture orticole e la presenza di una elevata densità del reticolo idrografico secondario. La vegetazione spontanea presente lungo i corsi d'acqua si intende inclusa nell'elemento, in quanto concorre alla funzionalità dello stesso. Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore settentrionale e meridionale.
  • - II.2.d - Matrice agro-ecosistemica di pianura urbanizzata: Sono identificabili pianure alluvionali con elevata frammentazione dell'agro-ecosistema a causa dell'urbanizzazione e dell'infrastrutturazione. Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore centrale.
  • - II.2.e - Agro-ecosistema frammentato attivo: Si tratta di agro-ecosistemi di piccole dimensioni, in stato di frammentarietà, ma con uso agricolo ancora prevalente, in condizioni di contatto locale o inglobanti coltivi abbandonati e aree a ricolonizzazione boschiva o arbustiva. Possono essere immersi in matrici forestali o di relittuali versanti agricoli. Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore orientale in superfici isolate.
  • - II.2.f - Agro-ecosistema intensivo: Nel settore sono presenti aree agricole interessate dalla presenza di vivai e serre, da vigneti occupanti estese porzioni territoriali e frutteti specializzati. Si denota una elevata antropizzazione generale del paesaggio. Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore centrale e settentrionale in superfici isolate e frammentarie.

2. Elementi funzionali della rete. Nel territorio comunale non sono riconoscibili elementi funzionali della rete appartenenti a tale morfotipo ecosistemico.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Mantenimento della qualità ecologica dei nodi degli agroecosistemi e conservazione attiva delle aree agricole ad alto valore naturale, con particolare riferimento a quelle inserite nella Rete Natura 2000 o in altre aree soggette a tutela a livello locale o sovraordinato.
  2. 2. Mantenere gli agroecosistemi di alto valore naturale favorendo, ove possibile, le attività zootecniche e un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio.
  3. 3. Riduzione dei tassi di consumo di suolo agricolo per urbanizzazione nelle pianure interne, tutela dei nodi agricoli di pianura e miglioramento della permeabilità ecologica delle matrici agricole di pianura, con particolare riferimento alle aree circostanti le importanti aree umide.
  4. 4. Miglioramento della permeabilità ecologica delle aree agricole non classificate come nodi anche attraverso la ricostituzione degli elementi vegetali lineari e puntuali (siepi, filari alberati, boschetti, alberi camporili) e la creazione di fasce tampone lungo gli impluvi.
  5. 5. Favorire il mantenimento e recupero delle sistemazioni idraulico-agrarie di versante (terrazzamenti, ciglionamenti, ecc.).
  6. 6. Aumento dei livelli di sostenibilità ambientale delle attività agricole intensive (vivaismo, floricoltura in serra, vigneti e frutteti specializzati) e miglioramento delle connessioni tra nodi/matrici forestali.
  7. 7. Conservazione e valorizzazione dell'agrobiodiversità (razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale), elemento spesso in stretta connessione con la qualità del paesaggio agropastorale.
  8. 8. Conservazione degli agroecosistemi di pianura urbanizzata frammentati e a rischio di scomparsa, mediante il mantenimento e la ricostituzione dei livelli minimi di permeabilità ecologica, il recupero delle attività agricole e la riduzione dei processi di consumo di suolo.
  9. 9. Incremento della trasformazione delle attività agricole verso il biologico o comunque verso forme di agricoltura a elevata sostenibilità ambientale.

Art. 21 Morfotipo II.3 Ecosistemi palustri e fluviali

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.3.a - Zone umide: In tale Aree umide costiere, specchi idrici, lagune, stagni retrodunari salati o dulciacquicoli, laghi, canneti, salicornieti, vegetazione idrofitica, torbiere e prati umidi.

2. Elementi funzionali della rete.

  • - II.3.b - Corridoio fluviale: Si tratta di ecosistemi torrentizi di pianura, collinari e alto collinari, tratti di medio corso di fiumi ad alveo largo e acqua permanente con vegetazione spondale arborea, con alveo caratterizzato da terrazzi ghiaiosi, tratti di basso corso e tratti di foce. Tale elemento funzionale è diffuso su tutto il territorio comunale, entrando interazione con gli altri elementi strutturali e funzionali della rete.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Riduzione dei processi di frammentazione delle zone umide e di artificializzazione delle aree circostanti, evitando nuovi processi di urbanizzazione, di consumo e impermeabilizzazione del suolo, con particolare riferimento a quelle inserite nella Rete Natura 2000 o in altre aree soggette a tutela a livello locale o sovraordinato.
  2. 2. Miglioramento della qualità delle acque e riduzione delle pressioni ambientali e delle fonti di inquinamento di origine industriale, civile o agricola, situate nelle aree adiacenti o comunque confluenti nelle aree umide.
  3. 3. Mantenimento e/o incremento dell'attuale superficie degli habitat umidi; tutela degli habitat di interesse regionale e/o comunitario, delle fitocenosi e delle rare specie animali e vegetali palustri e lacustri.
  4. 4. Mantenimento/incremento delle aree con canneti e realizzazione di interventi di gestione e riqualificazione degli habitat palustri e lacustri.
  5. 5. Controllo/riduzione della presenza di specie aliene invasive.
  6. 6. Aumento della superficie interessata da boschi planiziali anche attraverso progetti di riforestazione mediante utilizzo di specie ed ecotipi forestali locali.
  7. 7. Tutela degli habitat di interesse regionale/comunitario e delle fitocenosi del repertorio naturalistico toscano.

Art. 22 Morfotipo II.4 Ecosistemi arbustivi e delle macchie

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.4.a - Aree boscate degradate o agroecosistema frammentato in abbandono con ricolonizzazione arborea/arbustiva: Sono costituiti da formazioni secondarie di degradazione della vegetazione forestale di latifoglie e di sclerofille, e da forme di ricolonizzazione in evoluzione dinamica che occupano superfici in territori agricoli in stato di abbandono o forte frammentazione. Nel territorio comunale sono riconoscibili nel settore orientale in superfici isolate.

2. Elementi funzionali della rete. Nel territorio comunale non sono riconoscibili elementi funzionali della rete appartenenti a tale morfotipo ecosistemico.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Mantenimento dell'attuale superficie degli habitat arbustivi, di brughiera e delle torbiere montane e miglioramento del loro stato di conservazione, anche attraverso l'aumento dei livelli di compatibilità delle attività turistiche, estrattive, delle infrastrutture e degli impianti eolici, con particolare riferimento alle aree inserite nella Rete Natura 2000 o in altre aree soggette a tutela a livello locale o sovraordinato.
  2. 2. Mantenimento dei processi di rinaturalizzazione e ricolonizzazione arbustiva e arborea di ex aree agricole in paesaggi caratterizzati da matrici agricole intensive (ad es. agroecosistemi frammentati arbustati all'interno della matrice agricola collinare).
  3. 3. Mantenimento degli arbusteti e dei mosaici di prati arbustati se attribuibili ad habitat di interesse comunitario o regionale.
  4. 4. Tutela degli habitat di interesse regionale/comunitario e delle fitocenosi del repertorio naturalistico toscano.
  5. 5. Mantenimento dei caratteristici mosaici di garighe e arbusteti spinosi delle montagne mediterranee.

Art. 23 Morfotipo II.5 Ecosistemi erbacei

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.5.a - Matrice ecosistemica erbacea: E' costituita da una matrice ambientale di connessione ecosistemica, con presenza di formazioni erbacee derivanti da forme di degrado delle coperture boschive e a macchia termofile e/o mesofile.Nel territorio comunale è riconoscibile nel settore orientale.

2. Elementi funzionali della rete. Nel territorio comunale non sono riconoscibili elementi funzionali della rete appartenenti a tale morfotipo ecosistemico.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Mantenimento dell'attuale superficie degli habitat prativi e miglioramento del loro stato di conservazione, anche attraverso l'aumento dei livelli di compatibilità delle attività turistiche, estrattive, delle infrastrutture e degli impianti eolici, con particolare riferimento alle aree inserite nella Rete Natura 2000 o in altre aree soggette a tutela a livello locale o sovraordinato.
  2. 2. Mantenimento dei processi di rinaturalizzazione e ricolonizzazione erbacea e arbustiva di ex aree agricole in paesaggi caratterizzati da matrici agricole intensive (ad es. agroecosistemi frammentati arbustati all'interno della matrice agricola collinare).
  3. 3. Mantenimento degli arbusteti e dei mosaici di prati arbustati se attribuibili ad habitat di interesse comunitario o regionale.
  4. 4. Tutela degli habitat di interesse regionale/comunitario e delle fitocenosi del repertorio naturalistico toscano.
  5. 5. Riduzione degli impatti sugli ecosistemi prativi e pascolivi montani legati a locali e intense attività antropiche (strutture turistiche, strade, cave, impianti eolici, etc.).
  6. 6. Mantenimento delle superfici dei pratelli annui e stangnetti temporanei in mosaico con la macchia mediterranea.

Art. 24 Morfotipo II.6 Ecosistemi urbani

1. Elementi strutturali della rete:

  • - II.6.a - Corridoio ripariale di inclusione ecologica: Settori inclusi nella matrice urbana o nel paesaggio periurbano che rappresentano corridoi di inclusione di specie faunistiche all'interno del sistema urbano (ad es. nella rete di parchi urbani). Nel territorio comunale si riconoscono taluni corsi d'acqua disposti con assetto a raggio rispetto al nucleo urbano con tale finalità ecosistemica.
  • - II.6.b - Micro-rete dei parchi urbani: I parchi e le aree verdi urbane come rete ad elevata idoneità faunistica per specie avifaunistiche adattatesi al contesto urbano.

2. Elementi funzionali della rete. Nel territorio comunale non sono riconoscibili elementi funzionali della rete appartenenti a tale morfotipo ecosistemico.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Mantenimento delle superfici ripariali costituenti corridoi di inclusione in ambito urbano.
  2. 2. Miglioramento dello stato qualitativo dei corridoi ripariali di inclusione urbana.
  3. 3. Incremento della connettività ecologica interna al nucleo urbano attraverso azioni di rinverdimento (realizzazione di filari alberati nei principali viali, etc.) tra i principali parchi cittadini.

Art. 25 Morfotipo II.7 Morfotipi diversificati

1. Elementi strutturali della rete. Nel territorio comunale non sono riconoscibili elementi strutturali della rete appartenenti a tale morfotipo ecosistemico.

2. Elementi funzionali della rete:

  • - II.7.a - Barriera infrastrutturale principale da mitigare: Si tratta di barriere infrastrutturali extra-urbane con effetto barriera o rottura della continuità ecosistemica. Nel territorio comunale sono riconoscibili nell'ambito della Valdichiana, in prossimità degli assi stradali/ferroviari maggiori che non presentano connettori quali passaggi sopraelevati, viadotti su corsi d'acqua, etc.
  • - II.7.a - Aree critiche per la funzionalità della rete: Aree critiche su scala regionale caratterizzate da pressioni antropiche o naturali legate a molteplici fattori, anche di origine cumulativa o relittuale. Nel territorio comunale è riconoscibile una area critica per i processi di artificializzazione.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  1. 1. Mitigazione dell'effetto barriera operato dagli assi infrastrutturali sugli elementi della rete ecologica.
  2. 2. Valorizzazione e mantenimento/recupero dei livelli di biopermeabilità degli ecosistemi naturali o seminaturali situati in corrispondenza di gallerie o di altri elementi di interruzione dell'effetto barriera delle infrastrutture (viadotti, ecc.).
  3. 3. Incremento della diminuzione degli interventi in grado di aggravare le problematiche legate ad aree critiche per la connettività della rete.
  4. 4. Riqualificazione delle aree degradate e recupero dei valori naturalistici e di sufficienti livelli di permeabilità ecologica delle aree critiche per la connettività della rete.

Capo IV Invariante III - Il carattere dei sistemi insediativi, urbani e infrastrutturali

Art. 26 Morfotipo dei tessuti urbani a prevalente funzione residenziale e mista

Morfotipo T.R.1. Tessuto ad isolati chiusi o semichiusi

Descrizione e individuazione

Tessuto di matrice storica otto-novecentesca, a densità medio/alta, formatosi fuori dalle mura del centro storico a sud della ferrovia sul reticolo delle vie Colombo, Vittorio Veneto, Trasimeno, Arno, Kennedy e lungo gli assi in uscita, di relazione territoriale come Via Porta, Via Perennio (Fiorentina), Via Della Chimera (Setteponti), Via Trento e Trieste (Anconetana).

Gli isolati sono edificati lungo il perimetro, chiusi o semichiusi, e presentano una cortina edilizia prevalentemente continua, direttamente affacciata e allineata sul fronte stradale, con impianto prevalente a corte e funzioni commerciali e servizi frontestrada.

Obiettivi e direttive

  • - Riqualificare e incrementare la dotazione di spazi pubblici e/o collettivi e del verde tutelando la struttura ad isolati chiusi e semichiusi
  • - Evitare la saturazione delle corti interne con nuove edificazioni
  • - Utilizzare le corti interne per realizzare piazze coperte
  • - Evitare la sostituzione degli isolati con architetture fuori scala e monofunzionali
  • - Mantenere e favorire la realizzazione di passaggi e gallerie che mettano in relazione corti interne e spazio pubblico esterno incrementando l'offerta di spazi collettivi di uso pubblico
  • - Realizzare gli elementi di completamento, estensione e riqualificazione della rete degli spazi pubblici con particolare attenzione allo spazio pubblico connettivo che mette in relazione i servizi presenti ai piani terra degli isolati

Morfotipo T.R.2. Tessuto ad isolati aperti e lotti residenziali isolati

Descrizione e individuazione

Tessuto che caratterizza sia il nucleo capoluogo che i centri e le frazioni esterni, anche di piccole dimensioni; esso costituisce una modalità di espansione insediativa che si individua come tipica degli anni '50-'70 (ad. es. nel capoluogo si ritrovano come "seconda corona di espansione". Si tratta dei quartieri a est del centro e dell'area del Tribunale, attorno a Via Lazzeri, Via Occhini; parti del quartiere Dante, a sud; lungo la Fiorentina, a ovest, attorno alla parrocchia di S. Egidio all'Orciolaia; lungo via Tarlati...) ma che si ritrova anche in interventi più recenti e comunque quale forma di consolidamento dei centri urbani sparsi sul territorio aretino.

Gli isolati sono aperti, costituiti da edifici isolati su lotto, circondati da spazi di pertinenza privati e recintati nella maggior parte dei casi trattati a giardino. Le file di edifici su lotto disposti lungo le strade principali presentano talvolta spazi semi-privati, non recintati per consentire una relazione diretta edificio-strada (per presenza di negozi e locali di servizio e relativa possibilità di parcheggio).

Obiettivi e direttive

  • - Rafforzare i caratteri di urbanità riqualificando e incrementando la dotazione di spazi pubblici e/o collettivi e del verde
  • - Attuare interventi di completamento, estensione e riqualificazione dello o spazio pubblico connettivo che mette in relazione i servizi in modo da rafforzare la struttura ordinatrice del tessuto
  • - Preservare la continuità delle aree a verde (giardini, orti e frutteti) qualora configurino elementi di continuità della rete ecologica locale
  • - Riqualificare i fronti urbani verso lo spazio pubblico collettivo (strada) ed i margini urbano-rurale.

Morfotipo T.R.3. Tessuto ad isolati aperti e blocchi prevalentemente residenziali

Descrizione e individuazione

Questo tipo di tessuto è individuabile nel capoluogo a sud del centro, tra la circonvallazione ed i quartieri ad isolati chiusi e semichiusi vicino all'Ospedale, sul reticolo delle vie Colombo e Vittorio Veneto e in prossimità della circonvallazione e della sua parallela a ovest (vie Vico-F.lli Lebole-Caduti di Cefalonia e Corfù; inoltre a nordovest del centro, sulla via Setteponti (via Mochi) e ad est su via Campanacci.

Questo morfotipo si caratterizza per la densità variabile, l'organizzazione in isolati irregolari per forme e dimensioni, generalmente aperti e individuati da blocchi di diverse forme e geometrie affacciati su ampi spazi di pertinenza. Il rapporto tra edifici è strada è solitamente mediato da tali spazi di pertinenza che sono destinati a funzioni di servizio (accessi e corti) o caratterizzati come luoghi semipubblici tipo piazzette o più generalmente giardini.

Obiettivi e direttive

  • - Completare o definire un disegno urbano compiuto tramite interventi di ridisegno, completamento, riqualificazione, e/o rifunzionalizzazione finalizzati a rafforzare i caratteri di identità e a realizzare nuove centralità urbane
  • - Realizzare nuovi servizi e attrezzature; realizzare dotazioni a scala di quartiere.
  • - Rafforzare le relazioni con gli spazi aperti di uso pubblico e la strada
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree
  • - Dotare i tessuti di servizi adeguati e attrezzature specialistiche
  • - Realizzare interventi di demolizione e densificazione edilizia per ricavare nuovi spazi aperti collettivi di uso pubblico
  • - Realizzare interventi di miglioramento dell'efficienza energetica ed in genere di riqualificazione ambientale
  • - Realizzare interventi di ridefinizione delle relazioni con lo spazio pubblico urbano e con lo spazio aperto periurbano.

Morfotipo T.R.4 Tessuto ad isolati aperti e blocchi prevalentemente residenziali di edilizia pianificata

Descrizione e individuazione

I tessuti TR4 si riconoscono per la presenza di un disegno unitario; essi sono esito di progetti che attraverso un disegno urbanistico hanno contribuito a caratterizzare e dare forma compiuta a vere e proprie parti di città, come il settore orientale e la definizione dei margini urbani verso la campagna attraverso il disegno del quartiere Giotto, del quartiere di via Perelli, lungo via Salmi oppure, a sud oltre la circonvallazione, del quartiere di via Alfieri.

Il morfotipo TR4 è quindi caratterizzato dalla riconoscibilità di un disegno urbano, delle geometrie e di come viene distribuita spazialmente la ripetizione dello stesso tipo edilizio o la composizione di diversi tipi, generalmente isolati su lotto ed arretrati dal fronte stradale per mediarne il rapporto con la strada.

In modo diverso, attraverso interventi di dimensioni molto più contenute e tipologie edilizie di minore dimensione e densità, ma sempre all'interno di un'idea di "disegno" dello spazio urbano, i tessuti TR4 sono stati utilizzati nella pianificazione aretina per strutturare il consolidamento dei piccoli centri e delle frazioni (Val di Chiana; assi radiali verso nord e verso ovest) sparsi nel territorio comunale.

Nei morfotipi TR4 quasi sempre gli spazi pubblici ed aperti presentano un grado di organizzazione adeguato a strutturare una rete; in molti casi vi è l'inserimento di edifici con funzioni pubbliche e servizi (scuole, attrezzature sportive, supermercato, ufficio postale).

Nei piccoli centri i TR4 tendono a valorizzare le preesistenze insediative dando forma alla struttura dello spazio pubblico e/o collettivo con nuove dotazioni.

Obiettivi e direttive

  • - Valorizzare e favorire la riconoscibilità dell'architettura contemporanea e la qualità degli spazi aperti urbani che caratterizza il morfotipo
  • - Consolidare e aumentare le relazioni morfologiche e funzionali, ambientali e paesaggistiche con il contesto
  • - Incentivare la qualità degli interventi di architettura e ristrutturazione urbanistica ed edilizia e attivare inventivi e opportunità per il rinnovo del patrimonio edilizio (efficienza e produzione energetica, qualità dei fronti edilizi, etc.)
  • - Salvaguardare/realizzare spazi di continuità e relazione fisica e percettiva tra città e campagna
  • - Salvaguardare/realizzare spazi di continuità e relazione fisica e percettiva tra i tessuti e le attrezzature urbane più rilevanti (parchi, attrezzature scolastiche e sportive, aree connotate da punti di vista panoramici)
  • - Riprogettare il margine urbano con interventi di qualificazione paesaggistica
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree

Morfotipo T.R.6 Tessuto a tipologie miste

Descrizione e individuazione

Sono tessuti a densità variabile caratterizzati dalla compresenza di attività secondarie e terziarie, sia produttive e commerciali che direzionali, con attrezzature di interesse collettivo e quote di residenza. Sono situati nel capoluogo in prevalenza lungo le radiali occidentali in corrispondenza della circonvallazione e della parallela a ovest (vie- Vico - Fanfani - Caduti di Cefalonia e di Corfù),

Gli spazi pubblici in questi tessuti sono generalmente carenti, lo spazio aperto è a servizio delle attività produttive (depositi, piazzali, parcheggi), prevalgono una bassa qualità architettonica, la mancanza di relazioni fisiche e geometriche tra parti produttive e brani di tessuto residenziale, un'urbanizzazione caotica, l'assenza di spazi pubblici spesso limitati alle aree a parcheggio.

Obiettivi e direttive

  • - Attivare progetti di rigenerazione urbana indirizzandoli alla sostenibilità architettonica, sociale, energetica e ambientale
  • - Prevedere interventi di sostituzione di edifici produttivi eliminando situazioni di dismissione e degrado urbanistico e architettonico
  • - Ridefinire la struttura ordinatrice ed il ruolo dello spazio pubblico e del connettivo aumentandone la dotazione e la qualità con particolare attenzione alla realizzazione delle connessioni verdi della rete ecologica minore ed al miglioramento dei margini tra spazio urbano e rurale tramite cortine verdi e la qualità dei fronti
  • - Attuare strategie di rilocalizzazione delle attività produttive incompatibili in aree dedicate alla produzione
  • - Favorire la de-permeabilizzazione delle superfici sigillate
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree

Art. 27 Morfotipo dei tessuti urbani o extraurbani a prevalente funzione residenziale e mista - frange periurbane e città diffusa

Morfotipo T.R.8 Tessuto lineare

Descrizione e individuazione

Il morfotipo TR8 è distribuita lungo tutta la maglia storica principale che radialmente collega il centro di Arezzo al suo contesto territoriale definendo sviluppi insediativi lineari di maggiore o minore consistenza e continuità a seconda che ci si riferisca alla viabilità del settore occidentale, meridionale, settentrionale, dove la continuità insediativa è più marcata, oppure di quello orientale, dove la morfologia del territorio ha limitato tali sviluppi lineari.

Si tratta di espansioni edilizie costituite perlopiù da edifici mono-bifamigliari e a schiera, dovute ad un processo di crescita incrementale per singoli lotti, sviluppato attorno ad una matrice di aggregazioni insediative storiche, spesso di pregio architettonico, strutturata e affacciata su una strada fondativa. Data la matrice storica presente, caratteristica dei TR8, sono stati classificati in questo morfotipo anche alcuni aggregati rurali storici riconosciuti dal PTCP aventi effettivo carattere di aggregazione insediativa (edifici raggruppati a formare un nucleo o un piccolo borgo), non sempre con medesima perimetrazione rispetto al PTCP essendo che quest'ultimo include anche aree inedificate (pertinenze di pregio) di ampie dimensioni all'interno dei perimetri.

Obiettivi e direttive

  • - Riqualificare le relazioni funzionali, visive, paesaggistiche tra città e campagna
  • - Evitare saldature preservando i varchi tra le diverse frazioni e centri, coerentemente con la discontinuità insediativa propria della polarizzazione lineare policentrica
  • - Favorire interventi di addensamento dei nodi urbani con spazi pubblici, servizi e spazi di quartiere assicurando il mantenimento dei varchi lungo strada utili a favorire la continuità paesaggistica e ambientale
  • - Riprogettare il bordo costruito con azioni di qualificazione paesaggistica anche tramite l'individuazione di ambiti periurbani di cintura di transizione tra città e campagna
  • - Migliorare i fronti edificati verso lo spazio agricolo

Morfotipo T.R.9 Tessuto reticolare e diffuso

Descrizione e individuazione

I tessuti TR9 sono stati individuati laddove i tessuti lineari TR8 perdono il carattere di continuità che ne caratterizza la linearità per dar luogo invece ad una forma molto più rada (per questo assimilata a quelli che nell'abaco regionale sono riconosciuti come densificazioni dei filamenti residenziali in territorio rurale) costituita da edifici mono-bifamigliari, privi di affaccio sulla strada fondativa e inseriti in recinti verdi e spazi di pertinenza prevalentemente sistemati a verde.

Obiettivi e direttive

  • - Riqualificare le relazioni funzionali, visive e paesaggistiche tra città e campagna evitando ulteriori interventi di densificazione e saturazione edilizia degli spazi aperti interclusi
  • - Contenere i processi di dispersione insediativa impedendo ulteriori processi di densificazione dei filamenti residenziali
  • - Migliorare i fronti edificati e mettere in atto azioni di qualificazione paesaggistica per la riqualificazione/valorizzazione delle relazioni con lo spazio agricolo

Art. 28 Morfotipo extraurbani a prevalente funzione residenziale e mista

Morfotipo T.R.10 Campagna abitata

Descrizione e individuazione

Il morfotipo TR10 connota una modalità insediativa pervasiva nel territorio rurale di Arezzo dove la campagna è prevalentemente abitata, dove la funzione residenziale è promiscua a quella agricolo-produttiva ed anzi tende sempre più a caratterizzarsi come fenomeno di dispersione insediativa connesso al turismo o all'utilizzo nel tempo libero (seconde case).

Obiettivi e direttive

  • - Valorizzare la "campagna abitata" come valore identitario e contesto di vita, mantenendo il carattere rurale e diffuso del tessuto edilizio e architettonico, senza implementarlo
  • - Limitare la deruralizzazione degli edifici rurali storici mantenendone l'unità funzionale con il fondo agricolo di pertinenza
  • - Conservare il carattere rurale del morfotipo preservandone la connotazione impiegando, nei recuperi e nelle eventuali addizioni, i materiali e le tipologie dei repertori della tradizione rurale
  • - Dare continuità e fruibilità ai tracciati storici extraurbani

Morfotipo T.R.11 Campagna urbanizzata

Descrizione e individuazione

Sono i tessuti immersi in territorio agricolo con modalità insediative di tipo urbano, ma in assenza di spazi pubblici e servizi e con destinazione residenziale o produttivo-commerciale, direzionale, specialistica.

Sono stati riscontrati alcuni casi di questi interventi sparsi nel territorio, talvolta sorti per sostituire manufatti produttivi in zona impropria, talvolta secondo logiche fini a se stesse.

Obiettivi e direttive

  • - Contrastare e bloccare la crescita del modello della campagna urbanizzata
  • - Provvedere al recupero dell'edilizia rurale monumentale e diffusa e recuperare e valorizzare la continuità, anche visiva e percettiva, dei tracciati storici extraurbani

Morfotipo T.R.12 Piccoli agglomerati isolati extraurbani

Descrizione e individuazione

Agglomerati extraurbani di piccola dimensione, a carattere esclusivamente residenziale e di recente formazione, diffusi sul territorio e cresciuti in assenza di pianificazione, lotto per lotto. In alcuni casi costituiscono agglomerato anche piccole lottizzazioni sorte impropriamente e in modo isolato nella campagna aretina.

Obiettivi e direttive

  • - Contrastare e bloccare la crescita di questo morfotipo quando tale forma di urbanizzazione ricade nel tessuto rurale e riqualificare i tessuti a proliferazione produttiva lineare esistenti attraverso la dotazione di servizi, la de-permeabilizzazione e l'aumento delle superfici a verde alberate.
  • - Sviluppare progetti di riqualificazione dei margini urbani, integrati tra attività urbane e rurali.

Art. 29 Morfotipo della città produttiva e specialistica

Morfotipo T.P.S.1 Tessuto a proliferazione produttiva lineare

Descrizione e individuazione

Il morfotipo TR1 è connotato da funzioni produttive e commerciali localizzate in capannoni di medie e grandi dimensioni, secondo un processo anche per singoli lotti, lungo un'arteria stradale di scorrimento che funge da attrattore e svolge ruolo morfogenetico sia nella progressiva aggregazione che nelle geometrie insediative ed edilizie (orientamento degli affacci). É disposto lungo la via Pietro Calamandrei ed il raccordo autostradale, nel capoluogo, e su alcune radiali (la Casentina, la via Setteponti, la SR 71).

Obiettivi e direttive

  • - Riqualificare le strade-mercato e gli insediamenti produttivi lineari ricostruendo le relazioni urbanistiche, ambientali e paesaggistiche tra il tessuto produttivo e il territorio aperto e tra il tessuto produttivo e la città
  • - Preservare la continuità della rete ecologica e attuare interventi finalizzati alla sua ricostituzione
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree
  • - Progettare il margine con il territorio aperto prevedendo interventi di qualificazione paesistica
  • - Provvedere alla messa in sicurezza della viabilità ed alla realizzazione di collegamenti ciclopedonali in sicurezza.

Morfotipo T.P.S.2 Tessuto a piattaforme produttive - commerciali - direzionali

Descrizione e individuazione

Il tessuto è localizzato solitamente in aree strategiche rispetto alla rete infrastrutturale (svincoli, raccordi, nodi di scambio intermodale) ed è caratterizzato da maglie stradali strutturate su un reticolo geometrico, posto spesso in netta discontinuità con il contesto all'intorno (tessuto urbano o territorio rurale che esso sia). Talvolta il tessuto TPS2 ingloba porzioni di tessuto residenziale con le quali non ha alcun tipo di relazione.

Piattaforme produttive che costituiscono i tessuti TPS2 sono individuati nel capoluogo lungo la circonvallazione e la parallela via Vico; vi sono poi le placche produttive dei centri esterni come San Zeno, Ceciliano, Quarata.

Obiettivi e direttive

  • - Riqualificare le piattaforme produttive ricostruendo o preservando e valorizzando le relazioni urbanistiche, ambientali e paesaggistiche tra il tessuto produttivo, il territorio aperto e la città
  • - Prevedere interventi di inserimento paesaggistico tramite il ridisegno dei margini, schermature, filari e barriere verdi, barriere antirumore
  • - Attrezzare ecologicamente le aree produttivo-commerciali-direzionali e riqualificare lo spazio aperto interno al tessuto produttivo con interventi di de-permeabilizzazione, sistemazione a verde e alberatura o altri di riqualificazione dello spazio non costruito
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree

Morfotipo T.P.S.3 Insule specializzate

Descrizione e individuazione

Il morfotipo TPS3 si alterna nella prima corona di espansione del centro, all'interno della circonvallazione e sul margine orientale, in "insule" occupate dalle principali attrezzature urbane che sono state cos&igrave suddivise in sottotipi funzionali:

  • - TPS3.1: servizi scolastici di grande interesse, palasport, oratori e servizi connessi alla parrocchia;
  • - TPS3.2 complesso dell'Ospedale San Donato;
  • - TPS3.3 impianti sportivi scoperti, cittadella dello sport, parchi e giardini di rilievo;
  • - TPS3.4 aeroporto Molin Bianco.

Obiettivi e direttive

  • - Integrare le "insule specializzate" nei contesti urbani e rurali/naturali mediante interventi di inserimento e mitigazione paesaggistica
  • - Incrementare le superfici permeabili, in particolare nelle aree a parcheggio
  • - Superare le barriere infrastrutturali con connessioni ciclabili e pedonali e mitigarle con cortine arboree

Capo V Invariante IV - I caratteri morfotipologici dei sistemi agro ambientali

Art. 30 Morfotipo dei seminativi semplificati di pianura o fondovalle (6)

1. Il morfotipo è caratterizzato da una maglia agraria di dimensione medio-ampia o ampia esito di operazioni di ristrutturazione agricola e riaccorpamento fondiario, con forma variabile dei campi. L'assetto strutturale del morfotipo denota una vocazione alla produzione agricola grazie alla presenza di una maglia medio-ampia tale da consentire un efficace livello di meccanizzazione. È presente in ambito periurbano e nei fondovalle del settore occidentale.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni riguardanti prevalentemente il contesto peri urbano sono:

  • - contrastare i fenomeni di dispersione insediativa, urbanizzazione a macchia d'olio e nastriformi, la tendenza alla saldatura lineare dei centri abitati e all'erosione del territorio rurale avviando politiche di pianificazione orientate al riordino degli insediamenti e delle aree di pertinenza, della viabilità e degli annessi;
  • - preservare gli spazi agricoli residui presenti come varchi inedificati nelle parti di territorio a maggiore pressione insediativa valorizzandone e potenziandone la multifunzionalità nell'ottica di una riqualificazione complessiva del paesaggio periurbano e delle aree agricole intercluse;
  • - evitare la frammentazione delle superfici agricole a opera di infrastrutture o di altri interventi di urbanizzazione (grandi insediamenti a carattere produttivo-artigianale e commerciale) che ne possono compromettere la funzionalità e indurre effetti di marginalizzazione e abbandono colturale;
  • - rafforzare le relazioni di scambio e di reciprocità tra ambiente urbano e rurale valorizzando l'attività agricola come servizio/funzione fondamentale per la città e potenziando il legame tra mercato urbano e produzione agricola della cintura periurbana;
  • - operare per la limitazione o il rallentamento dei fenomeni di destrutturazione aziendale, incentivando la riorganizzazione delle imprese verso produzioni ad alto valore aggiunto e/o produzioni legate a specifiche caratteristiche o domande del territorio favorendo circuiti commerciali brevi.

Art. 31 Morfotipo dei seminativi delle aree di bonifica (8)

1. Il morfotipo è tipico di ambiti territoriali pianeggianti ed è solitamente associato a suoli composti da depositi alluvionali. Il paesaggio è organizzato dalla maglia agraria e insediativa impressa dalle grandi opere di bonifica idraulica avviate in varie parti della regione nella seconda metà del Settecento e portate a termine intorno agli anni Cinquanta del Novecento. Ad Arezzo tale morfotipo è riscontrabile nella parte meridionale del territorio comunale nell'ambito della Val di Chiana.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni prevedono un efficace regimazione delle acque e, compatibilmente al mantenimento e allo sviluppo di un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio, la conservazione della struttura della maglia agraria della bonifica storica.

Art. 32 Morfotipo dell'olivicoltura (12)

1. Il morfotipo è caratterizzato dalla netta prevalenza di oliveti nel tessuto dei coltivi, raramente intervallati da piccoli vigneti o da appezzamenti a coltivazione promiscua. Nel Territorio comunale di Arezzo è diffuso un paesaggio dell'olivicoltura terrazzata, sui suoli con pendenze superiori al 20 %.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni riguardanti il morfotipo dell'olivocoltura sono:

  • - preservare, ove possibile, i caratteri di complessità e articolazione tipici della maglia agraria dell'olivicoltura d'impronta tradizionale, favorendo lo sviluppo e il mantenimento di un'agricoltura innovativa che coniughi vitalità economica con ambiente e paesaggio.
  • - preservare la leggibilità della relazione morfologica, dimensionale, percettiva e - quando possibile - funzionale tra insediamento storico e tessuto dei coltivi.

Art. 33 Morfotipo del seminativo e oliveto prevalenti di collina (16)

1. Il morfotipo è tipico delle aree collinari ed è caratterizzato dall'alternanza di oliveti e seminativi, sia semplici che punteggiati di alberi sparsi. Talvolta vigneti di dimensione variabile si inframmettono tra le colture prevalenti.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni del morfotipo riguardanti il territorio del comune di Arezzo possono essere cosi identificate:

  • - la tutela dell'integrità morfologica dei nuclei storici evitando espansioni che ne alterino la struttura d'im-pianto;
  • - nelle nuove riorganizzazioni del tessuto dei coltivi, il mantenimento di una trama colturale media, la conservazione degli elementi dell'infrastruttura rurale storica (con particolare riferimento alle sistemazioni idraulico-agrarie e alla viabilità poderale e interpoderale) o la realizzazione di nuovi percorsi o manufatti che preservino la continuità e l'integrità della rete;
  • - la permanenza della diversificazione colturale data dall'alternanza tra oliveti e seminativi;
  • - la conservazione di siepi, filari, lingue e macchie di vegetazione non colturale che corredano i confini dei campi e compongono la rete di infrastrutturazione morfologica ed ecologica del paesaggio agrario. Nei casi in cui interventi di riorganizzazione fondiaria e agricola abbiano impoverito tale rete, introdurre nuovi elementi vegetazionali nei punti della maglia agraria che ne risultano maggiormente sprovvisti;
  • - la manutenzione della viabilità secondaria poderale e interpoderale e della sua vegetazione di corredo per finalità sia di tipo funzionale che paesaggistico;

Art. 34 Morfotipo del mosaico collinare a oliveto e vigneto prevalenti (18)

1. Il morfotipo è presente per lo più in ambiti collinari ed è caratterizzato dall'alternanza tra vigneti e oliveti come colture prevalenti, variamente inframmezzate da superfici boscate.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni del morfotipo riguardanti il territorio del comune di Arezzo possono essere cosi identificate:

  • - la tutela dell'integrità morfologica dei nuclei storici evitando espansioni che ne alterino la struttura d'impianto;
  • - la limitazione e il contrasto di fenomeni di dispersione insediativa nel paesaggio agrario. In particolare è necessario preservare la leggibilità della struttura insediativa storica d'impronta mezzadrile fondata sul sistema della fattoria appoderata, che lega strettamente edilizia rurale e coltivi;
  • - la conservazione degli oliveti o di altri coltivi che contornano e sottolineano viabilità di crinale e insediamenti storici, in modo da definire almeno una corona o una fascia di transizione rispetto alla copertura boschiva.

Art. 35 Morfotipo del mosaico colturale e boscato (19)

1. Il morfotipo è caratterizzato da una maglia paesaggistica fitta e frammentata nella quale il bosco, in forma di lingue, macchie e isole, si insinua capillarmente e diffusamente nel tessuto dei coltivi. Le colture presenti possono essere mosaici agrari complessi arborei ed erbacei dati dall'intersezione di oliveti, vigneti e seminativi

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni riguardanti il morfotipo sono le seguenti:

  • - la tutela dell'integrità morfologica dei nuclei storici evitando espansioni che ne alterino la struttura d'impianto;
  • - la tutela dell'infrastruttura rurale storica (viabilità poderale e interpoderale, sistemazioni idraulico-agrarie) in termini di integrità e continuità. Nelle ristrutturazioni agricole, si raccomanda di realizzare nuovi percorsi e manufatti che preservino la continuità e l'integrità della rete di infrastrutturazione rurale;
  • - il mantenimento della funzionalità e dell'efficienza del sistema di regimazione idraulico-agraria e della stabilità dei versanti, da conseguire sia mediante la conservazione e manutenzione delle opere esistenti, sia mediante la realizzazione di nuovi manufatti di pari efficienza, coerenti con il contesto paesaggistico quanto a dimensioni, materiali, finiture impiegate;

Art. 36 Morfotipo del mosaico colturale complesso a maglia fitta di pianura e delle prime pendici collinari (20)

1. Il morfotipo è caratterizzato dall'associazione di colture legnose (prevalentemente oliveti e vigneti) ed erbacee (seminativi) in appezzamenti di piccola o media dimensione che configurano situazioni di mosaico agricolo.

2. I tessuti interessati da questo morfotipo sono tra le tipologie di paesaggio agrario che caratterizzano gli ambiti periurbani, trovandosi spesso associati a insediamenti a carattere sparso e diffuso ramificati nel territorio rurale e ad aree di frangia. Il grado di diversificazione e infrastrutturazione ecologica è generalmente elevato.

3. Obiettivi e indicazioni per le azioni riguardano principalmente la conservazione degli spazi agricoli che, in quanto periurbani, sono particolarmente minacciati da dinamiche di espansione urbana e dispersione insediativa.

Art. 37 Morfotipo del mosaico colturale e particellare complesso di assetto tradizionale di collina e di montagna (21)

1. Il morfotipo è costituito da isole di coltivi disposte attorno ai nuclei abitati e immerse nel bosco in contesti montani o alto-collinari. L'aspetto caratterizzante il morfotipo è la stretta connessione tra nucleo storico insediato e intorno coltivato che appaiono reciprocamente dimensionati e interrompono la continuità del manto boschivo.

2. Obiettivi e indicazioni per le azioni:

  • - la tutela degli insediamenti storici evitando addizioni che ne alterino l'impianto tipicamente accentrato e compatto. Le nuove edificazioni dovrebbero essere limitate ai soli manufatti di servizio all'attività agricola che andranno opportunamente progettati dal punto di vista dei caratteri morfotipologici e della relazione con il contesto;
  • - una corretta attuazione della gestione forestale sostenibile che tuteli le porzioni di territorio strutturalmente coperte dal bosco per fattori di acclività, esposizione, composizione dei suoli e il contenimento dell'espansione della boscaglia sui terreni scarsamente mantenuti.
  • - la conservazione dei coltivi d'impronta tradizionale che contornano i nuclei storici in modo da definire almeno una corona o una fascia di transizione rispetto alla copertura boschiva;

Art. 38 Morfotipo delle aree agricole intercluse (23)

1. Il morfotipo delle aree agricole intercluse descrive dei paesaggi nei quali il carattere distintivo è l'intreccio tra spazi costruiti e spazi aperti, (agricoli, naturali, a verde urbano, etc).

2. Si tratta di aree non edificate e non impermeabilizzate interamente delimitate dal tessuto urbanizzato, quasi sempre da edifici (sia residenziali che a carattere produttivo), ma anche da grandi infrastrutture. Le colture prevalenti sono seminativi e prati stabili a maglia semplificata derivanti da processi di modificazione che hanno comportato cancellazione della rete scolante e alterazione della struttura territoriale storica.

3. Obiettivo prioritario per questo morfotipo è la tutela degli spazi aperti sia agricoli che naturali per la loro multifunzionalità all'interno di contesti densamente urbanizzati.

4. Ulteriori obiettivi e indicazioni per le azioni:

  • - la limitazione e il contrasto di fenomeni di dispersione insediativa, saldatura lineare dei centri abitati ed erosione del territorio aperto da parte dell'urbanizzazione;
  • - il consolidamento dei margini dell'edificato soprattutto in corrispondenza delle espansioni recenti anche mediante la realizzazione di orti urbani o di aree a verde pubblico che contribuiscano alla ricomposizione morfologica dei tessuti;
  • - la creazione e il rafforzamento di relazioni di scambio e di reciprocità tra ambiente urbano e rurale e in particolare tra produzione agricola della cintura periurbana e mercato urbano.

Titolo III IL TERRITORIO URBANIZZATO

Art. 39 Perimetro del territorio urbanizzato

1. Il Piano Strutturale, ai sensi dell'articolo 92, comma 3, lett. b) della LR 65/2014, individua il perimetro del territorio urbanizzato secondo quanto predisposto dall'art. 4 della medesima legge:

  • a) Il territorio urbanizzato è costituito dai centri storici, le aree edificate con continuità dei lotti a destinazione residenziale, industriale e artigianale, commerciale, direzionale, di servizio, turistico-ricettiva, le attrezzature e i servizi, i parchi urbani, gli impianti tecnologici, i lotti e gli spazi inedificati interclusi dotati di opere di urbanizzazione primaria.
  • b) l'individuazione del perimetro del territorio urbanizzato tiene conto delle strategie di riqualificazione e rigenerazione urbana, ivi inclusi gli obiettivi di soddisfacimento del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, laddove ciò contribuisca a qualificare il disegno dei margini urbani.

2. Il Perimetro include aree interessate da interventi di trasformazione in corso di attuazione o previsti sulla base di piani ed altri strumenti attuativi convenzionati e tuttora in vigore. Il perimetro può essere meglio dettagliato nei successivi atti di governo del territorio a seguito degli aggiornamenti cartografici conseguenti alla realizzazione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia o quando lo scarto tra elemento fisico reale e linea di perimetro del PS è trascurabile ed attribuibile alle diverse scale di rappresentazione grafica.

3. La perimetrazione non conferisce, in quanto tale, l'identificazione di aree potenzialmente edificabili e/o trasformabili. Fatte salve l'indicazione dell'articolo 25 comma 2 della LR 65/2014, il perimetro del territorio urbanizzato definisce il limite entro cui possono essere eventualmente localizzate, in sede di pianificazione operativa, le principali previsioni di nuova edificazione e/o di trasformazione urbanistica, ivi inclusi anche quelle a destinazione residenziale.

Titolo IV IL TERRITORIO RURALE

Art. 40 Il territorio rurale

1. Il territorio rurale comprende tutto ciò che risulta esterno al territorio urbanizzato, identificato negli elaborati di piano secondo quanto disposto dall'art. 4 della Legge Regionale 65/2014.

2. Il territorio rurale risulta così articolato:

  • - aree agricole e forestali;
  • - aree ad elevato grado di naturalità;
  • - nuclei rurali ed insediamenti rurali anche sparsi, comprendenti i "Centri antichi ed aggregati" identificati e disciplinati dal PTCP di Arezzo;
  • - ulteriori aree che, pur ospitando funzioni non agricole, non costituiscono territorio urbanizzato, disciplinate nella parte terza delle presenti Norme dedicata ai servizi.

3. Gli ambiti con esclusiva o prevalente funzione agricola e forestale costituiscono le zone E di cui al D.M. 1444/68 e su di esse si applicano le disposizioni del Titolo IV, Capo III, della L.R. 65/2014 e del Regolamento emanato con DPGR n. 63/R del 25 agosto 2016. I nuclei rurali costituiscono zone A di cui al D.M. 1444/68.

Art. 41 Obiettivi e qualità del territorio rurale (art. 68 LR65/2014)

1. Il Piano promuove la qualità del territorio rurale e l'attività agricola come attività economico- produttiva, la valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio rurale e persegue il contenimento del consumo di suolo agricolo anche limitandone la frammentazione ad opera di interventi non agricoli.

2. Il Piano persegue i seguenti obiettivi specifici:

  1. a. assicurare la funzionalità idrogeologica del territorio;
  2. b. consolidare il ruolo funzionale delle pratiche agricole in relazione alla riproduzione del patrimonio territoriale anche attraverso il rafforzamento della multifunzionalità dell'attività agricola;
  3. c. mantenere i paesaggi rurali e promuoverne la riproduzione;
  4. d. recuperare i paesaggi agropastorali storici interessati da processi di forestazione, naturale o artificiale;
  5. e. assicurare che le attività agrosilvopastorali e le trasformazioni edilizie concorrano alla qualificazione rurale d'insieme del territorio.

Art. 42 Nuclei rurali

1. Identificano i nuclei e gli insediamenti rurali anche sparsi posti in stretta relazione morfologica, insediativa e funzionale con il contesto rurale e paesaggistico di appartenenza. I nuclei rurali, caratterizzati da una valenza testimoniale di interesse storico tradizionale, comprendono i "Centri antichi ed aggregati" identificati e disciplinati dal PTCP di Arezzo.

2. Per i nuclei rurali il Piano dispone di:

  • - salvaguardare il patrimonio insediativo tradizionale di interesse paesaggistico e garantire il mantenimento e il recupero dei caratteri di ruralità del nucleo;
  • - assicurare il rispetto della morfologia insediativa originaria e dei tipi edilizi originari di interesse storico testimoniale in relazione ad eventuali interventi di trasformazione e di ampliamento o alla realizzazione dei servizi e delle infrastrutture necessarie alle popolazioni residenti.

Art. 43 Articolazione e disciplina del territorio rurale

1. Il Piano Strutturale sviluppa alla scala comunale le analisi del PIT/PPR e del PTC della Provincia di Arezzo, identificando i criteri per l'individuazione degli ambiti territoriali rispetto ai quali, ai sensi dell'art. 64 comma 4 della LR 65/2014, è possibile articolare l'applicazione della disciplina del territorio rurale.

2. Costituiscono riferimenti per l'individuazione degli ambiti territoriali di applicazione della disciplina del territorio rurale:

  • - il quadro conoscitivo del Piano e la sua articolazione in approfondimenti disciplinari tematici (struttura idrogeomorfologica; struttura ecosistemica, struttura insediativa; struttura agroforestale);
  • - i sistemi morfogenetici (Invariante I: Caratteri idro-geo-morfologici dei bacini idrografici e dei sistemi morfogenetici);
  • - i morfotipi ecosistemici (Invariante II: Caratteri ecosistemici dei paesaggi);
  • - i morfotipi del sistema agroforestale (Invariante IV: Caratteri morfotipologici dei sistemi agroambientali dei paesaggi rurali (scala 1:15.000 - 4 tavole)
  • - le zone agronomiche, i tipi e le varianti di paesaggio del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Arezzo.

3. Il Piano Operativo, sulla base dei riferimenti sopraindicati, provvede ad individuare gli ambiti del territorio rurale ed eventuali sub-ambiti aventi specifiche ed omogenee caratteristiche, tali da richiedere una peculiare normativa sulla base della disciplina statutaria e delle scelte strategiche del Piano Strutturale. In particolare dovrà provvedere a individuare e/o disciplinare:

  • - le aree agricole e forestali e la loro articolazione in funzione dei caratteri geomorfologici, pedologici e agronomici;
  • - le aree ad elevato grado di naturalità, gli specifici caratteri delle aree forestali e boscate, le emergenze vegetazionali,
  • - i contesti fluviali e le aree ripariali;
  • - i nuclei rurali di cui all'art. 65 della LR 65/2014,
  • - gli ambiti periurbani aventi le caratteristiche indicate all'art. 67 della LR 65/2014;
  • - gli ambiti di pertinenza dei centri e dei nuclei storici, di cui all'art. 66 della LR 65/2014;
  • - gli intorni pertinenziali delle emergenze storico-architettoniche situate nel territorio rurale;
  • - le aree che, pur ospitando funzioni non agricole, non costituiscono territorio urbanizzato;
  • - gli ambiti di trasformazione assoggettati a conferenza di copianificazione ai sensi dell'art. 25 della LR 65/2014.

4. Il Piano Operativo disciplina gli interventi ammissibili nel territorio rurale in conformità alle disposizioni dello Statuto del Territorio e sulla base degli indirizzi contenuti nella parte strategica del Piano Strutturale, con particolare riferimento agli obiettivi ed agli indirizzi per il territorio rurale delle singole UTOE.

Titolo V RICOGNIZIONE DELLE PRESCRIZIONI SOVRAORDINATE

Art. 44 La ricognizione delle prescrizioni del PIT/PPR

1. Il Piano Strutturale, in coerenza con le indicazioni dell'art.4 comma 3 della Disciplina del PIT-PPR, fa riferimento agli indirizzi per le politiche, applica le direttive e le prescrizioni d'uso contenute nella disciplina statutaria del PIT-PPR.

2. Nel documento D 3 "Relazione di conformità e coerenza" viene dato conto della conformità del Piano Strutturale ai contenuti del PIT-PPR. Si elencano, di seguito, le prescrizioni d'uso contenute nella disciplina statutaria del PIT-PPR, che interessano il territorio comunale di Arezzo:

Disciplina dei beni paesaggistici:

  • - prescrizioni d'uso relative agli immobili ed aree di notevole interesse pubblico (art.134 comma 1 lettera a) ed art.136 del Codice),
  • - prescrizioni d'uso relative alle aree tutelate per legge (art. 134, comma 1, lettera b) e art. 142, comma 1, del Codice):
    1. - Lettera b - Territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri, a partire dalla linea di battigia
    2. - Lettera c - Fiumi, torrenti e corsi d'acqua e relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna
    3. - Lettera f - Parchi e riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi
    4. - Lettera g - Territori coperti da foreste e da boschi
    5. - Lettera m - Zone di interesse archeologico
  • - prescrizioni d'uso relative ai beni architettonici tutelati ai sensi della parte II del D.Lgs. 42/2004

Norme comuni sulle energie rinnovabili

  • - prescrizioni relative al corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio di impianti per energie rinnovabili di cui ai seguenti allegati del PIT-PPR:
    • - Allegato 1A - Norme comuni energie rinnovabili impianti di produzione di energia elettrica da biomassse
    • - Allegato 1B - Norme comuni energie rinnovabili impianti eolici

3. Il PS dà atto che, allo stato attuale, è in corso la verifica delle aree gravate da usi civici nel territorio di Arezzo.

4. Sono prescrizioni della Disciplina del Piano PIT-PPR, oltre alla disciplina statutaria, le prescrizioni relative a "la strategia dello sviluppo territoriale" per la pianificazione degli aeroporti toscani di cui all'art. 24 comma 4.d, che interessano il territorio del comune di Arezzo, e le prescrizioni relative a "la presenza industriale in Toscana" di cui all'art. 28 comma 8.

5. Nel Territorio comunale di Arezzo, il PIT-PPR non contiene previsioni e prescrizioni di ambiti per la localizzazione di interventi di competenza regionale ai sensi dell'art. 88 comma 7.c della LR 65/2014.

6. Il PIT-PPR contiene Progetti di Paesaggio di cui art. 34 della Disciplina del Piano; nel Territorio comunale di Arezzo è presente Il Progetto di Paesaggio "Le Leopoldine della Val di Chiana" che dà attuazione alla Parte Strategica del PIT-PPR, il Progetto di paesaggio è in fase di avvio del procedimento (DCR n. 37 del 27/03/2015).

Art. 45 La ricognizione delle prescrizioni del PTCP

1. Il vigente Piano di coordinamento territoriale della Provincia di Arezzo (PTC) è stato approvato con D.G.P. n. 72 del 16 maggio 2000, ed è stato redatto ai sensi della L.R. 5/1995.

2. Il Piano Strutturale è coerente con le disposizioni del vigente PTC per le parti compatibili con il PIT-PPR e la vigente normativa. Nel documento D 3 "Relazione di conformità e coerenza" viene illustrata la coerenza del Piano Strutturale con i contenuti del PTC.

3. Nel Territorio comunale di Arezzo, il PTC non contiene previsioni e prescrizioni di ambiti per la localizzazione di interventi di competenza provinciale ai sensi dell'art. 90 comma 7.b della L.R. 65/2014.

Art. 46 Disciplina dei beni paesaggistici

1. Il PS individua nella Carta "C 5.1 Carta dei vincoli paesaggistici" i beni paesaggistici di cui alla Parte terza del Codice e li disciplina sulla base dei contenuti dell'elaborato 8b del PIT/PPR: "Disciplina dei beni paesaggistici ai sensi degli artt.134 e 157 del Codice".

2. Il PS applicano le direttive e recepiscono le prescrizioni d'uso contenute nella scheda di vincolo (Elaborato 3B - Schede relative agli immobili ed aree di notevole interesse pubblico del PIT/PPR); nel territorio comunale le aree oggetto di specifico Decreto di Dichiarazione di Notevole Interesse pubblico, ai sensi dell'articolo 136 del Codice, sono:

  • - Zona della collina di Pionta
  • - Fasce laterali della superstrada dei Due Mari
  • - Colle di Santa Maria delle Grazie
  • - Colle di San Fabiano
  • - Colle di Castel Secco e San Cornello
  • - Zona dello 'Scopetone'
  • - Zona della Fortezza Medicea
  • - Zone godibili dall'autostrada del Sole
  • - Terreni boschivi in località Stoppedarca
  • - Zona denominata Alpe di Poti
  • - Zona del bacino artificiale della Penna
  • - Giardino di proprietà privata

3. Il PS recepiscono le prescrizioni d'uso relative alle aree tutelate per legge (art. 134, comma 1, lettera b) e art. 142, comma 1, del Codice):

  • - Lettera b - Territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 m dalla linea di battigia, anche con riferimento ai territori elevati sui laghi. (art.142. c.1, lett. b, Codice);
  • - Lettera c - I fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna. (art.142. c.1, lett. c, Codice);
  • - Lettera f - Parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi (art.142. c.1, lett. f, Codice);
  • - Lettera g - Territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227. (art.142. c.1, lett. g, Codice);
  • - Lettera h - Zone gravate da usi civici (art.142. c.1, lett. h, Codice);
  • - Lettera m - zone di interesse archeologico (art.142. c.1, lett. m, Codice).

5. In merito alle "zone gravate da usi civici" (art. 142, comma 1 lettera h) del Codice), si fa presente che è in corso di svolgimento una ricognizione finalizzata a verificare e definire la perimetrazione degli usi civici; al termine della verifica e ricognizione (in coerenza con le indicazioni al punto 9.3 dell'Elaborato 7B del PIT/PPR) la perimetrazione sarà acquisita nel PS con valenza di vincolo.

Art. 47 Vincolo Idrogeologico

1. Il PS individuano e disciplinano il sistema idrografico del territorio comunale sulla base delle disposizioni dell'art.16 della Disciplina del Piano del PIT-PPR. Gli ambiti di vocazione ai fini della riperimetrazione del Vincolo Idrogeologico sono riportati nella Carta C 5.3- Carta dei vincoli ambientali.

2. Il PS persegue, fatte salve le disposizioni di cui alla pianificazione di bacino, alle norme in materia di difesa dal rischio idraulico e tutela dei corsi d'acqua, gli obiettivi riportati al comma 2 dell'art. 16 della Disciplina del PIT/PPR:

  1. a) conservare e migliorare i caratteri di naturalità degli alvei, delle sponde, del contesto fluviale, come definito al comma 3, lettera a) e delle aree di pertinenza fluviale come riconosciute dai Piani di assetto idrogeologico;
  2. b) salvaguardare i livelli di qualità e il buon regime delle acque, con particolare riferimento al mantenimento del Deflusso Minimo Vitale (DMV), al trasporto solido, alle aree di divagazione dell'alveo e quelle necessarie alla sua manutenzione e accessibilità;
  3. c) tutelare la permanenza e la riconoscibilità dei caratteri morfologici, storico-insediativi, percettivi e identitari dei contesti fluviali;
  4. d) conservare e valorizzare i servizi ecosistemici offerti dagli ambienti fluviali, anche migliorando la qualità delle formazioni vegetali ripariali e dei loro livelli di maturità, complessità.

Titolo VI SICUREZZA IDROGEOLOGICA E PREVENZIONE DEI RISCHI TERRITORIALI

Art. 48 Pericolosità idraulica

1. Per l'individuazione delle aree a pericolosità idraulica è stato predisposto uno studio idraulico di dettaglio al fine di individuare le aree soggette ad allagamenti per tempi di ritorno Tr di 30 anni, 200 anni e 500 anni, secondo quanto richiesto dalla normativa vigente.

2. La definizione delle classi di pericolosità in funzione della frequenza degli eventi alluvionali modellati è come di seguito riportata:

  • - Pericolosità idraulica molto elevata (I.4) - aree interessate da allagamenti per eventi con Tr ≤ 30 anni;
  • - Pericolosità idraulica elevata (I.3) - aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 30 < Tr ≤ 200 anni;
  • - Pericolosità idraulica media (I.2) - è stato cautelativamente considerato il limite morfologico della pianura alluvionale; aree interessate da allagamenti per eventi compresi tra 200 < Tr ≤ 500anni;
  • - Pericolosità idraulica bassa (I.1) - esterna alla I.2 e attribuita alla restante parte di territorio non compreso tra le casistiche precedenti.

Art. 49 Pericolosità geologica

1. L'individuazione delle aree a pericolosità geologica è definita secondo quanto consentito dal Regolamento regionale 53/R del 25/10/2011, come di seguito riportato:

  • - Pericolosità geologica molto elevata (G.4) - aree in cui sono presenti fenomeni attivi e relative aree di influenza, aree interessate da soliflussi;
  • all'interno di questa classe di pericolosità ricadono i seguenti dissesti attivi: le aree interessate da soliflusso generalizzato, le frane di limitata estensione, i corpi di frana con movimento indeterminato, le aree interessate da franosità diffusa, le aree interessate da deformazioni superficiali, gli orli di scarpata attivi, gli alvei con tendenza all'approfondimento e le erosioni laterali di sponda;
  • - Pericolosità geologica elevata (G.3) - aree in cui sono presenti forme geomorfologiche areali in stato di quiescenza, cioè tutte quelle forme geomorfologiche che sono in uno stato di quiete temporanea con possibilità di riattivazione nell'attuale sistema morfoclimatico;
  • sono inserite in questa classe di pericolosità le seguenti forme geomorfologiche: i corpi di frana quiescenti e le rispettive corone e i soliflussi localizzati; inoltre rientrano in questa classe le aree con potenziale instabilità connessi alla giacitura, all'acclività, alla litologia, alla presenza di acque superficiali e sotterranee nonché a processi di carattere antropico, le aree caratterizzate da terreni con scadenti caratteristiche geotecniche; rientrano sempre in questa classe le aree di cava, le superfici di riporto, gli argini le aree intensamente modellate e i versanti con modifiche per interventi antropici; all'interno della pericolosità G.3 sono inseriti anche i corpi detritici con pendenze superiori al 25% e le aree legate a forme, processi, depositi antropici e manufatti quali: argini fluviali, opere di difesa spondale, aree interessate da attività estrattiva, rilevati stradali, ferroviari, arginali e le dighe in terra;
  • - Pericolosità geologica media (G.2) - aree in cui sono presenti fenomeni franosi inattivi stabilizzati (naturalmente o artificialmente), aree con elementi geomorfologici, litologici e giaciturali dalla cui valutazione risulta una bassa propensione al dissesto; rientrano in questa classe di pericolosità i corpi di frana con movimento indeterminati, le corone di frana, e gli orli di scarpata di frana;
  • - Pericolosità geologica bassa (G.1) - aree in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche litologiche, giaciturali non costituiscono fattori predisponenti al verificarsi di processi morfoevolutivi.

Art. 50 Pericolosità sismica

1. Le aree a pericolosità sismica sono individuate secondo le disposizioni dettate dall'art. 62 della Legge Regionale 3 gennaio 2005, n. 1 e Regolamento regionale 53/R del 25/10/2011, come di seguito riportato:

  • - Pericolosità sismica locale molto elevata (S.4) - zone suscettibili di instabilità di versante attiva che pertanto potrebbero subire una accentuazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici;
  • - Pericolosità sismica locale elevata (S.3) - zone suscettibili di instabilità di versante quiescente che pertanto potrebbero subire una riattivazione dovuta ad effetti dinamici quali possono verificarsi in occasione di eventi sismici (corpi di frana quiescenti); zone stabili suscettibili di amplificazioni locali caratterizzate da un alto contrasto di impedenza sismica atteso tra copertura e substrato rigido entro alcune decine di metri;
  • - Pericolosità sismica locale media (S.2) - zone stabili suscettibili di amplificazioni locali non rientranti tra i criteri previsti per la Classe di Pericolosità sismica locale elevata (S.3);
  • - Pericolosità sismica locale bassa (S.1).